Giovedì 16 novembre sindacati, lavoratrici e lavoratori Comdata della commessa Aria-Regione Lombardia erano in presidio davanti al municipio di Ivrea in concomitanza dell’incontro con il sindaco di Ivrea Matteo Chiantore e dell’assessora al lavoro Gabriella Colosso.
La vicenda è nota, si tratta dell’ennesima perdita di lavoro nel call center Comdata di Ivrea a causa della mancata applicazione della clausola sociale. La clausola non è una opzione ma un obbligo (oltre che essere prevista dal contratto nazionale di lavoro delle Telecomunicazioni) previsto dalla legge 11/2016 che stabilisce che in caso di successione di imprese nel contratto di appalto con il medesimo committente, il rapporto di lavoro continua con l’appaltatore subentrante. Accade invece che a distanza di pochi mesi ben due enti pubblici, l’Inps prima e in ultimo Aria-Regione Lombardia, hanno disatteso la legge calpestando il diritto dei lavoratori.
Sono al momento circa 100 le lavoratrici e i lavoratori colpiti dalla mancata applicazione della clausolo sociale: circa 60 della commessa Inps sono in cassa integrazione e 25 di Aria che dal 20 novembre, poi prorogato al 30 dello stesso mese per richiesta della Regione Lombardia, saranno senza lavoro.
«La Giunta Cirio deve farsene carico – dichiara il consigliere regionale Alberto Avetta invitato all’incontro insieme alla consigliera metropolitana Sonia Cambursano – anche chiarendo la posizione della Regione Lombardia rispetto alle commesse di Comdata» e annuncia che depositerà un’interrogazione alla prossima seduta di Consiglio regionale.
Da parte loro, il sindaco Chiantore e l’assessora al lavoro Colosso hanno affermato che occorre discutere di tutto il settore delle telecomunicazioni perché non è la prima volta che ci si trova ad affrontare una crisi di questo tipo ed è quindi necessario mantenere i riflettori accesi sull’intero settore. L’attenzione delle istituzioni locali è assolutamente necessaria, poiché la sede di Ivrea di Comdata sta subendo continui ridimensionamenti. «Qui continua ad uscire il lavoro dalla sede di Ivrea di comdata senza che ne entri dell’altro», denunciano i sindacati. E Gianni Ambrosio della Cgil Ivrea rafforza l’affermazione: «Non è vero che Comdata non ha lavoro: ci sono altre sedi che sono piene. La verità è che l’azienda ha deciso di portare il lavoro altrove, penalizzando la sede di Ivrea. Per questo chiediamo alle istituzioni di farsi sentire perché qui c’è una decisa penalizzazione del nostro territorio a beneficio di altri. Non è possibile assistere passivamente a quello che sta succedendo. Siamo vicini ai lavoratori e chiediamo che tutti facciano la loro parte perché ognuno ha un pezzetto di responsabilità trattandosi di una situazione che riguarda tutto il settore. In Canavese ci sono 3500 famiglie che vivono grazie alle telecomunicazioni e stiamo assistendo ad un continuo impoverimento del territorio. Non lo possiamo accettare»
«E’ stata un’ulteriore occasione per rimarcare alle istituzioni come questi due specifici casi [Inps e Aria, ndr] coinvolgano un committente di natura pubblica, situazione ancora più grave e intollerabile. – scrivono le Rsu di Comdata – Le istituzioni si sono rese disponibili a promuovere un’interpellanza regionale e un tentativo di dialogo con Comdata. L’attenzione rimane alta e continueremo il confronto serrato con l’azienda in attesa del prossimo incontro.»
Erano presenti al presidio rappresentanti di Unione Popolare per portare la loro solidarietà alle lavoratrici e ai lavoratori di Comdata. «E’ inaccettabile che soggeti pubblici non applichino leggi dello Stato come la clausola sociale. – denuncia Cadigia Perini, già candidata sindaca per UP – Occorre, lo diciamo da tempo, una regolamentazione del settore dei call center fortemente condizionato dallo strapotere dei committenti sempre alla ricerca del minimo ribasso, si deve togliere precarietà al settore. E a Ivrea la mobilitazione deve coinvolgere tutta Comdata perché la vicenda riguarda tutti gli operatori del call center eporediese, nessuno escluso. Lavoratori che magari oggi non sono colpiti, ma che certo potrebbero avere uguale sorte nel futuro.»