Auto ferme ci guardavano in silenzioVecchi muri proponevan nuovi eroi Dieci anni da narrare l’uno all’altra ma Le frasi rimanevan dentro in noi Cosa fai ora? Ti ricordi Eran belli i nostri tempi…
(F. Guccini, Incontro)
La mattina del 24 ottobre se n’è andato Gaetano.
Gaetano Capizzi aveva dato gambe e ali alla sua passione per il cinema, per la bellezza, per la giustizia, per il pianeta e aveva creato il Festival CinemAmbiente.
Individuando, con grande lungimiranza, che l’ambiente era un tema importante e una urgenza, che era necessario anche su questo informarsi e informare. E lo faceva attraverso l’arte e, in particolare, quella che aveva da sempre nel cuore, la settima, il cinema.
Gaetano aveva fondato CinemAmbiente a Torino nel 1998, in collaborazione con il Museo Nazionale del CInema con l’intento di presentare film e documentari ambientali a livello internazionale e di sviluppare durante tutto l’anno attività che promuovessero cinema e cultura ambientali.
Con una appendice vicina a noi, in Valchiusella, con un appuntamento estivo che coinvolgeva tutti i Comuni e alcune delle associazioni della Valle.
Sono stata al Museo del Cinema un giorno prima della morte di Gaetano, felice come una bambina di perdermi, come ogni volta, in quel meraviglioso luna park e come ogni volta ho pensato a lui, ignara che sarebbe stata l’ultima volta in cui avrei sperato di incontrarlo.
Gaetano apparteneva a una generazione, la mia, che aveva fatto della coscienza di classe un modo di stare al mondo, di agire, di comportarsi, fuori e dentro i luoghi, le dinamiche, le situazioni.
Lo avevo conosciuto alle superiori, al glorioso ITIS torinese Peano, che occupammo in quinta e dove Franca Rame portò un suo spettacolo. Cinque anni di crescita, di trasformazione e, soprattutto, di condivisione.
Cinque anni di lotte, di manifestazioni, di assemblee, di interminabili confronti. Di cene, di vino, di fumo. Di attacchinaggi, di amori, di contraddizioni, di domeniche pomeriggio a suonare maldestramente chitarre scordate.
Poi passano gli anni (Gaetano aveva la mia età), ci si allontana, ci si sposta, ma non ci si perde davvero mai.
E un maledetto mattino nebbioso ci si ritrova in mezzo a una folla a Torino, la mia città, al cimitero monumentale, centinaia di facce, un solo cuore e si inizia a cercare, a cercarsi.
I capelli sono grigi o bianchi (quando ci sono), le rughe fanno bello il viso, ma è lo sguardo il filo rosso a cui ci attacchiamo e che riavvolgiamo fino a ritrovarci, finalmente.
Come ci si abbraccia in queste occasioni non lo puoi spiegare, solo respirarlo a pieni polmoni.
Gaetano era un ragazzo (dovrei scrivere un uomo, ma non mi viene) generoso e l’ultimo regalo è stato farci ritrovare, bellissimi, come all’inizio di uno dei nostri film, Il grande freddo (the big chill), fare la conta, e rassicurarci.
Siamo la generazione abituata a raccogliere bandiere, quando chi le porta cade, e andare avanti.
Buon viaggio, compagno
Simonetta Valenti