Come ogni anno, il 29 gennaio, alle ore 20, le sezioni ANPI di Ivrea e Basso Canavese e Valle Elvo Serra “Pietro Secchia” invitano a Lace di Donato antifasciste e antifascisti nel ricordo della cattura del Comando della 76a Brigata e della VII Divisione Garibaldi.
Compagni, non ci è stata amica la fortuna la notte del 29 gennaio 1945.
Sopraffatti in forza e con l’inganno dai nazisti e dai fascisti
noi del Comando della VII Garibaldi qui combattendo siamo morti.
Ma vi diciamo compagni
che più forte del rimpianto per la vita che ci abbandonava
fu la coscienza di morire per la vostra libertà
Attorno all’area monumentale ci si stringerà intorno a quegli eterni ragazzi che si chiamavano (ci piace usare il loro nome di battaglia) Abbondanza, Dante, Riccio, Pirata, Franchenstein, Martin, Battisti, Mak, Bandiera I, Testarin, Ugo e Basso, caduti per mano nazi-fascista.
Un masso di granito porta incisi i loro nomi.
La notte del 29 gennaio del 1945 furono sorpresi per delazione da truppe nazifasciste. Vicino al masso ci sono ancora i resti dell’incendio che venne appiccato. “Abbondanza” (Piero Crotta) fu ucciso sul posto mentre gli altri furono fucilati a Ivrea dai tedeschi, con l’eccezione di Martin (Walter Fillak), impiccato a Cuorgnè e Battisti (Luigi Gallo) impiccato a Ivrea dalla Brigata nera.
Il programma della serata prevede:
– Ritrovo alle ore 20
– Brevi riflessioni e Appello dei Caduti
– Fiaccolata
– Canti e letture
– Distribuzione di vin brulè
Quei nostri modelli ideali
Dopo il disastro di Lace la 76.a seppe riprendersi combattendo al fianco delle brigate garibaldine del biellese, esempio degli ideali che i giovani di allora seppero elevare a modello di vita, regalandoci libertà e democrazia.
Nel dopoguerra un masso venne trasportato dalla Valle d’Aosta sino a Lace, e vi furono incisi i nomi dei Caduti. Successivamente i resti della baita divennero l’Area monumentale attorno alla quale si radunano i Cittadini Biellesi e Canavesani.
Nella notte del 29 gennaio un piccolo gruppo iniziò a ritrovarsi attorno al Monumento in forma privata, e negli anni quel gesto acquistò sempre più valore, sino agli incontri attuali, con la fiaccolata, i canti del Coro bajolese, letture e rappresentazioni teatrali.
Non si tratta di retorica: nell’incertezza morale, politica e culturale di oggi, quegli uomini giganteggiano, diventano modelli di riferimento ovunque si parli di Libertà e Democrazia. Furono essi le fondamenta della nostra Carta costituzionale. Ritrovarci ogni anno a Lace significa ribadire il nostro orientamento e la tensione ideale che animò la Resistenza, soprattutto oggi in cui le ombre oscure di vecchi e nuovi fascismi si stanno addensando in Italia e in tutta Europa.
Mario Beiletti, Anpi Ivrea e Basso Canavese
Il senso delle commemorazioni partigiane
Ogni volta ci interroghiamo sul senso delle commemorazioni partigiane e retoricamente ricordiamo il sacrificio dei partigiani, la loro purezza e la nostra fallibilità, il loro esempio. Mi è capitato di leggere un pensiero di una persona a me cara, un ex professore di filosofia di 86 anni di nome Gian Andrea Franchi che, con la moglie Lorena Fornasir (figlia di un leggendario comandante partigiano friulano Ardito Fornasir “Ario”), assiste quotidianamente sulla piazza della stazione ferroviaria di Trieste i migranti che arrivano stremati nello spirito e martoriati nei corpi dai paesi della ex Yugoslavia. Per questa loro attività sono stati perseguitati dalle istituzioni democratiche.
Scrive Gian Andrea, chiamato con Lorena a partecipare alla commemorazione di nove giovani uomini fucilati dai fascisti nel 1945, che “questo tipo di commemorazioni produce un duplice effetto. Il primo è di allontanare nel passato l’evento: la cerimonia a scadenza fissa inchioda l’atroce evento in un passato irripetibile per non pensarci più. Il secondo, simmetrico al primo, è l’elogio del presente “democratico” come frutto del sacrificio di quei giovani. Da una parte ci si autorizza a dimenticare con il gesto paradossale della cerimonia, dall’altra si conferma il presente così come è. Questo anche al di la delle intenzioni di chi può cercare, con interesse di storico militante, di ravvivare il passato. E’ necessario invece ascoltare ciò che queste morti ci domandano oggi. Il nostro impegno deve essere tradurre il messaggio, la richiesta viva di quella morte, nel nostro tempo. Il messaggio è chiaro. Questi giovani hanno dato la loro vita non per una patria, diversa e separata da altre patrie, ma per una società in cui tutti possano vivere una vita degna di essere vissuta. Oggi non siamo in una guerra guerreggiata fra le nostre case. Il tempo in cui hanno vissuto e lottato questi ragazzi è stato uno dei più drammatici della storia in Europa, ma anche oggi c’è guerra o forme di guerra, dovunque: l’economia di mercato scatenata, priva di contrapposizioni e alternative, è una guerra alla vita. Dentro questa guerra interminabile noi dobbiamo resistere, agire e costruire.”
Pierangelo Favario, Anpi Valle Elvo e Serra
La manifestazione si svolgerà in “forma statica” secondo quanto previsto dalle norme vigenti, evitando assembramenti e mantenendo le distanze disicurezza, con l’uso dei dispositivi di protezione individuale.