Essenziale e determinante il ritorno di protagonismo dei lavoratori. Bellono (Cgil Torino): «non so se saremo all’altezza delle sfide, ma sono davvero convinto che dobbiamo provarci». A Torino il 27 novembre manifestazione regionale.
Qualche giorno fa in un convegno a Roma, promosso da CGIL e Fondazione Di Vittorio, è stata presentata la ricerca su “Salari e occupazione in Italia”, dalla quale emerge che “l’Italia è campione d’Europa anche di salari bassi”.
L’attuale aumento generalizzato dei prezzi sta provocando un ulteriore impoverimento del già troppo esteso lavoro povero.
I dati più recenti sull’occupazione mostrano quanto siano sempre più prevalenti i contratti a termine e l’estensione del precariato.
Tutto questo mentre si fa un gran parlare nelle istituzioni e sui media al seguito della percentuale di crescita (confermata dalle società di rating e dall’ottimismo di Confindustria) oltre le previsioni e tra le migliori d’Europa. E poi i fiumi di parole sulla “grande occasione” delle ingenti risorse del PNRR.
Intanto Draghi, con il suo governo di larghe intese, presenta al Parlamento una manovra finanziaria (ora si chiama Legge di Stabilità) che a proposito della possibilità di andare in pensione definisce “ritorno alla normalità” la legge Fornero e “concede quota 102” solo per il prossimo anno, a proposito del fisco prevede 8 miliardi (che chissà come ogni tanto nella comunicazione diventano 12) di riduzione delle tasse senza dire a chi e come, a proposito del lavoro e del precariato non dice nulla, che equivale a dire “va bene così”. Ce ne sarebbe abbastanza per aspettarsi almeno qualche risposta, qualche posto di lavoro in subbuglio, qualche piazza piena di lavoratrici e lavoratori incazzati. Invece in molte piazze italiane continuano ad andare in scena da mesi ogni sabato le sfilate dei no vax e no pass, che rendono invisibili anche le (poche) iniziative di lotta sociali o di vertenze di lavoratori. Di questa situazione parliamo con Federico Bellono, della segreteria della CGIL di Torino.
Il 26 ottobre Cgil, Cisl e Uil hanno presentato a Draghi le proposte su lavoro pubblico e privato, fisco, pensioni, investimenti e protezioni sociali. Oltre allo sgarbo di Draghi che se ne è andato “per altro impegno” a metà riunione, in sostanza la manovra finanziaria non risponde a nessuna delle proposte sindacali. E c’è pure lo “schiaffo” della “quota 102”, peraltro solo nel 2022, per le pensioni. Ti pare adeguata la risposta sindacale unitaria di «un percorso di mobilitazione con assemblee sui posti di lavoro, iniziative e manifestazioni regionali (…) non escludendo iniziative nazionali»?
Il sindacato è l’unico grande soggetto collettivo che ha con forza criticato la manovra del Governo che – dopo un anno e mezzo di pandemia in cui sono aumentate le diseguaglianze sociali – non porta benefici ai lavoratori dipendenti e ai pensionati, e neanche ai giovani.
Per modificare la manovra in tre punti fondamentali – precarietà, fisco e previdenza – abbiamo un mese e mezzo, e in questo lasso di tempo dobbiamo mettere in campo la forza dei lavoratori. Tutto ciò presuppone un lavoro preparatorio di discussione e di orientamento, consapevoli del fatto che in quest’anno e mezzo il nostro rapporto con le persone non è stato facile, tra cassa integrazione e smart working.
Per questi motivi nei prossimi giorni dovremo accompagnare prime iniziative di mobilitazione con una campagna vera di assemblee in tutti i luoghi di lavoro, sapendo che l’emergenza non è finita, e il percorso tra vaccinazioni e green pass è tutt’altro che semplice.
In ogni caso sabato 27 novembre a Torino ci sarà una manifestazione regionale, e se dal Governo non dovessero arrivare risposte alle nostre richieste metteremo in campo iniziative più incisive.
Si avverte un forte ma non cosciente disagio sociale (e, per effetto della pandemia, spesso anche personale e psicologico). E i partiti in Parlamento non sono in grado di rappresentare (quand’anche lo volessero, e per lo più non lo vogliono) e dare sbocco politico agli interessi di lavoratrici e lavoratori.
Non credi che in questa situazione sia più che mai necessaria la ripresa di protagonismo sociale dei lavoratori? Ma i sindacati confederali, con i loro silenzi, tentennamenti, apparati, attenzioni alle “compatibilità”, sono ancora in grado di rappresentare, favorire ed attivare tale protagonismo?
Il sindacato non è uscito indenne dai processi di questi anni: la rappresentanza sociale è in crisi, i lavoratori sono più deboli, precarietà e bassi salari sono sempre di più la regola e non solo per i giovani. Allo stesso tempo il sindacato, e la Cgil in particolare, è uno dei pochi soggetti collettivi rimasti, in grado di rappresentare un argine all’egemonia dei poteri forti e del liberismo: ovviamente non da sola, ma anzi incrociando sensibilità e movimenti diffusi su temi decisivi per il futuro, come l’ambiente.
C’è però una dimensione sociale che solo il sindacato, pur con tutti i suoi limiti e le sue difficoltà, può ambire a rappresentare. Quindi io non so se saremo all’altezza di queste sfide, ma sono davvero convinto che dobbiamo provarci, a partire da una verifica del rapporto con i lavoratori dopo un periodo davvero complicato. Il disagio sociale è evidente, ma non è certo prendendosela con il green pass che si faranno passi avanti: anzi vedo qui elementi di regressione anche culturale davvero preoccupanti, dove individualismo, populismo e complottismo creano una mistura che non va sottovalutata.
Altre volte nella storia le organizzazioni sindacali hanno svolto un ruolo decisivo per le sorti della democrazia. Se non scendono in campo i lavoratori ciò che accadrà è già evidente: mobilitazioni irrazionali o fortemente corporative, “garantiti” scatenati contro chi sta peggio (migranti, percettori del reddito di cittadinanza, interinali e precari vari). Con tutto ciò che ne consegue sul piano politico ed elettorale. Sono catastrofico?
Non si tratta di catastrofismo ma della realtà che vediamo tutti i giorni. È evidente che c’è un vuoto politico – e ancor prima culturale – che il sindacato da solo fa fatica a coprire. Eppure la manifestazione sindacale a Roma “contro tutti i fascismi”, dopo l’irruzione fascista e squadrista nella sede della Cgil, è stata importante, e anche tempestiva. Però la sinistra sembra quasi aver archiviato la questione sociale, per concentrarsi – non senza contraddizioni – sui diritti civili: senza comprendere che queste due dimensioni, insieme a quella ambientale, devono essere costitutive dell’identità oltreché della pratica di qualsiasi forza “progressista”.
Anche se è indispensabile quindi avere una visione non di corto respiro, vorrei tornare sulle nostre richieste al Governo, che sono tutt’altro che di basso profilo: occorre un freno alla precarietà, come dimostrano le assunzioni quasi tutte temporanee in questo periodo di ripresa; le risorse per il fisco devono andare a beneficio di lavoratori dipendenti e pensionati; per quanto riguarda la previdenza non si può tornare alla Fornero e occorre una pensione di garanzia per i giovani. E ho l’impressione che per portare ai lavoratori e ai pensionati risultati concreti, non basterà – nelle prossime settimane – scendere in piazza una volta sola. Un banco di prova anche per i mesi a venire.
a cura di ƒz