A partire dallo scorso 12 marzo si sono susseguite diverse iniziative di presidio di genitori, insegnanti e studenti a Ivrea contro la Didattica a Distanza. L’annuncio di Draghi della riapertura di alcune scuole (solo fino alla prima media) appare come una “vittoria mutilata”
Lo scorso 12 marzo, in piazza Ottinetti a Ivrea il neonato gruppo Priorità alla scuola (PAS) Eporedia ha organizzato un flashmob durante il quale insegnanti, genitori alunni e studenti hanno ribadito, forte e chiaro, il loro NO alla Didattica A Distanza e l’esigenza di dare voce ai bisogni essenziali di bambini e ragazzi, primo fra tutti quello di ritrovarsi in classe per apprendere insieme, anziché essere relegati davanti a uno schermo per ore. La protesta, che ha visto una partecipazione numerosa, è continuata nei giorni successivi con presidi quotidiani, in particolare davanti al liceo Carlo Botta, ma anche davanti alle elementari Fiorana e di Montalto Dora.
Da un paio di settimane davanti al Botta, sul Lungo Dora, ogni mattina, per un’ora, i manifestanti e i loro cartelli attendono il semaforo verde e stazionano sul passaggio pedonale, tornando sul marciapiede appena scatta il rosso. Il tutto nel rispetto delle regole del distanziamento e con il coinvolgimento, ogni giorno più esteso, delle auto ferme, dai finestrini delle quali spesso escono parole di solidarietà. E’ chiaro ormai a tutti che la didattica a distanza (anzi, a oltranza) è tutto fuorché didattica e sta causando discriminazioni pesantissime tra gli alunni di diverse età, provenienza geografica, ceto sociale. Quanti sono i bambini e i ragazzi a poter disporre di una stanza tutta per sé, di un computer, di una rete che non cade mai, di un adulto in grado di intervenire in caso di problemi tecnici?
E davvero, soprattutto per chi frequenta la scuola elementare è più o meno come stare in aula? Senza i compagni a distanza di sguardo, senza l’insegnante che può alzarsi e venirti in soccorso, senza la sensazione di essere parte di (un gruppo, una squadra, un mondo)?
Lo sciopero nazionale di Priorità alla Scuola
Venerdì 26 PAS Eporedia ha aderito allo sciopero nazionale di insegnanti, studenti e genitori che invitava a spegnere per un giorno le webcam. I manifestanti di Ivrea sono convogliati nella manifestazione di Torino (dove in un intervento l’insegnante di scuola media Chiara Panzieri ha coniato la felice definizione di didattica a oltranza). Sono state migliaia le persone scese in piazza in oltre settanta città, per chiedere la riapertura delle scuole di ogni ordine e grado, dal nido all’università, in presenza, in sicurezza e in continuità; oltre cinquemila le mail di genitori arrivate alla rete Priorità alla Scuola con il modulo di autocertificazione per l’astensione dalla Didattica a Distanza dei propri figli, iscritti alle scuole materne, primarie, secondarie di primo e secondo grado. Priorità alla Scuola, lo ricordiamo, nasce ad aprile 2020 con una Lettera a una professoressa inviata alla Ministra Azzolina per chiedere la riapertura delle scuole in presenza, continuità e sicurezza. La lettera, messa poi sulla piattaforma Avaaz ottenne più di 85 mila firme legando insieme le tre anime della scuola: genitori, docenti e studenti, scesi in piazza prima il 23 maggio 2020 (19 città) e poi a giugno (60 città) e ancora in numerosissimi presidi estivi, fino alla manifestazione nazionale a Roma il 26 settembre cui aderirono, uniti per la prima volta dopo decenni, tutti i sindacati della scuola, confederali e Cobas. Sempre nella giornata di venerdì il Tar ha accolto le istanze di richieste cautelari di due ricorsi presentati da Rincorriamo la scuola di Firenze e da A scuola, che chiedevano di riesaminare la chiusura delle scuole, anche in zona rossa, in quanto le chiusure del Dpcm del 2 marzo scorso “non appaiono supportate da un’adeguata istruttoria”. In poche parole mancherebbero evidenze scientifiche incontrovertibili circa il fatto che il contagio avvenuto in classe influisca sull’andamento generale del contagio e non sarebbe dimostrato che l’aumento del contagio tra soggetti in età scolastica sia legato all’apertura delle scuole e che la cosiddetta variante inglese si diffonda maggiormente nelle sole fasce di età scolastiche.
Il giorno stesso della manifestazione del 26 marzo il presidente del consiglio Mario Draghi ha annunciato la riapertura delle scuole dopo Pasqua, anche in zona rossa, ma soltanto fino alla prima media.
Una vittoria mutilata a tutti gli effetti, che dimostra la totale ignoranza (non conoscenza) o, peggio, sottovalutazione del disagio enorme che da oltre un anno la pandemia provoca, in questo caso specifico, su quella difficile età di mezzo che è la preadolescenza. Non più bambini da piantar piste e far capricci, non ancora ragazzi da occupare piazze, i dodici-tredicenni sembrerebbero quasi essere ormai grandi, necessitare di meno protezione, essere perfettamente in grado di badare a se stessi. Basta e avanza la casa, non di rado luogo tutt’altro che sicuro (genitore violento) rispetto alla scuola, alla palestra dove magari incontrare un insegnante o un allenatore in grado di offrire salvezza (L’attimo fuggente non può essere solo un bel film commovente). E tra i più grandi, gli adolescenti a pieno titolo delle scuole superiori, bene o male chiusi in casa da un anno, quanta alienazione, dispersione, quanto abbandono scolastico anche alle elementari e alle medie ci raccontano da tempo psicologi, educatori, assistenti sociali? Quanti sono i ragazzi e ragazze (purtroppo soprattutto tra chi frequenta gli istituti tecnici) che vivono la scuola in modo sempre più passivo? In questo anno di pandemia e di restrizioni le richieste di accesso al Centro per i disturbi del comportamento alimentare dell’Asl 4 di Torino sono aumentate del 40% da parte dei giovani che, molto probabilmente, soffrono di più del divieto di socializzare imposto un lockdown dopo l’altro. Nel 2020 il solo Centro dell’Asl di Torino si è preso cura di 73 giovani con le loro famiglie e ha effettuato 2390 visite a pazienti provenienti da tutto il Piemonte in cerca di un percorso verso una vita normale.
Dal nido alle superiori la scuola è un bene essenziale e come tale la sua chiusura deve essere davvero una extrema ratio, non il primo provvedimento da prendere. Anche se, e soprattutto perché, il reddito che produce non è commerciale, ma sociale e culturale e quindi incommensurabile. Le ragioni della protesta di venerdì, come si evince dalla locandina, vanno però oltre la situazione strettamente legata all’emergenza che, analogamente a quanto succede nella Sanità, ha passato l’evidenziatore su condizioni lavorative e strutturali al limite del collasso. Solo a chi non vuole vedere non sono evidenti le cure di cui la scuola ha bisogno. Dalla necessità di interventi strutturali per l’edilizia scolastica, all’aumento di assunzioni e stabilizzazioni, da percorsi chiari e seri di formazione, all’investimento di parte del Recovery Fund nell’istruzione, nei trasporti e nella sanità. Una situazione vergognosa frutto di decine di anni di tagli impietosi nei settori chiave per la crescita di un Paese che si dice civile.
Le istanze di Pas Eporedia sono le stesse di un ordine del giorno dei gruppi consiliari di minoranza che verrà presentato in Consiglio Comunale.
Prossimo appuntamento nazionale della protesta mercoledì 31 marzo con le lezioni in DAD davanti alle scuole: a Ivrea l’appuntamento per tutti è in piazza Ottinetti.
Simonetta Valenti