Intervento di Federico Bellono, segretario Cgil Torino sulla vicenda Manital e i fallimenti nati dallo spezzatino Olivetti: “C’è un vuoto da colmare, di riflessione, di analisi di processi che hanno travolto la nostra struttura Industriale.”
In questi giorni i sequestri riguardanti i beni di Cimadom e Incarnato hanno riportato all’attenzione la vicenda Manital. Una vicenda di rilievo nazionale, per la miriade di appalti, le migliaia di lavoratori coinvolti, una lista di creditori degna dell’Op Computer (citazione non casuale, naturalmente). Ad Ivrea tutti ne parlano, sottovoce, e con un po’ d’imbarazzo: d’altronde quanti in questi anni hanno avuto prima parole generose per una straordinaria avventura imprenditoriale, e poi per il Castello di Parella, riportato a nuova vita insieme ai valori olivettiani (povero Adriano), per i contributi e le sponsorizzazioni mai rifiutati a nessuno, dalla piccola sagra di paese alla grande squadra di basket.
Ovviamente non mancano ora parole forti, un po’ moralistiche verso gli artefici di questo disastro: predatori, ladri, truffatori senza scrupoli eccetera eccetera.
Mi ci metto anch’io.
Ma è sufficiente, ad Ivrea, liquidare così questa vicenda?! Sono solo mele marce o addirittura imprenditori che, travolti dai debiti, perdono la testa e fanno pasticci per salvare la baracca o almeno se stessi?
Davvero non c’è nulla su cui interrogarci che ci riguarda come comunità, come company town un po’ decaduta di cui la memorialistica porta a vedere solo il lato buono della medaglia?
In fondo Fulchir, Luppi o la famiglia Landi erano forestieri, venuti da fuori per partecipare al banchetto.
Mentre nel caso di Manital parliamo di una storia tutta eporediese, fin dalla sua nascita, per gestire la centrale termica di via di Vittorio, ceduta dall’Olivetti insieme ai lavoratori. Uno dei primi capitoli del grande spezzatino dell’Olivetti.
E quell’operazione coinvolse direttamente esponenti non secondari della politica e dell’azienda, e apparve allora una mossa originale, che poi è stata replicata migliaia di volte, per scaricare un costo, e soprattutto dei lavoratori, dietro la garanzia di commesse, e poi sono seguite operazioni simili con altre aziende private e infine gli appalti pubblici, in quantità crescente, incontrollabile, esponenziale. Oltre 10 mila dipendenti tra Manitalidea e i consorzi del gruppo Manital.
Così nasce uno dei campioni del “facility”, sempre sul filo del rasoio, un gigante dai piedi di argilla.
E poi, quando già la macchina dava segni di cedimento, il Castello di Parella, e tutti in fila a congratularsi.
Possibile che nessuno si sia mai accorto di niente? E chi manifestava dei dubbi sembrava il solito guastatore, che ce l’ha con chi fa impresa, con chi “osa”, un piccolo “capitano coraggioso” locale che prova a fare il salto di qualità. E che restituisce al territorio parte dei suoi guadagni, un mecenate insomma. Almeno una riflessione sul deserto anche morale lasciato dalla grande Olivetti vogliamo farla? O, come nel caso dell’amianto, suona stonata per chi si è abituato a progettare il futuro celebrando i fasti del passato senza se e senza ma? Il riconoscimento dell’Unesco non può annullare una visione adeguata di quello che è successo e – ahimé – sta tutt’ora succedendo.
Ecco, a me pare che qui ci sia un vuoto da colmare, di riflessione, di analisi di processi che hanno travolto la nostra struttura Industriale, lasciando sul pavé migliaia di famiglie. Sarebbe un bene anche per le forze progressiste, per capire come si è rotto un rapporto con vasti strati sociali che si sono sentiti traditi da chi avrebbe dovuto rappresentarli e invece ha girato la testa dall’altra parte di fronte ad un affarismo senza scrupoli. E infatti anche Ivrea è finita nelle braccia della Lega, con un Sindaco che oltrepassando di molto il senso del ridicolo ha cercato di mediare – senza nessun risultato apprezzabile, com’era facilmente prevedibile – il pagamento degli stipendi ai lavoratori edili che per molte settimane hanno presidiato l’ingresso del Castello di Parella, quando ormai comunque la situazione era precipitata!
Il mio non è uno sguardo rivolto al passato, purtroppo la vicenda Manital ci accompagnerà implacabilmente ancora per parecchio tempo. Credo che si possa guardare con interesse a chi prova a progettare pezzi di futuro – e penso anche a Icona, a Icovalley, pur senza smarrire la capacità critica – ma senza rimuovere il passato prossimo e il presente, perché solo così si può guardare avanti senza lasciare vuoti di memoria. Non sarebbe giusto lasciare solo ai magistrati questa responsabilità.
Federico Bellono, Cgil Torino