Prosegue l’indagine sociale per cercare di capire come associazioni, enti del terzo settore o Servizi Sociali stiano affrontando l’emergenza coronavirus. Il Consorzio In.Re.Te ha dovuto chiudere i centri diurni, ma non segnala, per il momento, gravi complicazioni
Sono 4.861 le persone finora risultate positive al Coronavirus in Piemonte, di cui 2.198 in provincia di Torino. Sette morti e 115 casi accertati in territorio canavesano. Il bollettino regionale scandisce ora per ora l’evolversi dell’emergenza sanitaria e cominciamo tutti ad essere consapevoli che, vista la situazione, dovremo continuare a “convivere isolati” nelle nostre case ben oltre il traguardo fissato dal Governo del 3 aprile.
Se i timori di un prolungamento dei decreti ministeriali dovesse concretizzarsi si acuirebbero indubbiamente tutti quei malesseri portati dalla condizione d’isolamento a cui siamo sottoposti. Stress, ansia, rabbia, depressione sono solo alcuni degli effetti secondari o indiretti indotti dalla mancanza di contatti sociali e quanto più a lungo durerà l’isolamento tanto maggiori saranno le conseguenze psicologiche e individuali per ognuno di noi.
Se pensiamo che questi “effetti collaterali” possano incidere pesantemente sulla nostra salute mentale, sul nostro rapporto di vita domestico (con altri familiari o parenti) e mettano a dura prova questo regime di “autosegregazione” sofferto, ma necessario per ridurre i contagi, pensiamo quanto possano essere traumatici questi effetti per tutte quelle persone che prima che l’emergenza scoppiasse beneficiavano di un supporto esterno o di un qualche aiuto da parte dei servizi sociali.
La Caritas Eporediese ha dovuto chiudere la maggior parte dei suoi servizi (impossibile, in alteranativa, garantire la sicurezza per i volontari e le famiglie bisognose) e l’unica altra realtà nell’eporediese in grado di continuare a offrire servizi sociali alle famiglie in difficoltà (economica, ma non solo) è quella del Consorzio In.Re.Te.
Consorzio In.Re.Te: «L’unico servizio che abbiamo interrotto è quello dei centri diurni»
In tutta la Regione Piemonte sono 49 gli Enti gestori dei Servizi Sociali e il Settore della Direzione Sanità e Welfare regionale ha recentemente calcolato un fabbisogno settimanale di 303mila mascherine chirurgiche, 77mila guanti monouso, 36mila camici monouso impermeabili e tante altre attrezzature indispensabili per poter garantire agli operatori socio-sanitari di svolgere il loro lavoro in sicurezza. “Dispositivi di protezione individuale” (DPI) che, purtroppo, mancano all’appello.
Già Emiliano Ricci della Caritas Eporediese denunciava questa carenza per i suoi volontari e, purtroppo, non sembra diversa la situazione all’interno del Consorzio In.Re.Te.
«Stiamo incontrando grosse difficoltà a reperire i DPI per i dipendenti» raccontano, infatti, la direttrice Patrizia Merlo e la Responsabile Area Inclusione e Reti Territoriali Maria Grazia Binda. Attualmente sono 40 i lavoratori e le lavoratrici che operano sotto diretto controllo del Consorzio In.Re.Te. e nonostante siano state sospese tutte le attività di ricevimento del pubblico e adottate le dovute misure di tutela (smart-working, rotazione dei turni, distanze di sicurezza) la reperibilità dei DPI resta una priorità.
Oltre i lavoratori dipendenti (molti dei quali assistenti sociali, educatori e operatori socio-sanitari) il Consorzio fa affidamento su una rete di enti pubblici, del terzo settore e del volontariato che costituisce la spina dorsale portante dei servizi erogati. «L’unico servizio che abbiamo interrotto è quello dei centri diurni, come da disposizioni ministeriali» raccontano Merlo e Binda. A Ivrea sono due i centri diurni sotto la responsabilità del Consorzio: “Filigrana“, in via S. Giovanni Bosco e “Centonove e Dintorni“, in via Arduino gestiti dalle cooperative Animazione Valdocco e Pollicino. I centri contano una capienza massima di 40 utenti (20 per struttura). Quaranta persone con disabilità intellettive, anche associate a disabilità fisiche o sensoriali che necessitano di un ambiente che assicuri un’adeguata risposta alle esigenze educative, assistenziali e favorisca la vita espressiva, di relazione e di integrazione sociale. Ogni individuo segue un percorso concordato con il diretto interessato e con i familiari, un “Progetto Individualizzato” che necessiterà, in questa delicata situazione, di alcune modifiche; ma, assicurano dal Consorzio, «gli operatori dei centri diurni sono in costante contatto con le famiglie e le persone che non possono più accedere ai centri».
Non è del tutto chiaro come e in che modo questo contatto si stia concretizzando e come le famiglie stiano vivendo questa situazione, ma il Consorzio fa sapere che è in atto «un grosso lavoro di coordinamento tra Comune, Protezione Civile, Scuole, ASL e Cooperative per rispondere ai casi più particolari». «Un coordinamento» aggiungono «orientato verso la necessità di portare i farmaci, alimentari e cure laddove ce n’è bisogno».
«Chiaramente» concludono la direttrice Merlo e la responsabile Binda «i servizi non riescono ad essere erogati nella misura solita e siamo preoccupati non tanto per la situazione attuale, quanto per quella che verrà. Se l’emergenza dovesse protrarsi potrebbero nascere complicazioni che, per il momento, risultano sotto controllo».
Ciò che emerge, in questa prima fase di gestione dell’emergenza, è che i servizi sociali eporediesi sembrano aver “retto il colpo”. Molti dei servizi erogati dal Consorzio comprendevano già interventi di domiciliarità o di teleassistenza ed è chiaro che lo sforzo futuro andrà in questa direzione, cercando di portare nelle case l’aiuto necessario.
Molto dipenderà anche dalla qualità del servizio che le cooperative riusciranno a erogare. Esclusi i CAS (Centri di Accoglienza Straordinaria) sono circa 130 le figure professionali messe in campo dalle cooperative nel comparto socio-assistenziale-sanitario che si occupano di servizi esternalizzati, così come illustrato nel Piano Programma 2020-2022.
Va ricordato, infine, che il Consorzio In.Re.Te. ha “attivato un’unità di crisi per raccogliere le disponibilità di collaborazione delle associazioni del territorio, eventuali problematiche rilevate dai servizi territoriali, segnalazioni e coordinare le attività” (è possibile telefonare al numero 0125 646138 dalle 9.00 alle 17.00, oppure scrivendo all’indirizzo [email protected]).
Come già scrivevamo una settimana fa, occorrerà “vigilare” affinché la solitudine a cui siamo tutti sottoposti non si trasformi, per alcuni, in solitudine sociale.
Andrea Bertolino