Dopo la riuscita manifestazione NOTAV dell’8 dicembre (le foto in articolo sono relative a quella giornata) la Conferenza Metropolitana ha approvato una mozione SITAV. In Canavese, invece, si discute di due trafori: Montebuono a Borgofranco e Montenavale a Ivrea
Dopo la manifestazione NO TAV indetta a Torino l’8 dicembre, la politica non si è fatta attendere. È del 10 dicembre, infatti, la notizia che la Città Metropolitana di Torino si è espressa favorevolmente sul progetto del TAV. Con 169 voti favorevoli, un contrario, 9 astenuti e 14 non partecipanti al voto – tra cui la Sindaca di Torino, Chiara Appendino – la Conferenza metropolitana dei Sindaci del territorio ha approvato una proposta di mozione dei gruppi di centrodestra “Lista civica per il territorio” e di centrosinistra “Città di città” intitolata “La Città metropolitana di Torino vuole il T.A.V.”. Tra i tanti favorevoli spicca anche il sindaco di Bollengo Luigi Sergio Ricca, che in un recente comunicato non solo aveva espresso apprezzamento per la piazza SI TAV del 10 novembre, ma anche per il Traforo di Montenavale, da lui stesso provocatoriamente definito «la nostra piccola Tav».
L’errata tentazione di accostare la Torino-Lione alle piccole Tav canavesane
Di primo acchito il parallelo suggerito da Ricca sembrerebbe calzante. In entrambi i casi si tratta di praticare un foro attraverso una montagna nel caso del Tav e una collina per quanto riguarda Montenavale. Seguendo il parallelismo, nel territorio canavesano è da tempo in discussione anche la proposta di traforo di Montebuono, a Borgofranco d’Ivrea, avanzata per ovviare alla chiusura dei passaggi a livello decisa da R.F.I. e per cercare di migliorare l’attraversamento urbano sulla SS 26 (la statale stretta che attraversa Borgofranco).
L’idea di “piccole Tav“, tuttavia, va rigettata in quanto non si tratta semplicemente di praticare dei “buchi nella montagna”, ma di progetti con finalità e obiettivi completamente differenti da quelli della Torino-Lione. Nel caso del TAV, infatti, si tratta di una grande opera per il mero trasporto di merci (nonostante dal 1997 il trasporto di merci su ferrovia sia calato del 70%), mentre nel caso del traforo di Montenavale e di Montebuono l’intenzione sarebbe quella di modificare la qualità del traffico urbano e territoriale. Nel caso di Montebuono, oltretutto, sono le stesse associazioni ambientaliste (così come anche l’Università di Torino) che chiedono al Comune di Borgofranco di prendere in considerazione l’idea di far passare la ferrovia nel tunnel, ciò nell’eventualità le istituzioni non trovassero soluzioni migliori e tirassero dritte per l’opzione traforo. Spostare la ferrovia attraverso Montebuone vorrebbe dire, per Borgofranco, ritrovare un’unità di spazi attualmente ostacolata dalla stessa ferrovia che taglia in due il paese.
Anche la politica eporediese considera il traforo di Montenavale e il TAV come due questioni da trattare separatamente. Lo scorso 22 novembre, il Consiglio Comunale d’Ivrea ha visto Lega, Forza Italia, PD e sindaco Sertoli favorevoli all’approvazione della mozione pro-TAV presentata dal Partito Democratico (M5S contrario, ViviamoIvrea astenuto), mentre il 27 novembre è stata bocciata la mozione che chiedeva al comune di interessarsi alla questione Montenavale: solo PD e Sertoli hanno votato favorevolmente, mentre il resto del Consiglio si è astenuto. Sul progetto di traforo di Montenavale c’è una generale e diffusa contrarietà, motivata non solo dal fatto che il Comune d’Ivrea avrebbe già avviato un percorso istituzionale per studiare la possibilità di liberalizzazione autostradale, ma anche perché considerata eccessivamente dispendiosa, impattante e senza alcuna garanzia di miglioramento effettivo del traffico eporediese.
Legambiente: “Altro che Tav, ecco le priorità per i pendolari”
Il dibattito sulle ragioni del TAV abbraccia un’innumerevole quantità di questioni, da quelle ambientali a quelle economiche. Tra le ragioni del NO al TAV c’è l’idea che il sistema ferroviario regionale venga sistematicamente trascurato se non peggiorato a favore di un’unica grande opera che porterebbe pochi (o sarebbe meglio dire nulli) benefici a coloro che quotidianamente prendono un treno. In questa direzione si muove lo studio Pendolaria elaborato da Legambiente e che aiuta a fare luce sullo stato dell’attuale rete ferroviaria piemontese. Attualmente sarebbero 884 le corse giornaliere nella Regione Piemonte con 199 treni operativi. Nonostante il rapporto evidenzi come «si sia tornati quasi a livelli di servizio del 2010» va considerato il fatto che nell’arco di questi otto anni siano state cancellate 14 linee usate dai pendolari lunghe 480 kilometri e, cosa non secondaria, dal 2010 al 2018 l’aumento tariffario avrebbe raggiunto un incremento del +47,3%.
Una particolare nota di demerito è riservata alla linea Settimo Torinese-Pont Canavese che viene così descritta: “è una linea di 40 km, gestita da GTT e parte della linea 1 del Sistema Ferroviario Metropolitano di Torino. I pendolari lamentano disagi provocati da treni cancellati senza preavviso con frequenze inadeguate. L’età dei convogli sfiora i 30 anni; la loro composizione in molti casi risulta del tutto inadeguata. I ritardi, ormai cronici, nelle ore di punta, non scendono quasi mai sotto i venti minuti e con molti treni che si fermano a Rivarolo, costringendo chi continua per Pont Canavese a dover prendere un autobus con ulteriore perdita di tempo. Addirittura in questo caso si nota un peggioramento rispetto allo scorso anno perche’ i convogli al momento devono viaggiare tra Settimo Torinese e Rivarolo Canavese alla velocità massima di 50 km/h a causa della mancanza dei nuovi sistemi di sicurezza“.
Andrea Bertolino