22 settembre. Anche la scuola sciopera per Gaza

La scuola pubblica deve educare alla pace, alla giustizia, alla solidarietà tra i popoli, non all’indifferenza e alla normalizzazione dell’orrore.

Un dialogo dal presidio davanti al liceo Gramsci di Ivrea.

E tu, dov’eri tu?

Fuori dai cancelli del Gramsci uno gruppo di insegnanti in sciopero manifesta insieme ai rinforzi del Presidio per la pace

Classe prima, liceo: “Sciopero vuol dire che non si viene a scuola, vero?

…Be’, sì, anche. Però vorrei spiegarvi meglio che cos’è, lo sciopero, e perché lunedì alcuni tra noi non saranno a scuola”.

Ecco quindi la prof tirar fuori il racconto di una donna palestinese la cui casa è stata distrutta da un bombardamento, e che non sa dove andare né dove lavarsi né come togliersi di dosso la sabbia che si insinua ovunque e la sporcizia e la puzza della sporcizia. Una testimonianza dolorosa, straziante, dilaniante…

 

La notizia che corre veloce è che “lunedì si entra più tardi, bro”, e fa niente se la prof rompe le palle ricordando tempi andati quando a scioperare erano gli studenti e gli insegnanti prendevano atto. Le passerà.

Che cosa è successo se i ragazzi non prendono in mano la propria vita, perché il mondo si è girato sottosopra?”.

Se lo chiedono gli insegnanti scioperanti lunedì davanti ai cancelli della loro scuola, sotto una pioggia molesta, gli studenti che entrano talvolta senza guardare o di rado fermandosi a salutare i sette professori del Gramsci (ai quali, però, c’è da aggiungerne ben 27 + due ATA: chi manifestava a Torino, chi a Novara, chi partecipava ma da casa)… Ecco, c’è da osservare che generalmente l’esempio degli adulti non è così brillante da diventare un faro nella notte (perché questa, se non si fosse capito, è notte). Oggi siamo qua, pochi – il “picchetto” è stato più o meno improvvisato ieri sera via chat – ma non soli.

Grazie al cielo – o quello che è – un gruppo di amici del presidio per la pace arriva a dare una mano, fare massa, mettere altre bandiere della pace e palestinesi, dimostrare che gli insegnanti non sono soli e non sono sfigati, aiutare a farsi notare e sorridere insieme (se si può, sorridere sempre!).

Si fermano quindi gli studenti rappresentanti di Istituto, che oggi – annunciano – proporranno un minuto di silenzio e faranno alcuni interventi durante l’intervallo. Bene, tutto aiuta.

Aiuta anche sapere che intanto a Torino Piazza Carlo Felice è strapiena (anche se allora Ivrea è definitivamente provincia).
Aiuta considerare che di ‘sti tempi un terzo dei prof del Gramsci in sciopero è una gran cosa, si vede che la misura è colma.
Aiuta anche pensare che qualcuno a casa racconterà quello che ha visto: un gruppo di insegnanti che insieme a certi loro amici manifestavano per la Palestina sotto la pioggia invece di strisciare il badge (tassativo, per dimostrare il non-sciopero).

Magari qualcuno aggiungerà un pensiero per la fine del mondo a Gaza, dirà che non si può stare fermi e zitti, immaginerà – a proposito di orientamento verso il futuro con cui tanto la scuola si sciacqua la bocca – che un giorno qualcuno possa chiedergli: dov’eri tu mentre tutto questo accadeva?

sire