Un saluto. Un saluto dall’Inghilterra – o per precisare – da Cambridge – o per precisare ancora di più – un saluto da casa mia, dove sto in piedi, guardando fuori la strada a due metri davanti casa. Ricordo che quando mia figlia aveva un anno o poco più, ero abituato a stare qui con lei in braccio, a contare e commentare mentre passavano le auto.
“Una rossa. Ancora una rossa. Una grigia. Una azzurra.” E cosi via.
Mi sono accorto che sto facendo lo stesso adesso, ma da solo con una frequenza di veicoli molto ridotta. Ogni tanto passa uno di quei pullman a due piani. A parte il conducente, ci saranno non più di uno o due passeggeri.
Veicoli ce ne sono ben pochi. Abbiamo, finalmente, ricevuto “istruzioni” dal nostro governo di stare a casa. Non è proprio chiaro, che cos’è un’istruzione – non è una legge, eppure ci sono leggi che si possono applicare alle situazioni di eccezionali.
In qualche provincia le forza di ordine stanno usando la “vergogna sociale” per modificare il comportamento pubblico – immagini prese da droni sono messe sui social media per identificare le persone che non rispettano le “istruzioni”. Può anche andar bene in queste condizioni eccezionali, ma mi preoccupa per quello che verrà dopo, per aver creato un precedente lontano dalle regole normali.
E poi guardo un po’ di TV – sto ormai invecchiando – sì, a 63 anni mi piace guardare programmi in diretta come una volta.
Ogni giorno alle 15.50 c’è la comunicazione da Downing Street. Il formato è diventato interessante. E un panino, con il rappresentante dal governo che fa la mortadella e due esperti di lato che fanno il pane – un virologo, ad esempio, o una portavoce delle infermiere.
Per me è interessante per due motivi principali. Primo, perché abbiamo di nuovo accettato che gli esperti – spesso scienziati – abbiano un ruolo. Questo governo, fino ancora recentemente, ha dichiarato che il popolo inglese e stufo di esperti. Sono contento che questa dichiarazione sia stata superata dal buon senso.
Il secondo motivo è quasi metafisico. Stiamo guardando lo schermo. Dallo schermo, una persona parla, spesso da un altro schermo. Il primo ministro, ad esempio, è chiuso a casa in “auto isolamento” e parla tramite video da remoto. Lo usiamo tutti, ormai ma c’è qualcosa che mi mette a disagio.
Ricordo, quando lavoravo in Olivetti, e tanti lettori di varieventuali lo ricorderanno, avevamo un prodotto chiamato PCC – Personal Communications Computer, un sistema di videoconferenza all’avanguardia. Un giorno, stavamo parlando con un impiegato bancario con il quale stavamo facendo delle prove. I clienti della banca parlavano faccia-a-faccia con esperti di finanza da remoto. Chiesi all’impiegato se le persone accettavano questa forma di dialogo. Lui rispose: “A volte, mi chiedono se sono vero.”
Bella domanda.
Torno alla finestra. C’è una rossa. Ecco una grigia. … faus, una viola!
Alla prossima.
Bob Brimblecombe (75860 T)