Una Procura, quella d’Ivrea, con la “vocazione per l’archiviazione”

Di fronte alle reiterate “richieste d’archiviazione” avanzate dalla Procura di Ivrea (per i procedimenti nei quali le “parti lese” sono dei detenuti) Garante e Antigone chiedono l’avocazione alla Procura Generale di Torino.

Anche gli uffici giudiziari (salvo le urgenze) sono chiusi a causa dell’emergenza coronavirus e perciò sarà certamente rinviata l’udienza davanti al GIP (Giudice per le Indagini Preliminari) che, il 22 aprile prossimo, avrebbe dovuto decidere in merito alla seconda richiesta di archiviazione avanzata dalla Procura di Ivrea per un episodio di maltrattamenti e abuso d’ufficio ai danni di un detenuto nel carcere d’Ivrea nel novembre 2015.
Un procedimento (aperto a seguito di una denuncia del Garante del Comune di Ivrea) per il quale la Procura aveva già chiesto una prima volta l’archiviazione e aveva trovato il parere contrario del GIP, che aveva disposto nuove indagini. Con un esito però identico: una nuova richiesta di archiviazione.

Un’abitudine per la Procura eporediese che, a fronte di quattro denunce per episodi diversi di maltrattamenti, violenze ed abuso di autorità da parte di appartenenti della Polizia Penitenziaria della Casa Circondariale di Ivrea ai danni di detenuti, ha finora sempre risposto chiedendo l’archiviazione dei procedimenti.

Uno di questi procedimenti riguarda “l’azione repressiva avvenuta nella notte tra il 25 e 26 ottobre 2016”, una vicenda nota perché all’epoca destò l’attenzione dei media anche nazionali, diede luogo a manifestazioni davanti al carcere eporediese e arrivò fino in Parlamento con un’interrogazione al ministro della Giustizia.
Tra le varie visite (di consiglieri regionali, parlamentari e ispettori del DAP – Dipartimento Amministrazione Penitenziaria) nel carcere eporediese a seguito di quegli episodi, ci fu anche, il 22 novembre, quella del “Garante Nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale” che inviò al DAP una relazione nella quale rilevava che:

  • da almeno un anno erano già pervenute notizie su uno stato di tensione nella Casa Circondariale di Ivrea che aveva costituito oggetto del monitoraggio condotto dalla delegazione del Comitato per la Prevenzione della Tortura;
  • quanto verificato nel corso della visita ha fornito “oggettivo riscontro alle denunce e alle segnalazioni, in particolare l’esame della documentazione degli eventi critici del 25-26 ottobre, i resoconti unanimi delle persone detenute ascoltate, le dichiarazioni del Referente Sanitario, lo stato dei luoghi attestavano che in una sala denominata ‘acquario‘ posta al piano terreno – che avrebbe dovuto essere destinata a sala d’attesa dell’infermeria – le persone venivano chiuse anche per ore e ne veniva fatto uso come di una cella di contenimento avente natura afflittiva”;
  • il detenuto M. D. ha reso al Garante Nazionale conferma, dettagliata e circostanziata degli atti di violenza subiti personalmente e da altri detenuti e del fatto che gli agenti hanno fatto ingresso nella sua stanza lanciando il getto dell’idrante sul pavimento interno e lo hanno quindi condotto per le scale all’infermeria prendendolo violentemente a schiaffi e pugni sul viso e sulla testa e, quando era scivolato a terra, a colpi di manganello sul costato;
  • lo stesso detenuto M. D. aveva poi dichiarato al medico di aver riportato le contusioni conseguenti alle violenze subite scivolando perché “condizionato” dagli agenti che erano presenti, ma il referto medico redatto dal medico aveva riportato che la caduta descritta da M.D. non era “compatibile con le lesioni riscontrate”;
  • il detenuto M.D. aveva riferito al Garante Nazionale che analoga azione di contenimento era stata inflitta al detenuto A.G.;
  • i detenuti che, da protagonisti o da spettatori, erano stati coinvolti nella vicenda avevano raccontato d’aver visto anche il detenuto S. nell’acquario in precarie condizioni fisiche, sdraiato per terra e, una volta in piedi, barcollante.

Ebbene, anche di questo procedimento la Procura di Ivrea ha chiesto l’archiviazione, ma il GIP del Tribunale di Ivrea, accogliendo l’opposizione del Garante comunale, ha rigettato la richiesta di archiviazione ed ha disposto nuove indagini. Indagini che avrebbero avuto come termine il mese di settembre del 2019.
Ma anche settembre 2019 è passato senza alcuna decisione del Pubblico Ministero.

Presso la Procura di Ivrea sono poi fermi in fase di “indagine contro ignoti”, altri due procedimenti originati dalle denunce del Garante comunale relative ad altri specifici episodi, in altre occasioni, di maltrattamenti ed abuso di autorità a danno di detenuti.

A fronte della vocazione “all’archiviazione” (in due casi) o alla “ignavia” (in altri due) che pare connotare la Procura di Ivrea (quanto meno quando le “parti lese” sono dei detenuti), inevitabile la richiesta avanzata dai legali del Garante comunale e dell’associazione Antigone alla Procura Generale di Torino perché “avochi” le indagini, essendo ormai palese che la Procura eporediese non ne ha alcuna intenzione. Finora non è arrivata alcuna decisione, ma c’è da sperare che, lontano da Ivrea e dai “condizionamenti ambientali”, ci sia una magistratura inquirente che voglia andare a fondo a vicende che, per lo più, restano confinate dentro le mura del carcere.

Mura dentro le quali oggi si vive più che mai il dramma dell’epidemia da Covid-19 in una struttura sovraffollata e oggettivamente a rischio, sia per le condizioni igienico-sanitarie che per la promiscuità. Con il decreto Cura-Italia alcuni detenuti sono stati mandati agli arresti domiciliari, ma sarebbero circa 25 nella Casa Circondariale di Ivrea ad avere i requisiti per andare ai domiciliari con i “braccialetti elettronici”, che però tardano ad arrivare. Con i rischi connessi, per tutti: detenuti e personale.

ƒz