Riflessioni su consumismo e capitalismo
In Italia e non solo, una considerevole frangia della società- benché ancora disunita e non organizzata come durante la guerra fredda- critica apertamente la società capitalista e consumistica contemporanea.
Di solito, lo fa per le sue manifestazioni concrete più distruttive come la miseria materiale per la maggioranza o la distruzione ambientale. Più raramente, ci si sofferma sulle premesse psicoanalitiche ed esistenziali della società dei consumi. Il presente intervento vuole portare attenzione proprio su questo punto.
Poniamo, ragionando per assurdo, di poter vivere nel mondo ideale della società dei consumi contemporanea. Portando all’estremo l’ideale capitalista di oggi, possiamo immaginare una società ibrida tra il virtuale e reale dove tutt3 producono e tutt3 consumano vicendevolmente. Io produco x, tu lo consumi, tu produci y, io lo consumo. Tutto è prodotto e consumato.
Una conseguenza che ci renderebbe in apparenza più liber3 è sicuramente l’abbondanza materiale per ogni individuo. Quest’abbondanza materiale sarebbe utilizzata per un permanente consumo edonistico di ogni tipo. Cene al ristorante, massaggi alla SPA, viaggio a luoghi caldi, insomma quello che per x giorni italiane ed italiani rincorrono in Agosto (viene in mente Pasolini sul ferragosto italiano). Così, la vita sarebbe scandita dall’edonismo permanentemente inseguito e soddisfatto.
Ed il “contenuto” di ciò che produciamo? Verrebbe solo consumato. Il consumo funziona così: io pago x per una merce, che può essere una cosa, un’esperienza ecc… Siccome ho pagato, nessuno deve “rompermi i coglioni”: ora faccio quello che mi va con la merce. Quindi non mi metto in discussione, o per lo meno non devo abituarmi a farlo e nessuno mai me lo chiederà. Tutto in me può rimanere com’è mentre consumo. Un esempio banale: la differenza tra il viaggio nella vacanza del consumo di massa ed il viaggio del pellegrino. Nel primo caso, io pago per stare in pace e godere delle merci che mi vendono i locali (cibo, tramonto con lettino, escursione, ecc…) senza “rotture di coglioni”. Al ritorno del viaggio posso benissimo rimanere come ero prima di partire, magari più abbronzato, riposato e con la panza piena.
Nel secondo caso, il viaggio è una costante rinegoziazione del mio rapporto con me stesso, con i valori che sono legati al pellegrinaggio, con l3 altre pellegrin3, ecc… Si suppone che io torni cambiato dal viaggio. Ora, in questa società, l’arte, il pensiero, l’etica, la bellezza, la meraviglia dell’esistenza, la complessità e la conflittualità del vivere con me stesso e con l3 altr3, vengono spente dall’interazione consumistica. Perché per vivere e costruire vita in me e nel mondo e tra me e le altre persone è necessario che io possa mettermi in discussione e possa mettere in discussione ciò che ho attorno, altrimenti non posso neanche amar me ed il mondo davvero per quello che siamo.
Se non posso essere sfidato da quello che un’altra scrive o produce, perché sono protetto dalla barriera del consumo, allora cosa lo produce a fare? Questa società IDEALE è una società solo materialista e edonistica che porta l’essere umano al livello del maiale. Il massimo che puoi essere è un maiale felice. Il filosofo John Stuart Mill diceva che era meglio essere un essere umano insoddisfatto che un maiale soddisfatto; meglio essere un Socrate insoddisfatto che uno sciocco soddisfatto. In contrasto alla filosofia consumistica e capitalista contemporanea, possiamo recuperare il Karl Marx dei manoscritti del 1844, che affermava che il materialismo serve per eliminare materialmente gli ostacoli per dedicarci alle nostre esigenze e possibilità spirituali (in senso ampio).
Questa società consumista e capitalista, anche nella sua versione ideale, disprezza l’umanità e l’umano, equiparandolo ad un maiale. Difatti, la società ideale che ho descritto somiglia in maniera inquietante alla distopia raccontata da Aldous Huxley (1932) ne “Il mondo nuovo” – dove tutta la vita umana e sociale è condizionata da uno Stato (che oggi sarebbe invece il mercato) che dirige in maniera totalizzante la vita delle persone, le quali sono felicemente divise in classi e vivono come pedine funzionali alla produttività: lo fanno col sorriso, perché il sistema permette loro una costante soddisfazione edonistica di ogni loro istinto (questi istinti sono però artificialmente coltivati e selezionati dallo Stato).
Nel mondo nuovo non vi è spazio per i Socrate. Con Marx possiamo credere che invece possiamo essere dei Socrate materialmente soddisfatti, e quindi degli umani veramente. Ma non lo saremo se seguiamo l’ideale consumistico e capitalista.
Federico Giovannini