Olivetti Personal Computer, Ics, Cms, Omnia Service, Agile ex Eutelia, Raf-Phonemedia, Siab-Diebold, Olivetti I-Jet, Innovis, Telis, Olivetti, Cic, … e alla fine non rimase nessuno.
Ivrea non è più una città industriale, prima ce lo mettiamo in testa meno staremo male a ripensare a quanti posti lavoro si sono persi negli anni e a questi ultimi colpi di mannaia alle realtà nate dalla frantumazione Olivetti o comunque legate alla Ing. C. Olivetti & Co. Spa.
Anche chi ha già elaborato il lutto e non vive nella nostalgia del bel tempo passato, quando c’era la “ditta”, come chi scrive, non può non fare alcune riflessioni sul perché questo territorio non abbia più saputo produrre o attrarre imprenditori illuminati, o anche normalmente dotati, ma con un’idea industriale, prima che finanziaria o unicamente legata al profitto immediato.
Perché nessuno dei “capitani coraggiosi” passati in Olivetti, ha potuto amare questo territorio e quell’eredità unica, anche se difficile da capire e gestire, di un’azienda multinazionale, ricca di competenze informatiche, con una rete commerciale e di assistenza di primo livello?
Parlando di amore per il territorio, mi viene in mente la motivazione per uno dei premi “imprenditore olivettiano” assegnato nel 2009. L’imprenditore Cucinelli venne premiato “per avere creato e sviluppato un gruppo industriale italiano di grande successo sui mercati internazionali, basandosi su valori fondamentali, quali il rispetto delle persone, la ricerca costante della bellezza dei prodotti, l’amore per l’ambiente e per il territorio umbro”. (Per la cronaca il premio nato nel 2008 su iniziativa dell’Archivio storico Olivetti durò solo fino 2011.)
Rispetto delle persone, amore per l’ambiente e il territorio, … perché ad Ivrea abbiamo invece attirato tanti imprenditori malandrini? Pensiamo al fallimento Opc, a quello di Agile, di Phonemedia, ma anche a chi come una meteora è passato nella nostra città solo per spostare pregiati immobili nel portafoglio della propria immobiliare.
E che dire della situazione di degrado e avvilimento in cui versano le proprietà rimaste a Olivetti-Telecom, perché non c’è stato uno che sia uno che abbia capito il valore del patrimonio di architetture e luoghi acquisito con Olivetti e lo abbia preservato e valorizzato? Nemmeno l’Archivio Storico Olivetti (dico archivio storico!) riceve più il riconoscimento e sostegno che meriterebbe, eppure conserva un patrimonio di un pezzo importante della città.
E vi ricordate l’Interaction Design Institute (IDI) ospitato nel Centro Studi Olivetti, palazzina blu di via Montenavale, la scuola post-laurea di interaction design di respiro internazionale? Attirava ragazzi laureati delle migliori università di tutti i continenti. Lì nacque fra gli altri il microcontroller open source Arduino, ora famoso in tutto il mondo. Era un insediamento importante, aveva ridato luce a quella splendida area attorno al Convento, ma dopo solo quattro anni, nel 2005, venne spostato alla Domus Academy di Milano. E la città nemmeno se ne accorse.
E a proposito di Convento, come è stato possibile far precipitare nell’abbandono e incuria un’area così pregevole, ricca di storia, architetture uniche, un parco che vorrebbe solo esser curato? E in ultimo la ferita della chiusura del Centro Culturale La Serra, in piena città, il suo abbandono e inevitabile degrado. Non sono questi abbandoni anche posti di lavoro mancati?
Ma la colpa di questa decadenza non sarà anche un po’ anche nostra, di noi tutti che viviamo nell’Anfiteatro Morenico di Ivrea? Quanto facciamo per pretendere la giusta attenzione alle nostre ricchezze? E metto fra queste il bene prezioso del lavoro.
La risposta “è roba privata” che si sente dire più volte, non è accettabile, soprattutto se detta da chi amministra la città, da chi ha il dovere politico e morale di salvaguardarne le bellezze e valorizzarle per il benessere globale dei suoi cittadini.
Nessun guizzo, nessuna idea, nessun orgoglio, nessuna capacità di vedere nel nostro ricco patrimonio di competenze professionali, di ricchezze architettoniche, di cultura e storia, la possibilità di una rinascita per tutti, per il lavoro e la vita sociale della città.
Di questo dovremmo discutere ogni giorno. Non dei bei giorni andati.
Cadigia Perini