Sabato 1° giugno i ragazzi del Castellazzo Assediato hanno presidiato piazza Balla, mentre un corteo di cittadine e cittadini antifascisti, associazioni, partiti e sindacati con in testa l’Anpi si è mosso da Piazza Freguglia verso la piazza del Municipio intitolata al partigiano Ferruccio Nazionale
Piazza Balla occupata dal CSA Castellazzo, una “vigilanza antifascista” che da piazza Freguglia si è diretta verso piazza di Città, decine di poliziotti in tenuta antisommossa e agenti in borghese a presidiare l’ordine pubblico, migliaia di persone a Ivrea in visita agli appuntamenti della Grande Invasione e il timore che i fascisti di Rebel Firm o i nazisti da loro invitati potessero fare la loro comparsa in cerca di qualche provocazione. Le premesse per fare di sabato 1° giugno una giornata “calda” c’erano tutte, ma nessun episodio ha intralciato il regolare scorrere del pomeriggio: nessun tafferuglio, nessuna ripercussione d’alcun genere, nessun vaso rovesciato o vetrina rotta, come sembrava dovesse accadere stando all’ordinanza del sindaco Sertoli del 30 maggio che ordinava, in via cautelare, la «rimozione dei dehors, tende parasole, panchine, fioriere, oggetti pubblicitari e ogni altro ingombro presente sulla via Palestro, nel tratto compreso tra Piazza Balla e Piazza Ottinetti».
Poco dopo l’ora di pranzo i ragazzi dei centri sociali e del CSA Castellazzo hanno appeso uno striscione in piazza Balla che (con un ironico richiamo ai Blues Brothers) recitava: «Noi li odiamo i nazisti dell’Illinois. Ivrea Antifa», presidiando l’area fino a metà pomeriggio e distribuendo volantini ai passanti nei quali dichiaravano: «Per noi l’antifascismo è una pratica quotidiana che consiste nel negare qualsiasi agibilità politica ai fascisti in tutti gli spazi in cui cercano di infiltrarsi». Parallelamente, sotto la guida dell’Anpi e del suo presidente Mario Beiletti, una manifestazione, definita «mobilitazione vigilante», si è raccolta in piazza Freguglia per poi dirigersi verso piazza di Città, soffermandosi davanti alle stele della Resistenza poste nei pressi dei Giardini Giusiana. Nessuna bandiera di partito ha accompagnato il corteo, così come nessun simbolo di associazioni o di movimenti, con l’eccezione delle bandiere dell’Anpi, l’associazione di riferimento per quanto riguarda l’antifascismo e di cartelli con la scritta “Antifascismo è democrazia“.
Come siamo arrivati al 1° giugno?
Dopo l’annuncio di metà maggio da parte del gruppo neofascista Rebel Firm della “festa d’inaugurazione” della loro nuova sede alla quale invitavano gruppi di neonazisti dichiarati, le associazioni antifasciste eporediesi si sono subito mosse per impedire che la piazza intitolata al partigiano Aldo Balla (nome di battaglia Saetta) venisse sfregiata in questo modo.
È bastato un comunicato sottoscritto da 27 associazioni per far dilagare la protesta a Ivrea, seguito immediatamente dalla netta presa di posizione di diverse forze poltiche eporediesi dell’Anpi, delle organizzazioni sindacali Cgil, Cisl e Uil e dal gruppo di ragazzi del Castellazzo Assediato. Le tante pressioni giunte sino alle istituzioni perché la manifestazione fascista venisse negata, hanno portato la Prefettura a non concedere ai fascisti lo spazio di piazza Balla. Quella che per alcuni era sembrata subito una vittoria (motivata, tuttavia, per lo più da ragioni di ordine pubblico), per altri è parsa come la condizione per poter organizzare una risposta di piazza o, com’è stata definita dall’Anpi, un “momento di festa“.
Tre lezioni che possiamo trarre da questa vicenda
Domenica 2 giugno, presso i Giardini Giusiana, è stata inaugurata una targa dedicata alle 21 Madri Costituenti della Repubblica Italiana. Un bel modo non solo di celebrare la Festa della Repubblica, ma anche di rimarcare con forza le radici costituzionali della città di Ivrea. Un fine settimana intenso, ma che, nonostante i traguardi raggiunti, con ogni probabilità non resterà un caso isolato. Da tutta questa vicenda è possibile trarre alcuni insegnamenti.
Il primo è quello relativo al ruolo che hanno svolto le associazioni eporediesi (e che potrebbero svolgere in futuro). Al netto delle ovvie, comprensibili e prevedibili difficoltà (derivanti dalle tante diversità: di sensibilità, di oggetto della propria attività, di formazione culturale, …) è evidente che un certo peso abbia giocato la voce delle associazioni nel convincere le istituzioni (Questura e Comune, in primis) a prendere una posizione sulla vicenda. Che partiti, movimenti e sindacati abbiano poi deciso di sostenere con la loro voce quella proveniente dalla società civile ha indubbiamente aiutato a indirizzare il corso degli eventi, ma le associazioni hanno fatto d’apripista. Ciò che ne deriva è che le associazioni, quando comunicano collettivamente (ma non necessariamente unitariamente) con le istituzioni, sono detentrici di quello che viene chiamato soft power: una forma di potere comunicativo, in grado di mobilitare l’opinione pubblica, di esercitare una pressione significativa in grado di mutare, con un po’ di fortuna, il corso degli eventi cittadini.
La seconda lezione è che non è necessario muoversi unitariamente per raggiungere degli obiettivi, ma talvolta, una polifonia di voci risulta più efficace di una sola. Così, da un lato piazza Balla con i ragazzi del CSA Castellazzo e dall’altro lato le tante (seppur non tutte) associazioni e partiti con in testa l’Anpi locale hanno dato dimostrazione di come sia possibile perseguire obiettivi comuni con modalità differenti, senza precludere il buon esito dell’obiettivo prefissato.
Ultima, ma non per questo meno importante, lezione riguarda proprio le formazioni di estrema destra. Lo si era già detto, ma è bene ribadire il concetto: questo “raduno” organizzato dai locali Rebel Firm è subito apparso diverso da altri precedenti perché, senza volerli sopravvalutare, è risultato del tutto evidente quanto (complice la stampa, i social network e il vento xenofobo e razzista che soffia su tutta l’Europa) sia diventata più sfrontata e scoperta la loro apologia del fascismo.
Facciamo tesoro di queste giornate e delle esperienze accumulate. Ne avremo bisogno per superare la lunga notte dell’estrema destra che nel Canavese, come nel resto d’Europa, avanza.
Andrea Bertolino