Raccolte per l’iniziativa dello Zac più di 200 messaggi. Venerdì 4 giugno primo di tre incontri con Guerrilla Spam.
Ora toccherà alla redazione, composta da 25 ragazzi under 25, redigere la futura rivista e gestire l’archivio multimediale del progetto “Quel che voglio dirti di Ivrea”, un’iniziativa promossa dallo Zac in collaborazione con Dynamoscopio, realtà che si occupa di rigenerazione urbana e innovazione sociale, e con il patrocinio della Fondazione Compagnia San Paolo.
Il progetto nasce per dare una voce a quella parte di città sempre pericolosamente sottorappresentata composta dai giovani e giovanissimi. Una generazione che più che parlare “viene parlata”, della quale si sente dire tutto e il contrario di tutto e sulla quale tutti riversano i propri biasimi e le proprie speranze, ma che nonostante questo sfugge sempre ai tentativi di incasellamento imposti dall’alto. Una generazione alla quale questo progetto ha dato la possibilità di avere una voce, fornendole un mezzo per esprimere quella pluralità di visioni e desideri che la caratterizzano.
Il progetto della redazione inizierà ufficialmente il 4 giugno, con il primo di tre incontri sulla cura della parte grafica tenuti da Guerrilla Spam, collettivo nato a Firenze nel 2010 con azioni di attacchinaggio non autorizzato negli spazi urbani e che oggi porta progetti didattici in scuole, comunità minorili, centri d’accoglienza e carceri.
La sede fisica della redazione sarà nel monolite leopardato comparso da qualche tempo al movicentro di fronte allo Zac. A dipingere il grosso container l’artista Weed (Luca Cristiano) che, come il musicista Cosmo (Marco Jacopo Bianchi), è stato protagonista di uno degli incontri paralleli al progetto riguardanti il rapporto tra artisti e città.
Nelle parole di Lucia Panzieri, presidente della cooperativa Zac: «È una parte parallela di riflessione sulla relazione tra gli artisti e il luogo da cui provengono. Cosmo gioca in casa e ci ha raccontato cosa ha significato Ivrea nella sua vita e carriera. Parleremo però anche con persone che non vengono da qui, ma hanno intrattenuto comunque una relazione particolare con le loro città».
Lorenzo Zaccagnini