La scienza da sola non può farcela!
Serve l’aiuto di ognuno di noi, serve riscoprirsi comunità, serve fratellanza e senso di responsabilità civica
Questo tempo gramo e greve di timori, paure e incertezze che rinnova e aggiorna il detto popolare sull’anno bisestile ha una causa, un nome, un colpevole apparentemente certo e dichiarato: il Coronavirus Covid 19.
Ha attraversato, come un Marco Polo frenetico, i continenti e ora potrebbe annidarsi in ognuno di noi. Ogni contatto, stretta di mano, abbraccio potrebbe fare scattare il tranello e finire con l’esserne contagiati.
L’apparente certezza causale, per certi versi persino consolatoria nella sua semplificazione del nemico da abbattere, non è, ahimè, che la punta di un iceberg, un drammatico rivelatore di vulnerabilità e di irresponsabilità, una prova decisiva per la scienza, l’economia, la politica, la convivenza, la Democrazia.
La scienza e il sistema sanitario stanno giocando una partita durissima e non stanno lesinando energie e impegno. Le donne e gli uomini impegnati nella ricerca, nell’assistenza, Ricercatrici e Ricercatori, Medici, Infermieri, Tecnici, OSS, sono in prima linea notte e giorno. Stanno salvando vite umane mettendo in gioco le loro. Ma non basta!
Lo stanno chiedendo le Istituzioni e i Professionisti: la scienza da sola non può farcela! Serve l’aiuto di ognuno di noi, serve riscoprirsi comunità, serve fratellanza e senso di responsabilità civica.
Da troppo tempo viviamo in un costante stato di incoscienza, adottando stili di vita pericolosi per se e per la collettività. Che cosa ha di diverso il Covid 19 dal diabete, dall’ipertensione o dal riscaldamento globale? Un solo elemento: il tempo accorciato e certo tra la causa e l’effetto.
Non seguire le indicazioni per adottare sani stili di vita confidando sempre nell’intervento esterno e salvifico della Medicina per risolvere quanto di sbagliato è stato seminato è prassi diffusa. Siamo un Paese con una percentuale di obesi in costante crescita, soprattutto nell’infanzia, siamo sedentari, spericolati alla guida, incuranti dei bollettini meteo pur di non rinunciare a una sciata o un giro in barca ed ora, in piena coerenza, perpetuiamo negli apericena e nelle gite fuori porta.
Amici liguri mi hanno inviato foto di domenica scorsa nei borghi del Ponente, sembrava Ferragosto, per non parlare della fuga notturna da Milano degna delle più fosche pagine del Manzoni nei Promessi Sposi.
La noncuranza dell’interesse collettivo in materia di salute è forse l’eredità più avvelenata di un’altra Milano, quella “da bere”; degli anno ’80. In pochi ne beneficiarono in concreto, ma tutti ne fummo contagiati in termini di egoismo.
Ora siamo al dunque.
Ora si sta facendo l’appello e ognuno è chiamato a modificare comportamenti e consuetudini non solo per se stessi ma anche per gli altri, per consentire al nostro Sistema Sanitario di reggere garantendo le cure e il diritto alla salute.
Al di là degli obblighi lavorativi, laddove sussistono, e degli equilibrismi famigliari per poter gestire figli a casa da scuola, genitori anziani e quant’altro la situazione ha messo in centrifuga, non è accettabile la strafottenza cafona, il “me-ne-frego” ostentato verso le norme di comportamento richieste dalla scienza. Sono proprio queste l’arma vincente e aggiuntiva capace di arginare la diffusione del virus e quindi il ricorso al servizio sanitario, ai reparti di degenza, alle terapie intensive, all’utilizzo di sofisticati presidi sanitari, ai salti di riposo del personale.
Maledetto o Benedetto Covid 19?
Maledetto se manderà in frantumi la già fragile trama solidale portando in ebollizione la società liquida trasformandola in un caotico stato gassoso dove ognuno sarà molecola rancorosa e disperata. In quel caso la maledizione del ‘900, che non vuole morire, si prenderà una seconda rivincita con la “Spagnola” del ’19 riproposta in salsa cinese e le varie tonalità di fascismi alle porte.
Benedetto se ognuno di noi saprà riscoprire il suo contare, saprà dare valore al suo agire, si sentirà parte. Saprà superare quella condizione di autismo corale, magnificamente descritto nelle poesie di Franco Arminio, per approdare e contribuire a realizzare un nuovo codice di convivenza dove diritti e doveri smetteranno di contrapporsi, ma al contrario si completeranno trovando nel concetto concreto di responsabilità la sintesi armonica che ne giustifica e rinforza la reciproca esistenza.
Diego Targhetta Dur