I nodi restano irrisolti come sei mesi fa, con una urgenza: poco meno di un milione di dipendenti aspetta il rinnovo di un contratto che è fermo su livelli salariali di 10 anni fa
Un altro anno scolastico si sta avviando alla conclusione. I nodi che erano irrisolti 6 mesi fa continuano a rimanere irrisolti: i decreti applicativi della legge 107 non hanno apportato alla legge quelle modifiche che il “popolo della scuola” si aspettava ed il rinnovo contrattuale, atteso ormai da quasi un decennio, è ancora di là da venire nonostante le promesse della ministra Valeria Fedeli.
Anche quest’anno non sono mancate le consuete proteste contro le prove Invalsi sostenute come sempre dai sindacati di base. Peraltro lo sciopero non è andato come loro speravano: a proclamarlo per il 3 e 9 maggio erano stati Cobas, Unicobas e Usb, ma all’ultimo momento la Commissione di Garanzia ha bloccato lo sciopero del 9 in quanto per il giorno 12 risultava già indetta una astensione di tutto il comparto del pubblico impiego da parte dell’Usae, sindacato che peraltro nella scuola è del tutto inesistente. La Commissione ha applicato rigorosamente la regola per cui due scioperi che riguardano lo stesso settore devono essere distanziati da almeno 6 giorni.
A nulla è valso il ricorso di Cobas e Unicobas che – alla fine – hanno dovuto revocare lo sciopero del 9.
Va detto che questo è anche l’ultimo anno in cui è stato possibile scioperare contro le prove Invalsi perché nel decreto delegato sul tema della valutazione approvato dal Governo è stata inserita una norma molto chiara: per poter essere ammessi all’esame di Stato gli studenti dovranno obbligatoriamente partecipare alle prove in corso d’anno.
Altro tema sul quale nelle scuole si sta discutendo proprio in questi giorni e quello della cosiddetta “chiamata diretta” da parte dei dirigenti scolastici.
All’inizio di aprile Ministero e sindacati avevano sottoscritto un’ipotesi di contratto che prevede nuove regole: i dirigenti scolastici potranno scegliere i docenti della propria scuola selezionandoli fra quelli disponibili nell’ambito territoriale, ma solo dopo aver acquisito la delibera del collegio dei docenti che dovrà stabilire i criteri per la scelta.
Ma anche su questo i problemi non mancano: per esempio, è molto probabile che quando dovranno decidere sui criteri, i collegi dei docenti non disporranno ancora dei dati sugli organici, come invece previsto dal contratto dell’11 aprile che peraltro non è stato ancora firmato in via definitiva.
Insomma, per tentare di correggere un aspetto della legge sulla cosiddetta “Buona scuola” che aveva creato polemiche e proteste ci si è inventati una toppa che rischia solo di peggiorare ulteriormente la situazione.
Per intanto i decreti delegati approvati dal Governo un mese fa non sono ancora noti nella loro stesura definitiva perché siamo ancora in attesa della loro pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
Curioso il motivo del ritardo: i decreti, prima di essere pubblicati, devono essere controfirmati non solo dal Presidente Mattarella ma anche dal Presidente del Consiglio e dal Ministro della Giustizia.
E, come si sa, in queste ultime settimane il ministro della Giustizia Andrea Orlando è stato parecchio impegnato per l’elezione del segretario del Partito Democratico.
Ora che la “bagarre” delle primarie PD si è conclusa, Orlando potrà tornare nei suoi uffici e riprendere in mano la cartella di documenti da firmare che nel frattempo si è gonfiata parecchio.
In realtà va anche detto che la pubblicazione in Gazzetta non è poi particolarmente urgente in quanto gli otto decreti non contengono disposizioni che debbano entrare concretamente in vigore già da subito.
Le norme, infatti, diventeranno operative solo a partire dal prossimo anno scolastico.
Ma, in questo momento, nel mondo della scuola, la vera urgenza è un’altra: poco meno di un milione di dipendenti (insegnanti, collaboratori scolastici, tecnici e amministrativi) aspetta il rinnovo di un contratto che è fermo su livelli salariali di 10 anni fa. Più di un anno fa il Governo aveva garantito di aver messo a bilancio le risorse necessarie. In realtà a conti fatti lo stanziamento previsto dal bilancio 2016 risultava largamente insufficiente e solo da qualche settimana si è saputo che per poter ottenere qualche modesto aumento (si parla di 50-60 euro netti in media) i dipendenti pubblici (e quindi anche il personale della scuola dovrà attendere l’approvazione della legge di stabilità del 2018.
Proprio pochi giorni fa le ministre Madia e Fedeli hanno garantito che l’atto di indirizzo per l’avvio della stagione contrattuale è praticamente pronto e quindi le trattative potrebbero partire prima della pausa estiva.
Ma, per il momento, è bene continuare ad usare il condizionale.
Reginaldo Palermo