In questo paese rispetto a disastri che colpiscono la salute nei luoghi di lavoro spesso e volentieri non ci sono responsabili
Sconcerto, amarezza, stupore sono queste le prime reazioni epidermiche che la sentenza della Corte d’ Appello di Torino, relativamente alle morti per amianto alla Olivetti, hanno suscitato nelle parti civili ed in chi aveva seguito e segue tuttora, dalla parte dei colpiti, questa triste vicenda.
Sentenza che, capovolgendo totalmente la sentenza di primo grado del Tribunale di Ivrea, assolve gli imputati perché il fatto non sussiste.
Fermo restando che dovranno leggersi le motivazioni, non appena verranno depositate, per capire cosa ha portato i giudici a pronunciarsi in tal senso, la prima osservazione non può che rivelare una certa ambiguità relativamente alla formula il fatto non sussiste. Probabilmente, si vuole intendere che le cause che hanno cagionato tali morti non sono ascrivibili agli imputati ma risalgono a periodi precedenti a quelli in cui avevano operato gli stessi nelle loro responsabilità nella gerarchia aziendale. Staremo a vedere per cercare di capire di più attendendo anche le decisioni che la Procura Generale di Torino assumerà rispetto alla possibilità o meno di ricorrere in Cassazione.
Inutile nascondere che una fase nuova si apre rispetto a tutta questa delicata materia. Sicuramente tale sentenza condizionerà l’evoluzione degli altri processi che ancora dovranno andare in aula. Voglio ricordare che a mesi dovrebbe svolgersi un altro processo sempre in relazione ad altre vittime da amianto in Olivetti, il cosiddetto Olivetti bis. Inoltre condizionerà probabilmente l’evolversi delle cause civili, ma ciò che intendo sottolineare è il messaggio di scoramento che rischia di diffondersi anche a seguito dell’ andamento di altri processi di gravità, se vogliamo, ancor maggiore (vedere quello relativo alle vittime da amianto di Casale Monferrato): in questo paese rispetto a disastri che colpiscono la salute nei luoghi di lavoro spesso e volentieri non ci sono responsabili. E dico questo non perché si voglia ricercare a tutti i costi i colpevoli e/o si cerchi qualche sorta di vendetta: le motivazioni della sentenza andranno ben studiate e valutate naturalmente, ma non sfugge a nessuno un limite: la difesa e la tutela della salute nei luoghi di lavoro non può essere affidata solamente alla Magistratura anche se essa é giustamente coinvolta e deve esercitare la sua funzione.
Occorre sensibilizzare maggiormente su questi argomenti, diffondere conoscenza su quanto avviene, rafforzare la vigilanza e, soprattutto, battersi affinché si affermino politiche di prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali. Non ci si può limitare ad intervenire a danno avvenuto. La tutela della salute nei luoghi di lavoro non può essere considerata un costo, come ahimè ancora avviene, ma un investimento.
E’ anche per questo che occorre continuare a battersi, innanzitutto perché la vicenda delle morti Olivetti ancora non é finita: eventuale ricorso in Cassazione, allestimento di un altro processo per altri casi. Perché i casi di malattie professionali continuano ad esserci, perché, come già detto, occorre spingere verso la prevenzione.
La guardia non va abbassata, anzi il contrario.E’ anche per questo che lo “Sportello Salute” della CGIL continuerà ad operare cercando di aumentare i propri sforzi nella certezza che essi non sono e non saranno vani.
Giuseppe Capella (“Sportello Salute” CGIL Ivrea)