Un po’ Bradbury e un po’ Pirandello in scena al Giacosa
Il testo è complesso e il lavoro è durato solo un pugno di mesi. Sono in tanti sul palco, ma i movimenti di scena sono impeccabili e la memoria non tradisce nessuno degli attori della Casa Circondariale di Ivrea che venerdì 17 marzo hanno replicato al Teatro Giacosa lo spettacolo teatrale Fahrenheit 451, con la regia di Luca Vonella, tratto dal romanzo di Ray Bradbury.
Il punto di forza però arriva quando il sipario si chiude e poi si riapre e l’adrenalina che esce loro dagli occhi raggiunge anche chi è in un palco laterale del terzo piano. La scena se la riprendono con i saluti urlati alle famiglie mescolate al pubblico, con la forma del cuore fatta con le mani e i baci, scagliati chissà a chi. La loro incredulità dura poco, davanti a quegli applausi che sembrano non finire mai, perché lo sanno, lo sanno bene, lo sanno, finalmente, di poter essere anche talento, riconoscimento, bellezza. Di poter camminare sulle tavole di un palcoscenico e non soltanto nei pochi metri quadrati della loro cella, nel fuori per finta dell’ora d’aria, nell’aula di un Tribunale.
E finalmente, anche se soltanto per un pugno di ore, il carcere evade dalla periferia e sfonda prepotentemente il centro della città. E i frammenti dei ricordi che ciascuno di loro racconta verso la fine dello spettacolo e vanno ben oltre la storia potente scritta da Bradbury, spezzano per un istante le sbarre, restituiscono a tutti loro qualcosa di più prezioso della libertà. La dignità.
Sono loro i padroni del palcoscenico, infinitamente più a loro agio delle autorità che balbettano frasi di circostanza. Quanta distanza c’è fra quelle facce stravolte e il rito della consegna dell’encomio, un rotolo di pergamena che passa dalle mani della Procuratrice, della Direttrice, del Garante e di altri, quasi un rito dove “buoni” premiano i “cattivi”. E intanto loro respirano ogni istante quell’aria, quella insolita promiscuità, quella apparente libertà.
Quando sembra arrivato il momento di tornare alla realtà uno degli attori prende la parola per esprimere, forte e chiara, la piena solidarietà agli agenti sospesi per le violenze a danno dei detenuti all’interno del carcere di Ivrea. E con le sue parole racconta di un non-luogo che invece per lui è stato ed è luogo e casa, rinascita e salvezza, restituzione.
Chissà cosa ha pensato la Procuratrice che ha aperto ben due procedimenti per i fatti del 2021 e 2022. O i carcerati coinvolti negli episodi denunciati. Chissà come si vivono davvero, dentro, questi avvenimenti. Sono interrogativi che rimangono e per un momento la distanza tra il carcere e la città, tra loro e noi, si fa di nuovo (apparentemente?) insormontabile.
E’ allora decidiamo di tornare a casa portandoci negli occhi e nel cuore quella parentesi di vicinanza. Che fa il paio con il film Grazie ragazzi, con la serie su Rai Fiction Il mare fuori, che indubbiamente raccontano un carcere a tratti edulcorato, ma lo raccontano, ne parlano, destano curiosità e interesse.
E provano a ricucire l’antica frattura tra noi e loro, fra giusto e sbagliato.
Simonetta Valenti