Siamo Vivi

Giorgiana Masi

Roma.
L’odore stantio e acre del Tevere.
La città dei sette colli e degli imperatori.
Il Colosseo.
Il Vaticano.
Caput Mundi.
È maggio, festa in fiore dei colori e dei profumi di primavera.
Le bandiere sventolano e i ragazzi urlano, gridano, cantano.
Siamo vivi.
Alcuni iniziano ad accasciarsi, con le mani sugli occhi,
scalciano come cavalli imbizzarriti in preda a crisi epilettiche
dovute ad un trambusto da guerriglia.
Cerco un riparo.
Gli uccelli volano all’impazzata sopra le nostre teste,
storditi da quell’infernale frastuono.
Volano verso i propri nidi,
dai propri piccoli.
BUM! BUM! BUM!
Una giovane non lontana da me casca a terra;
è il dolore più forte che abbia mai sentito.
Si tiene la gamba ed in un attimo le mani
le si riempiono di rosso pompeiano.
Mi guarda come per dire “cos’è successo?”
Non so cosa fare.
Dal cielo rimbalzano candelotti accesi
che provocano in men che non si dica una nuvola densa, torbida,
ed un puzzo insopportabile,
prende alla gola e tutti iniziano spasmodicamente a tossire.
Gli occhi bruciano.
I muscoli indolenziti.
Un fischio perfora i timpani.
Ma siamo vivi.
BUM! BUM! BUM!
Oddio che male!
Guardo gli altri come per dire “cos’è successo?”
Che succede?
Sui loro volti s’increspa la stessa smorfia di disperazione.
Non sanno neanche loro cosa fare.
Perché diventa tutto nero?
Perché mi state accerchiando, ragazzi?
Cosa? Non vi sento. Parlate più forte.
Non riesco più ad alzare le braccia,
oddio che freddo!
E le gambe mi si irrigidiscono,
poi sembrano imbottite di paglia
o di cotone,
o di petali di margherite,
come quelle delle bambole di pezza.
Oddio che male!
Sento come se…
Come se…
Come se non fossi più viva.

È il 12 maggio 1977, giorno di scontri lungo una strada del lungotevere romano. Si celebra il terzo anniversario della vittoria del referendum sul divorzio. Nonostante la manifestazione fosse stata vietata, il partito Radicale e la sinistra antagonista si presentarono ugualmente. Le cariche della polizia furono pesanti, micidiali, oltre ogni limite. Molti agenti in borghese si mescolano ai giovani senza dar troppo all’occhio, hanno una pistola in tasca e sono pronti ad usarla. La useranno.
Giorgiana Masi aveva 18 anni e fu uccisa da un colpo dritto nella schiena.
Sono passati 40 anni ma il colpevole non è mai uscito fuori.
Qualcuno è STATO.
Qualcuno sa.
Ma nessuno dice niente.
E una ragazza è morta, senz’aver visto in faccia la morte.
Ma io voglio immaginarmela al caldo sulla sua poltrona reclinabile a cullare tra le braccia un nipotino.
Voglio immaginarmela in fila al supermercato,
in fila alle poste a riscuotere la pensione.
Voglio vederla nell’espressione dei ragazzi che hanno lottato per conquistare dei diritti.
Voglio prender sotto braccio una nonnina ed aiutarla ad attraversare le strisce pedonali con lei, mentre si dice felice per i ragazzi d’oggi, così spensierati e liberi dai guai.
Giorgiana non è morta. È più viva che mai. E noi siamo tutti suoi figli, o suoi nipoti.

Riccardo Bonsanto