Sgomitando laicamente, ovvero “sull’ora di religione nelle scuole”

  1. Sarebbero circa 1,25 miliardi gli euro spesi annualmente dallo Stato italiano per garantire l’ora settimanale di “catechismo scolastico” nelle scuole. Visto come viene vissuta dagli studenti, è veramente indispensabile quest’ora di religione nelle scuole?

Dentro un’aula di liceo si accalcano non meno di 25 e di solito non più di 35 studenti. Meno di 25 è un sogno, per i professori come per gli allievi: imparare, insegnare, conoscere, conoscersi, studiare, spostarsi, parlare, valutare, esercitarsi. Tutto si fa meglio in uno spazio dignitoso.
Gli insegnanti di religione cattolica (Irc), loro lo fanno: secondo la legge italiana in regime di Concordato, anche con UN SOLO alunno la cattedra si tiene in piedi. Diciamo che di solito il docente di Irc si ritrova con 4, 5, raramente più di 8 ragazzi, e con un programma molto lasco che non prevede verifiche né stress (piovono gli OTTIMO, son tutti bravini quelli che si avvalgono, vuoi mica che l’anno prossimo mollino anche loro, ché con zero allievi la classe non c’è più).
Secondo calcoli diffusi, sarebbero circa 1,25 i miliardi di euro spesi annualmente dallo Stato italiano per garantire l’ora settimanale (due nella primaria!) di catechismo scolastico [cfr. i programmi su Intesa CEI-MIUR indicazioni secondo ciclo].

Questa cifra tuttavia (oltre a non includere i supplenti con contratto inferiore all’anno) esclude tutto il carosello che sta attorno all’Insegnamento di religione cattolica. Essendo in vigore dal 2010 l’obbligo per le scuole di attivare gli insegnamenti alternativi all’Irc, gli istituti che tirando la cinghia decidano di rispettare la normativa – al solito, non tutti – danno ai propri iscritti la possibilità di scegliere fra:
– frequentare l’Insegnamento cattolico;
– uscire da scuola per una passeggiata o, nel caso fortunato in cui la lezione sia posta all’inizio o alla fine della giornata, entrare dopo/uscire prima;
– optare per lo “studio libero” (spesso trasformato in libero smanettamento al cellulare o libero sbracamento – merenda-cocacola-croccantini-noccioline – sempre con annesso smanettamento) entro un’area messa loro a disposizione dall’istituto;
– scegliere, o far scegliere ai propri genitori, un’ora di “studio guidato”, con la supervisione e l’ausilio di un docente appositamente remunerato;
– infine dedicarsi a un’attività “alternativa”, naturalmente gestita da un docente all’uopo remunerato.

Per un’ora, e solo per quella, tre persone (una delle quali di scelta curiale*) sono pagate dallo Stato (per i docenti di alternativa si tratta di un’integrazione stipendiale). Per un’ora, e solo per quella, l’aula diventa un luogo in cui muoversi, rilassarsi, guardare film compatibili con La Dottrina, confidarsi, confessarsi… di tutto un po’.
Poi si torna uno sull’altro a sgomitare e sbracciarsi per farsi ascoltare. Di nuovo, a laicamente affannarsi.

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*L’idoneità degli insegnanti deve essere riconosciuta dall’autorità ecclesiastica e la loro nomina disposta dall’autorità scolastica d’intesa con la prima (art. 9, numero 2, dell’Accordo di revisione del Concordato e punto 5 del protocollo addizionale)
Il riconoscimento dei titoli – stabiliti con l’intesa tra l’autorità scolastica e la Conferenza episcopale italiana (sottoscritta il 14 dicembre 1985 ed eseguita con il
d.P.R. 16 dicembre 1985, n. 751) – per l’idoneità all’insegnamento della religione ha effetto permanente, salvo revoca da parte dell’ordinario diocesano.