Cronaca da una Città medaglia d’Oro che dice No a razzismo e fascismo
E’ in Piazza Vittorio Veneto, ai portici dell’ Augusto,
che ci passa la paura, assillante da giorni,
che Biella non sarebbe scesa in strada a dire no al fascismo.
Ci vuole poco a tranquillizzarsi,
perché troviamo e ritroviamo un’umanità che crede ancora in se stessa
e sa di come sia necessario crederlo insieme.
Magari lasciandosi cantare e ballare come ora
al ritmo della musica
che sospinge da un furgone sonante a chiudere la fila.
Su per la stretta via Italia ricaschiamo nel vecchio vizio di contarci,
ma superata la soglia dei mille lasciamo che continuino altri,
che già sappiamo non lo faranno tanto bene.
Solo quando le bandiere, le gambe, le fiaccole ed i sogni
attraversano l’incrocio con via Garibaldi
la coda del serpentone, cresciuta a valanga, svolta su via Gramsci.
Solo in Piazza Lamarmora ci rendiamo conto
che entrare tutti nel cortile della Villa Schneider
sia un’impresa decisamente impossibile.
Ma la Piazza del Bersagliere è grande,
convogliando un pò il traffico al centro
la voglia di vivere insieme questo momento viene esaudita.
E’ sul pianale del palco mobile
che ci stupisce il fatto incomprensibile
che da qui sopra si vede meno che da terra:
sarà che l’emozione è forte,
forse sono gli occhiali che si appannano,
o sono gli occhi che si velano di nostalgie e di consapevolezze del presente.
Il silenzio di una piazza attenta ci sorprende
quando i nostri compagni di strada arrivati dall’Africa
portano i loro saluti in inglese, francese ed arabo.
E poi il discorso finale:
Matteotti, la Costituzione, le nostre 667 vittime,
il tricolore profanato a Macerata, e tanto altro ancora.
Ultima una Bella ciao corale e un po’ stonata,
che chiude una serata da non dimenticare,
che apre giorni in cui continuare a stare in guardia.
A volte ci domandiamo se saremmo stati in grado
di fare la scelta che hanno fatto i partigiani,
di lasciare tutto e salire in montagna.
Ci meraviglia il coraggio che hanno avuto,
la forza di superare le proprie paure
e buttarsi nell’incognito.
Ed allora, in questi tempi bui di nuovi fascismi
che hanno bisogno di nuove resistenze
possiamo darci una prima risposta:
non siamo megalomani o millantatori
se almeno per stasera
con molta modestia diciamo di sentirci un poco partigiani.
Mentre dal palco l’oratore, citando Ovidio,
ci invita, con la schiena dritta,
a guardare le stelle.
Luciano Guala
Biella, 10 febbraio 2018