Sabato 16 ottobre a Roma la risposta all’assalto fascista è stata forte e chiara, ma la crisi sociale mette a rischio la tenuta democratica del paese.
Riflessioni a margine della manifestazione CGIL, CISL E UIL per la democrazia, il lavoro e la partecipazione
Piazza San Giovanni a Roma, sabato scorso, era gremita di manifestanti accorsi all’appello di CGIL,CISL e UIL a seguito del grave assalto fascio-squadrista alla sede della CGIL nazionale. Accessi alla piazza ostruiti dal fiume di folla, manifestanti imbottigliati in qualche stazione di arrivo: eravamo veramente tanti. Se si voleva dare un segnale, una pronta risposta riaffermando i valori della democrazia e respingendo l’assalto fascista, ebbene, ciò è avvenuto.
Una piazza attenta agli oratori, ai temi scanditi, ma cosa dedurre e come leggere questo grandioso evento?
Sicuramente, in primis, la determinazione a rigettare i rigurgiti fascisti e le varie forme in cui si presenta (razzismi, odio per immigrati…), la richiesta dello scioglimento delle organizzazioni che si richiamano al fascismo. Ma anche la consapevolezza che la tenuta democratica del paese è a rischio. E a ciò ha sicuramente contribuito la profonda crisi sociale indotta dal pervicace perseverare delle politiche economiche liberiste e di austerità realizzate in questi ultimi decenni e la finanziarizzazione dell’economia (il finanz-capitalismo) alle quali, seppur con modi e gradualità diverse, la quasi totalità dei governi europei ha contribuito anche con l’affermarsi di sistemi elettorali premianti l’Esecutivo a scapito della Rappresentatività.
Risultato: le conseguenze si sono riversate sul mondo del lavoro (frammentazione, precarietà, perdita di diritti, qualità della prestazione, caduta dei livelli di sicurezza e di salute…), sulle donne, sui giovani, sugli anziani, con i livelli di povertà in aumento ed il tutto aggravato da un ridimensionamento del welfare e dei livelli di tutela della salute nei luoghi di lavoro.
A tutto questo si è accompagnato un sostanziale ridimensionamento dei Sindacati e più in generale delle organizzazioni dei lavoratori, diminuendone il potere di contrattazione tutto a vantaggio delle imprese, dei profitti e delle rendite. Su tutto è poi calata la scure del Covid che ne ha accentuato i caratteri.
Una crisi sociale che, se non affrontata drasticamente, può mettere a rischio la tenuta democratica del paese.
Voglio solo ricordare, con l’opportuna cautela e tenendo conto delle differenze di contesto, che una delle cause della nascita del nazismo, in Germania, furono la crisi del ‘29 del secolo scorso e le politiche di “austerità” indotte dal dover fronteggiare l’enorme debito di guerra imposto dai vincitori del primo conflitto mondiale.
Se ne deduce la necessità di un radicale cambiamento delle politiche economiche utilizzando un’opportunità non si sa quando replicabile : il PNRR. Ma anche qui, bando alle illusioni e facili aspettative: o questo diventa terreno di “reale” di confronto e di iniziativa sindacale (e proposte anche se non esaustive in questo campo ne esistono) ai vari livelli (nazionale in primis, ma anche regionale e territoriale) oppure si rischia il prevalere di interessi consolidati di parte già oggi dominanti.
Nel concludere mi prendo la libertà di introdurre ancora un paio di riflessioni personali. La prima inerente le elezioni amministrative appena concluse riguardo il bassissimo numero di votanti: non è anche questa crisi di democrazia rappresentativa (quella partecipativa non l’abbiamo mai vista se non in circoscritti luoghi e periodi) della quale preoccuparsi senza lasciarsi andare a trionfalismi laddove si pensa di avere sconfitto l’avversario?
Altra questione: qual è il confine tra tutela democratica e stato di emergenza dovuto alla pandemia? E quali le evoluzioni future?
Infine, io credo, occorra guardare un po’ “oltre” le manifestazioni no-vax e no-pass di questi giorni, al netto delle strumentalizzazioni ed infiltrazioni e violenze comunque esecrabili laddove si sono verificate.
Innanzitutto occorre prendere atto che, per vari motivi, un’area seppur minoritaria di rifiuto al vaccino è presente tra i lavoratori. Sarà una minoranza con la quale possiamo dissentire, ma esiste e non va ignorata, soprattutto a fronte di discriminazioni e ricatti. Diversamente si rischia il permanere di una ulteriore frattura nel mondo del lavoro già di per sé molto frantumato.
Come non si può ignorare, al di là delle percentuali, l’area di rifiuto al vaccino presente nel paese, con la quale possiamo dissentire ovviamente, ma ponendoci la domanda se con mezzi coercitivi si risolve il problema oppure se bisognerà capire come conviverci…..ed è solo una domanda…. per ora. Perché non trovare un luogo in cui parlarne?
Giuseppe Capella