Ognuno di noi dovrebbe usare la bussola del metodo scientifico nella propria vita, non solo in un laboratorio. Inauguriamo con questo articolo la rubrica “Arsenico e vecchie provette” (la scienza di @zia_mi)
“Non possiamo definire nulla con assoluta precisione. Se proviamo a farlo ci coglie quella paralisi del pensiero che è tipica dei filosofi: uno dice all’altro “non sai di cosa stai parlando” e l’altro risponde “che cosa intendi per parlare? che cosa intendi per pensare? che cosa intendi per cosa?” Richard Feynman
Quando ero bambina ho trovato in garage una scatola del piccolo chimico appartenuta a non so quale dei miei fratelli più grandi. La scatola era lì abbandonata tra le cose che non si usavano più, non so di preciso per quale motivo ne fui attratta, ma fatto sta che avevo deciso di utilizzare quegli elementi chimici per trovare la pozione che mi avrebbe dato l’invisibilità.
Passavo i miei pomeriggi in garage a mescolare a freddo polverine di diversi colori e consistenze.
Ovviamente non riuscii nel mio intento, certo mi mancavano le basi della chimica, ma soprattutto non conoscevo il metodo scientifico che mi avrebbe potuto portare al risultato, così come mi avrebbe potuto fare capire invece cosa c’era di fallace nelle mie formulazioni.
Il mio mescolare a caso elementi chimici non era il metodo giusto per ottenere il risultato voluto, ma era comunque un metodo, in fondo non è così che si è evoluta la vita sulla Terra, con una serie di combinazioni casuali che alla fine hanno portato a quelle più efficaci da risultare vincenti?
Certo se da bambina avessi letto qualche libro di chimica forse avrei saputo che potevo mescolare per molto tempo polveri inerti a temperatura ambiente non ottenendo nulla, però in quel mio gioco c’era un elemento fondamentale del metodo scientifico: la fantasia, l’idea.
Tutto parte da lì, da una ipotesi, o come diceva Feynman dal “tirare ad indovinare”.
Senza una scintilla, senza un’intuizione il motore non si avvia. La scintilla è essenziale, ma non basta, bisogna valutare, calcolare le conseguenze di quell’intuizione, ed infine confrontare tutto con l’esperienza, con i dati che derivano dall’osservare il fenomeno che abbiamo voluto spiegare o studiare.
Ogni singolo passaggio del metodo scientifico è uno scalino di una scala che può portare a salire o a scendere, dando in questo modo una connotazione positiva al primo caso e negativa al secondo.
Partiamo quindi dalla mia esperienza nel garage per cercare di spiegare come avrebbe potuto evolversi utilizzando il metodo scientifico.
La prima fase ovvero quella dell’osservazione di un fenomeno era avvenuta fuori da quel garage: noi tutti siamo visibili, percepibili ad ogni occhio umano in grado di vedere.
La seconda fase è quella della formulazione di un’ipotesi, di una spiegazione del fenomeno, in questo caso la chiameremo “visibilità”. Io avevo ipotizzato la mancanza di alcune sostanze nel mio corpo che lo rendessero trasparente.
Certo la spiegazione era decisamente molto naïf, non dimentichiamoci che ero pur sempre una bambina, dotata di molta fantasia, ma sempre una bambina.
Nella terza fase avrei dovuto compiere degli esperimenti per validare o confutare la mia ipotesi.
Fortunatamente i miei esperimenti non furono eseguiti né in modo rigoroso, né in modo superficiale, ma mi limitai a mescolare in una provetta delle polveri di diverso colore e a prendere atto che quella miscela non era il caso di ingoiarla.
In realtà in questa fase io attingevo a qualcosa che non aveva niente a che fare con il metodo scientifico, nella mia mente bambina quello che facevo, mescolare, sarebbe bastato a creare magicamente qualcosa che non c’era e che per una sorta di miracolo si sarebbe generato.
In fondo auspicavo l’intervento di un qualcosa che andasse oltre le mie capacità e il mio pensiero e che risolvesse la questione.
Probabilmente il pensiero magico quella volta mi ha salvata, non so cosa sarebbe successo se io avessi ingerito quella miscela, forse non avrei potuto crescere e scoprire che c’era un altra via per scoprire e inventare le cose.
Tornando però al nostro metodo scientifico, la fase della trasformazione in esperimento è molto delicata, bisogna centrare l’esperimento, raccogliere i dati e poi analizzarli.
Questa fase è soggetta in modo particolare al fattore umano-osservatore.
Sì, è vero, un esperimento che fornisce dati non dà scampo, ma come abbiamo visto negli ultimi anni in cui la scienza è stata messa sotto osservazione da tutti, basta veramente un niente per interpretare e influenzare un’analisi sperimentale.
In verità il metodo sperimentale è garanzia di obiettività, ma la scienza è fatta dagli esseri umani e la manipolazione, che non fa parte del metodo scientifico, si è infiltrata nell’esecuzione degli esperimenti o nella loro analisi.
In questi ultimi anni abbiamo visto come credenze abbiano cercato di inficiare i risultati sperimentali e per confutare una teoria per alcuni non è stato più necessario produrre dati a sostegno di (contro) tesi, ma è bastato il principio di autorità, o di sapere nascosto, elitario fortunatamente divulgato da illuminati.
La fase sperimentale è fondamentale, senza questa ci limiteremo al credere, ad avere fede in un’ipotesi piuttosto che in un’altra.
Alla fine dell’esperimento mettiamo a confronto la nostra ipotesi iniziale con i dati ottenuti e verifichiamo se funziona.
Se ipotesi e dati sperimentali non coincidono la prima è sbagliata.
Per quanto affascinante e ben espressa fosse l’ipotesi, per quanto fosse autorevole chi l’ha formulata, per quanto ci piaccia, nel senso che risponde ad una domanda che ci sta a cuore, se non c’è concordanza con i dati sperimentali è sbagliata. Non sta in piedi nella realtà.
Possiamo urlare quanto vogliamo, ma quell’ipotesi è sbagliata e non è perché il nostro tono di voce sia alto o perché siamo in molti a pensarla vera che quella lo diventi.
Adesso saremmo portati a pensare che viceversa se ipotesi ed esperimento coincidono allora l’ipotesi sia giusta. In scienza in verità questa non è una affermazione corretta, in realtà quello che avremmo ottenuto è che non abbiamo potuto dimostrare che quell’ipotesi sia sbagliata.
L’ipotesi rimane valida fino a quando non ci saranno esperimenti con strumenti nuovi o un maggior numero di dati sperimentali che la confuteranno.
Questa è la grande differenza tra scienza e fede.
La scienza non è verità, ma ricerca di verità attraverso il metodo scientifico e nel momento in cui cambia opinione non è perché prima mentiva, ma semplicemente perché ha appreso di più rispetto a quel fenomeno ed è quindi in grado di riformulare l’ipotesi.
Il metodo scientifico è rigoroso e garanzia, ma non dimentichiamoci che anche la scienza è fatta da esseri umani che possono essere osservatori non sempre imparziali, perché per esempio portatori di interessi personali o di gruppi economici.
Insomma il metodo non è corruttibile, ma gli esseri umani sì.
@zia_mi