Ricerca di comprensione. La Comunità ebraica di Ivrea scrive al Pd

Riceviamo dal segretario del Circolo eporediese del PD, Francesco Giglio, la lettera che hanno ricevuto dal delegato di Ivrea della Comunità ebraica di Torino, Guido Rietti, e la loro risposta.

Da un lato emerge la ricerca di comprensione per la loro impossibilità a prendere una posizione critica verso lo Stato di Israele, dall’altro l’impossibilità a comprendere come si possa non esprimersi, non prendere le distanze dai crimini dello Stato di Israele contro la popolazione civile, inerme, palestinese (l’83% delle persone uccise a Gaza sono vittime civili secondo un database classificato dell’intelligence militare israeliana, come è emerso un’inchiesta del The Guardian).

Non è la prima volta che la comunità ebraica eporediese, per voce del suo delegato Guido Rietti, affida alla scrittura critiche e pensieri, in precedenza rivolte ai pacifisti che manifestano settimanalmente in piazza a Ivrea, in ultimo al Circolo di Ivrea del Partito Democratico.

Nella sua lettera al PD, il delegato della Comunità ebraica di Ivrea prova a spiegare la loro difficoltà ad esprimersi, a spiegare la loro posizione, cosa richiesta a più voci per avviare un confronto. Rietti informa che “Le Comunità ebraiche propriamente dette non hanno la delega a prendere posizioni politiche, né la missione di entrare in dibattiti pubblici o privati – ma aggiunge che “naturalmente gli ebrei, sia a titolo personale, sia entro associazioni, sia attraverso le molte pubblicazioni a stampa o online che producono, possono esprimersi liberamente e spesso lo fanno anche in pubblico“.  – aggiunge però  che “naturalmente la vicinanza con Israele inteso come unico Stato nazionale degli Ebrei è uno dei loro valori essenziali.
Riconosce, Rietti, che a “Ivrea gli ebrei sono ormai pochi e non inclini ad  esporsi. Come altrove, possiamo sembrare distaccati o insensibili. Ma di fronte all’orribile tragedia della guerra a Gaza, con le distruzioni e le sofferenze della popolazione civile; di fronte all’angoscia per gli ostaggi e per i tanti militari sacrificati; con l’immagine internazionale del paese devastata; e con la sensazione crescente di un maggiore isolamento, può credere che siamo angosciati anche noi, e con più motivi degli altri.

Il segretario Giglio, a nome del Circolo di Ivrea del PD, esordisce dicendo che condividono lo spirito che anima la lettera “nella ricerca di una soluzione di pace“, e che comprendono molto bene “le difficoltà che deriverebbero dal prendere posizione in una situazione così difficile.”  Però – continua il Segretario del Pd – Non possiamo restare indifferenti quando sentiamo i ministri israeliani parlare di ‘deportazione’ degli abitanti della striscia di Gaza, e forse di tutti i palestinesi, in Sudan o in Libia. Non possiamo restare indifferenti quando vediamo l’esercito israeliano attaccare e uccidere i bambini in coda per la distribuzione di cibo, i volontari attivi nelle ONG, i fedeli nelle chiese cattoliche, gli oramai pochi giornalisti presenti nella striscia. Non possiamo restare indifferenti quando sentiamo ministri del governo israeliano indicare l’insediamento di colonie in Cisgiordania come il metodo perfetto per far naufragare definitivamente l’idea dello stato di Palestina.”  Il Pd cittadino non può accettare il silenzio e si chiede “Di quale delega si deve avere bisogno per dire che si è contrari alla violenza sistematica condotta da uno stato nei confronti di civili inermi, di volontari, di religiosi che si adoperano per cercare di garantire un minimo di benessere ai civili? Di quale delega si deve avere bisogno per dire che la ricerca della pace è il valore più importante, e che non ci si arriverà mai senza il riconoscimento dello stato della Palestina? Molti cittadini e movimenti israeliani lo sostengono da tempo, e noi ci chiediamo: perché non potete farlo anche voi?
E continua Giglio: “Noi pensiamo che, delega o non delega, sia importantissimo che le comunità ebraiche si esprimano condannando le azioni del governo Netanyahu, prendendone le distanze, e promuovendo fra le comunità ebraiche del mondo un movimento che sostenga le ragioni della pace e sia di supporto ai movimenti presenti in Israele che contrastano l’azione del governo. Vi appoggeremmo con tutto il nostro impegno se da parte delle vostre comunità venissero poste in atto azioni volte a promuovere il riconoscimento dello stato della Palestina, a portare aiuti agli abitanti della striscia, a contrastare l’insediamento di nuove colonie in Cisgiordania.

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Non possiamo non osservare, amaramente, che le posizioni sono ancora distanti. L’affermazione di Rietti che lo Stato di Israele sia uno dei loro “valori essenziali“, la sua preoccupazione per “l’immagine internazionale del paese devastata” non aggiungendo “per nostra unica responsabilità fin dalla nascita dello Stato”, fa capire l’abisso fra le posizioni. La Storia ci racconta come è nato quello Stato: cacciando con la forza i palestinesi dalla loro terra. Il problema non è quindi solo il governo Netanyahu e l’estrema destra che lo appoggia, facili da accusare oggi da ogni parte, infatti i governi precedenti sono stati altrettanto feroci contro i palestinesi, costringendoli a una vita da prigionieri, da reietti nelle loro terre. Ci ricorda lo scrittore ebreo statunitense che vive da anni a Gerusalemme, Nathan Thrall: “Ci diciamo spesso che il problema è Netanyahu e la sua coalizione di estremisti e che senza di loro le cose andrebbero meglio, dimenticando che il presidente Herzog, ex leader dei laburisti, ha definito le colonie ‘un’impresa gloriosa e vitale’ e che il precedente governo centrista Lapid-Bennet le cui politiche nei confronti dei palestinesi non erano diverse (hanno costruito persino più insediamenti dei predecessori.)” E Thrall infine ci presenta una drammatica verità in relazione alla mancanza di empatia verso i palestinesi (i sondaggi mostrano che il 79% degli ebrei israeliani non è disturbato dalla fame a Gaza): “per decenni gli israeliani hanno soggiogato e disumanizzato i palestinesi. Si sono abituati a trattarli come esseri inferiori e a imporre le loro condizioni inaccettabili. È una caratteristica comune, in un popolo che commette crimini contro l’umanità, percepirsi come le vittime che stanno solo cercando di difendersi da minacce esterne.” (intervista del 21/8/2025 dell’inviato a Gerusalemme di La Repubblica Fabio Tonacci)

La lettera della sezione di Ivrea della Comunità ebraica di Torino al Partito Democratico di Ivrea

Buongiorno Francesco Giglio,

so che è al corrente dell’episodio recente dello striscione provocatorio al cancello del cimitero ebraico di Ivrea. Il fatto accaduto non è stato da me reso pubblico, per consentire al Comune e all’ANPI di svolgere le doverose verifiche. Ho comunque informato vari interlocutori in Comune dei fatti e delle mie aspettative, ricevendo una prima risposta, ma personale, dal presidente del Consiglio L. Spitale.

In questo periodo la situazione in Medio Oriente ha avuto sviluppi della massima risonanza mediatica ed emotiva, che hanno portato il Comune di Ivrea e la Politica tutta ad ampliare la pressione contro Israele. Questi soggetti hanno chiarito – è vero – che gli addebiti sono rivolti al governo Netanyahu, e non alla popolazione israeliana né tanto meno al popolo Ebraico in quanto tale; ma di fatto senza opporsi a una narrativa negativa che si estende al mondo ebraico.

Succede spesso che agli Ebrei italiani venga chiesto di spiegare la loro posizione in proposito, nell’ipotesi che il loro parere possa rinforzare il biasimo quasi universale che le azioni di Israele ricevono. E’ una questione non semplice e dolorosa.

Le Comunità ebraiche propriamente dette non hanno la delega a prendere posizioni politiche, né la missione di entrare in dibattiti pubblici o privati, anche se naturalmente la vicinanza con Israele inteso come unico Stato nazionale degli Ebrei è uno dei loro valori essenziali. Non è quindi alle Comunità in quanto tali – noi siamo una sezione di quella di Torino – che va chiesto di partecipare a dibattiti aperti. Naturalmente gli ebrei, sia a titolo personale, sia entro associazioni, sia attraverso le molte pubblicazioni a stampa o online che producono, possono esprimersi liberamente e spesso lo fanno anche in pubblico. L’anziana superstite Liliana Segre è in questo esemplare, con tutto il carico che ciò le comporta.

A Ivrea gli ebrei sono ormai pochi e non inclini ad  esporsi. Come altrove, possiamo sembrare distaccati o insensibili. Ma di fronte all’orribile tragedia della guerra a Gaza, con le distruzioni e le sofferenze della popolazione civile; di fronte all’angoscia per gli ostaggi e per i tanti militari sacrificati; con l’immagine internazionale del paese devastata; e con la sensazione crescente di un maggiore isolamento, può credere che siamo angosciati anche noi, e con più motivi degli altri.

Per questo, le Comunità ebraiche, in modi adeguati alla loro missione, hanno aderito a iniziative con culture e religioni diverse, che chiedono anche in Medio Oriente il rispetto dell’universale desiderio di pace e unità. Anche la Comunità ebraica di Torino si è espressa, insieme a rappresentanti laici e religiosi mussulmani e cattolici, nell’ambito di un lungamente perseguito dialogo interreligioso. L’impegno comune è esposto nel comunicato del Tavolo della Speranza, allegato, che coglie anche lo stimolo iniziato a Bologna nella dichiarazione del presidente De Paz con il card. Zuppi.

Le trasmetto questo documento, confidando che il PD rappresenti un veicolo adatto a far conoscere almeno agli aderenti l’impegno e le posizioni dell’ebraismo torinese.

Un cordiale saluto,

Guido Rietti
Comunità ebraica di Torino – Delegato sezione di Ivrea

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La risposta di Francesco Giglio, segretario del Pd di Ivrea

Caro Guido

La ringrazio per la sua lettera, e per l’attenzione che dimostra nei confronti della comunità che ruota intorno al nostro partito.

Condividiamo in pieno lo spirito che vi anima nella ricerca di una soluzione di pace, e comprendiamo molto bene le difficoltà che deriverebbero dal prendere posizione in una situazione così difficile.

Però non possiamo restare indifferenti rispetto alla tragedia in corso a Gaza e in Cisgiordania, dalla quale riceviamo continuamente notizie allarmanti e tragiche dalla città di Beit Ummar, che sentiamo molto vicina a noi in ragione del gemellaggio che la unisce ad Ivrea.

Non possiamo restare indifferenti quando sentiamo i ministri israeliani parlare di “deportazione” degli abitanti della striscia di Gaza, e forse di tutti i palestinesi, in Sudan o in Libia.

Non possiamo restare indifferenti quando vediamo l’esercito israeliano attaccare e uccidere i bambini in coda per la distribuzione di cibo, i volontari attivi nelle ONG, i fedeli nelle chiese cattoliche, gli oramai pochi giornalisti presenti nella striscia.

Non possiamo restare indifferenti quando sentiamo ministri del governo israeliano indicare l’insediamento di colonie in Cisgiordania come il metodo perfetto per far naufragare definitivamente l’idea dello stato di Palestina.

Per queste ragioni restiamo sorpresi di fronte ad affermazioni quali: “Le Comunità ebraiche propriamente dette non hanno la delega a prendere posizioni politiche, né la missione di entrare in dibattiti pubblici o privati, anche se naturalmente la vicinanza con Israele inteso come unico Stato nazionale degli Ebrei è uno dei loro valori essenziali.”

Di quale delega si deve avere bisogno per dire che si è contrari alla violenza sistematica condotta da uno stato nei confronti di civili inermi, di volontari, di religiosi che si adoperano per cercare di garantire un minimo di benessere ai civili?

Di quale delega si deve avere bisogno per dire che la ricerca della pace è il valore più importante, e che non ci si arriverà mai senza il riconoscimento dello stato della Palestina? Molti cittadini e movimenti israeliani lo sostengono da tempo, e noi ci chiediamo: perché non potete farlo anche voi?

Noi pensiamo che, delega o non delega, sia importantissimo che le comunità ebraiche si esprimano condannando le azioni del governo Netanyahu, prendendone le distanze, e promuovendo fra le comunità ebraiche del mondo un movimento che sostenga le ragioni della pace e sia di supporto ai movimenti presenti in Israele che contrastano l’azione del governo.

Vi appoggeremmo con tutto il nostro impegno se da parte delle vostre comunità venissero poste in atto azioni volte a promuovere il riconoscimento dello stato della Palestina, a portare aiuti agli abitanti della striscia, a contrastare l’insediamento di nuove colonie in Cisgiordania.

Concludo dicendo che tutto quanto scritto sopra naturalmente non ci fa ignorare l’orrore del 7 ottobre, delle azioni terroristiche di Hamas, e del dramma degli ostaggi ancora imprigionati. Rispetto a questi fatti il nostro appoggio è incondizionato.

La saluto cordialmente, e le assicuro la nostra vicinanza e il nostro totale supporto per quanto riuscirete a fare per interrompere questa terribile spirale di violenza.
Francesco Giglio

a cura di Cadigia Perini