Dalla rubrica CONTRONATURA di Diego Marra alcune considerazioni sull’uso sconsiderato delle recinzioni e della “proprietà privata”
In giro per il territorio comunale al fine di valutare le ricadute ambientali del nuovo redigendo piano regolatore, mi imbatto in un piccolo, ma non insignificante, scempio paesaggistico e naturalistico. Salendo le pendici del Monte Nero trovo il bosco sbarrato da un’orribile rete elettrosaldata che taglia praticamente a metà il colle roccioso dalla base alla sommità. Seguo la recinzione e scopro un varco apertosi per lo sgretolamento della roccia fratturata, oppure spalancato da qualcuno insofferente al sopruso e desideroso di raggiungere la cima. Arrivo sulla vetta e osservo il brutto manufatto nella sua estensione, poi scendo e verifico che la rete continua lungo la strada fino a congiungersi con la recinzione che prosegue fino al cancello che sbarra una strada privata pertinenziale di un casolare posto a nord dell’emergenza rocciosa. Immagino, dunque, che la squallida opera sia stata realizzata dai proprietari dell’abitazione per recintare la loro proprietà privata. Evito considerazioni di malinteso marxismo sulla proprietà privata, anch’io posseggo una casa e un bosco che, però, non ho recintato poiché ritengo sia diritto di tutti transitare senza barriere nell’ambiente naturale. Escluderei che l’orrendo reticolato sia stato impiantato per proteggersi dai cinghiali, sarebbe stato più semplice e meno dispendioso realizzarlo in prossimità dell’edificato e se la giustificazione fosse questa sarebbe, quantomeno, capziosa oppure per scoraggiare eventuali ladruncoli dall’intrusione, ma non sarebbe difficile svellere la rete per un malintenzionato; non mi sovvengono altri motivi oggettivi per l’obbrobrio se non un malinteso senso della proprietà: il bosco è mio e non voglio che alcun estraneo possa fruirne! I “simpatici” proprietari non hanno, però, tenuto conto delle normative vigenti. L’area è all’interno della ZSC “Laghi d’Ivrea”, nonché prossimo parco provinciale, e come tale qualsiasi intervento intrusivo potenzialmente dannoso per habitat e specie deve sottostare al procedimento di valutazione d’incidenza; non solo, penso che dovrebbe essere sottoposto anche alla valutazione paesaggistica da parte della commissione comunale preposta: non mi risulta che tali atti siano stati esperiti, mi premuro di verificare. Ma siamo in Italia e il privato pare possa fare ciò che vuole anche in ambiente naturale che ritiene di sua proprietà e indisponibile per i cittadini. È vero che le contrade sono frequentate da molti maleducati inquinatori, ma ciò non giustifica la frammentazione del territorio erigendo barriere. Pare che la nostra società malata di egocentrismo consideri legittima la protervia proprietaria. Del resto non è il primo caso nel nostro comune. Ricordate com’era bella la collina dei Tre Re, sopra il santuario del Monte Stella, devastata anni fa da un’altra bruttissima recinzione? Sempre nella stessa zona, dove prima c’era un bosco attraversato da un sentiero che conduceva dalla strada del “Saudino” al santuario, è sorto un complesso abitativo la cui recinzione ha completamente ostruito il passaggio e parzialmente devastato il bosco di roverelle e bagolari. Da quando non esiste più l’Olivetti, che apriva le sue porte alla popolazione eporediese, anche la collina di Montenavale è diventata impraticabile. Non sono esenti da recinzioni anche coloro che dovrebbero condividere con il prossimo le loro proprietà, o forse non dovrebbero nemmeno possedere proprietà se seguissero gli insegnamenti del loro referente divino. Mi riferisco ai salesiani che hanno completamente rinchiuso la loro collina che un tempo (altro secolo!) era meta di passeggiate per famiglie: ricordo quando nonni e genitori mi ci portavano. Se proseguirà tale tendenza e nessuno si opporrà ci troveremo, forse, a non poter più frequentare alcuna delle belle colline che punteggiano e caratterizzano il nostro territorio. La proprietà privata prima di tutto! Allora mi domando: privato è bello?
Diego Marra