Parte da Sant’Anna di Stazzema la proposta di un progetto di legge di iniziativa popolare “contro la propaganda e diffusione di messaggi inneggianti a fascismo e nazismo e la vendita e produzione di oggetti con simboli fascisti e nazisti”
L’eccidio di Sant’Anna di Stazzema
A Sant’Anna di Stazzema la mattina del 12 agosto 1944 si consumò uno dei più atroci crimini commessi ai danni delle popolazioni civili nel secondo dopoguerra in Italia. La furia omicida dei nazi-fascisti si abbattè su tutto e su tutti. Nel giro di poche ore, nei borghi del piccolo paese, centinaia e centinaia di corpi rimasero a terra senza vita, trucidati, bruciati, straziati.
Quel mattino di agosto a Sant’Anna trovarono la morte nonni, madri, figli e i nipoti. Uccisero chi era nato lì e uccisero gli sfollati, saliti in cerca di un rifugio dalla guerra. Uccisero Anna, l’ultima nata nel paese di appena 20 giorni, uccisero Evelina, che quel mattino aveva le doglie del parto, uccisero Genny, la giovane madre che, prima di morire, per difendere il suo piccolo Mario, scagliò il suo zoccolo in faccia al nazista che stava per spararle, uccisero il prete Innocenzo, che implorava i soldati nazisti perché risparmiassero la sua gente, uccisero gli otto fratellini Tucci, con la loro mamma. Ne uccisero 560, senza pietà in preda ad una cieca furia omicida. Indifesi, senza responsabilità, senza colpe. E poi il fuoco distrusse i corpi, le case, le stalle, gli animali, le masserizie.
La Versilia in quel periodo costituiva il fronte occidentale della Linea Gotica. La popolazione civile, secondo le disposizioni tedesche fatte proprie dai gerarchi fascisti provinciali, avrebbe dovuto evacuare l’intera area per spostarsi a Sala Baganza, un comune al di là dall’Appennino, in provincia di Parma. L’ordine impartito era assurdo e impraticabile essendo impossibile trasferire, senza mezzi di trasporto, una così consistente massa di persone, d’animali e di vettovagliamento. In ogni caso, per la popolazione civile era necessario sottrarsi ai rischi della battaglia e sfollare in zone apparentemente più sicure. Fu così che anche il piccolo e nascosto paese di Sant’Anna di Stazzema, raggiungibile solo attraverso mulattiere, dette accoglienza a diverse centinaia di rifugiati. C’era il problema di trovare un tetto dove rifugiarsi, ma soprattutto c’era il problema di trovare di che sfamarsi, ma c’era lo stesso la speranza di essere al sicuro dalla furia della guerra.
All’alba del 30 luglio 1944 si era verificata una battaglia tra i partigiani della X bis brigata Garibaldi, attestati sul monte Ornato, e le truppe tedesche, terminata con la ritirata dei nazisti e l’attestazione dei partigiani in una zona più interna, in direzione di Lucca. Il 5 agosto i tedeschi ordinarono lo sfollamento del piccolo paese di Sant’Anna di Stazzema. L’ordine venne annullato pochi giorni dopo, dietro l’assicurazione che nel paese non stazionavano partigiani. Così la vita degli abitanti di Sant’ Anna e degli sfollati riprese il suo ritmo normale. Nulla lasciava presagire lo scatenarsi della furia nazista. All’alba del 12 agosto reparti di SS, in tutto alcune centinaia in assetto di guerra, salirono a Sant’Anna; verso le sette il paese era ormai circondato. Gli abitanti non pensavano ad una strage, ma piuttosto ad una normale operazione di rastrellamento. Molti uomini infatti fuggirono, nascondendosi nei boschi. Troppo tardi si accorsero delle reali intenzioni dei nazisti.
Racconta lo scrittore Manlio Cancogni: “I tedeschi, a Sant’Anna, condussero più di 140 esseri umani, strappati a viva forza dalle case, sulla piazza della chiesa. Li avevano presi quasi dai loro letti; erano mezzi vestiti, avevano le membra ancora intorpidite dal sonno; tutti pensavano che sarebbero stati allontanati da quei luoghi verso altri (…) Li ammassarono prima contro la facciata della chiesa, poi li spinsero nel mezzo della piazza (…) e quando puntarono le canne dei mitragliatori contro quei corpi li avevano tanto vicini che potevano leggere negli occhi esterrefatti delle vittime che cadevano sotto i colpi senza avere tempo nemmeno di gridare. (…) Ammassarono sul mucchio dei corpi ancora tiepidi e forse ancora viventi le panche della chiesa devastata, i materassi presi dalle case, e appiccarono loro fuoco. spingendo nel braciere altri uomini e donne esanimi dal terrore erano condotti sul luogo, e che non offrivano alcuna resistenza. (…) Nelle case gli abitanti erano spinti negli anditi, nelle stanze a pianterreno, era dato fuoco alla casa e le mura, i mobili, i cadaveri, i corpi vivi, le bestie nelle stalle, bruciavano in un’unica fiamma (…) Fracassarono il capo dei bambini con il calcio della pistol-machine e infilato loro nel ventre un bastone, li appiccicavano ai muri delle case. Sette ne presero e li misero nel forno preparato quella mattina per il pane e ivi li lasciarono cuocere a fuoco lento. E non avevano ancora finito. A mezzogiorno tutte le case del paese erano incendiate; i suoi abitanti fissi e gli sfollati erano stati tutti trucidati. Le vittime superano di gran lunga i cinquecento, ma il numero esatto non si potrà mai sapere…”
La proposta di legge
Il 19 ottobre 2020 il Sindaco di Sant’Anna di Stazzema, Maurizio Verona ha depositato in Cassazione la proposta di un progetto di legge di iniziativa popolare denominato “Norme contro la propaganda e la diffusione di messaggi inneggianti a fascismo e nazismo e la vendita e produzione di oggetti con simboli fascisti e nazisti“.
La proposta riempie un vuoto normativo che garantisce l’impunità alle forme di propaganda nazifascista che avvengano anche mediante strumenti informatici. Per le strade, negli stadi, sui muri, è sempre più frequente imbattersi in linguaggi, toni, svastiche, simboli neofascisti e neonazisti. Di fronte a un tale scempio è necessaria una normativa che non lasci spazio di tolleranza. Nella scorsa legislatura solo un ramo del Parlamento aveva approvato una proposta di legge che sanzionava coloro che propagandavano le immagini o i contenuti propri del partito fascista o del partito nazionalsocialista tedesco. La proposta riprende quelle finalità e aggiunge alcune ulteriori aggravanti, con lo spirito di ripartire da una iniziativa popolare dal basso in difesa dei valori fondanti della Costituzione.
Sono necessarie almeno 50.000 firme per portare la proposta in Parlamento. E’ possibile firmare in ogni Comune italiano (a Ivrea presso l’Ufficio Relazioni con il Pubblico, nei locali dell’Anagrafe, muniti di un documento di identità valido, dal lunedì al venerdì dalle 8,30 alle 12,30 e il giovedì dalle 14 alle 16). Nel caso il proprio Comune di residenza non fosse attrezzato per la raccolta firme cittadine e cittadini possono segnalarlo inviando una mail a info@anagrafeantifascista, in modo tale da far pervenire la modulistica entro 7/8 giorni.
Simonetta Valenti