Per non dimenticare. E, finalmente, ricordare

Il progetto http://campifascisti.it dell’Associazione Topografia per la storia in occasione della ricorrenza dell’ottantesimo anniversario dell’entrata in funzione del campo di concentramento italiano di Arbe.

Iniziato nel 2012 grazie al bando europeo “European Remembrance”, il progetto ha lo scopo di fornire una mappatura documentata dei luoghi di internamento e detenzione istituiti durante il ventennio fascista e la Seconda guerra mondiale.
Ad oggi sul sito sono mappati 1142 diversi luoghi suddivisi in 15 diverse tipologie: dai campi di concentramento alle carceri passando per le località di internamento, gli istituti di rieducazione, eccetera.

Arbe (oggi Rab, in Croazia)

Il campo di concentramento per internati civili di Arbe, voluto e gestito dal Regio esercito italiano, in funzione dal luglio 1942 fino all’8 settembre 1943, è stato il peggior luogo di internamento italiano della Seconda guerra mondiale. In soli 15 mesi, si stima che nel campo siano morte per fame, freddo e malattie dovute alle insostenibili condizioni igieniche cui erano costrette, circa 1000-1400 persone, di cui 163 bambini e bambine al di sotto dei 15 anni, e 40 nati morti o a causa di complicazioni durante il parto. Bambini uomini donne giovani e anziani, quasi tutti sloveni e croati internati dagli italiani in quanto partigiani, parenti di partigiani, abitanti di villaggi accusati di dare sostegno ai partigiani, abitanti di villaggi distrutti e dati alle fiamme.
L’Italia e l’alleata Germania invasero la Jugoslavia nell’aprile del 1941. Dopo la rapida conquista, una parte del suo territorio fu annessa al nostro paese. Fu così, ad esempio, che la slovena Lubiana divenne un capoluogo di provincia italiano. Sorte simile toccò alla Dalmazia, al Montenegro e prima ancora all’Albania. La reazione dei popoli jugoslavi portò nel giro di poco tempo alla nascita del movimento partigiano. Proprio per contrastare i partigiani jugoslavi, l’esercito italiano decise di fare attorno a loro “terra bruciata”, deportando nei campi di concentramento i loro parenti e gli abitanti dei villaggi sospettati di sostenerli. Tra questi campi, appunto, il peggiore di tutti fu quello creato sull’isola di Arbe.

Cause di morte nei campi del Regio Esercito italiano

I campi di concentramento italiani della Seconda guerra mondiale non avevano forni crematori, non erano stati pensati per sterminare gli internati. Nei campi di concentramento del Regio esercito italiano si moriva per fame e malattie. Nei documenti ufficiali una delle principali cause di morte indicate è la “cachessia“. Sapete cos’è? Prima di iniziare il lavoro di documentazione sui campi e le carceri fasciste chi ha realizzato il progetto non aveva mai sentito questa parola. La cachessia è una sindrome da deperimento, una perdita di massa corporea che non può essere invertita con il nutrimento. Nel 1943 Gastone Gambara, comandante delle truppe da cui dipendeva il campo di Arbe, arrivò ad affermare: “Logico ed opportuno che campo di concentramento non significhi campo d’ingrassamento. Individuo malato = individuo che sta tranquillo”.
Nonostante il suo ruolo nel sistema repressivo fascista, poco ancora si conosce del campo di concentramento italiano di Arbe. Ad esempio, non esiste uno studio approfondito sulla storia del campo, e tantomeno un elenco o un database degli internati e dei deceduti. Anche per questo la storia di Arbe è quasi sconosciuta nel nostro paese. Ad esempio, gli studenti italiani, così (giustamente) numerosi nei viaggi della memoria diretti ai campi di concentramento tedeschi, molto raramente hanno l’opportunità di visitare il campo di Arbe. Quanti insegnanti di storia in occasione del Giorno della Memoria parlano ai loro alunni dei campi di concentramento italiani? E le istituzioni italiane? Dalla fine della Seconda guerra mondiale ad oggi nessuna autorità italiana si è mai recata in visita ufficiale al campo di concentramento di Arbe.

Il progetto vuole provare a smuovere le acque paludose nelle quali rischia di scomparire la storia del peggior campo di internamento fascista. Come? Attraverso:

  • una rigorosa ricerca storica negli archivi italiani, sloveni, croati
  • la creazione di un sito web dedicato alla storia del campo, in lingua italiana, inglese, slovena e croata
  • la creazione di un database con i nomi di tutte le persone internate, compresi i civili deceduti nel campo
  • un viaggio della memoria al campo di concentramento di Arbe

Il progetto sarà curato da Andrea Giuseppini di Topografia per la storia e da Eric Gobetti, storico free-lance, studioso di Seconda guerra mondiale e Jugoslavia nel Novecento.

a cura di Simonetta Valenti