Quand’è, Beppe, che ti ho visto per l’ ultima volta?
Col tuo vocione, e quel parlare lento, con gli occhi buoni, hai scherzato sulla mia barba.
Forse eravamo a Lace, non importa ormai, che cammini per altri sentieri.
Per me rimarrai il Beppe che incontrai cinquantaquattro anni fa, nell’aprile del 1970, quando arrivai alla Olivetti di Ivrea, anzi, alla ICO.
C’era un piccolo reparto nella vetrata laterale del salone 2000, non so quale fosse la tua attività.
Ma so che tu eri ”il sindacato”, per me al primo lavoro in una fabbrica vera, dopo il diploma.
Un mese dopo vide la luce lo Statuto dei Lavoratori, la legge 300, anche grazie alle lotte che avevi condotto tu. Che avevate condotto voi, per i quali la parola “Compagno, Compagna” hanno avuto per tutta la vita un significato profondo.
Parola senza eguali, che mi hai donato da persona senza eguali, che custodisco con cura.
Grazie.
Luciano
Per te la poesia di un Compagno.
Le piante, da quelle di seta fino alle più arruffate
gli animali, da quelli a pelo fino a quelli a scaglie
le case, dalle tende di crine fino al cemento armato
le macchine, dagli aeroplani al rasoio elettrico
e poi gli oceani e poi l‘ acqua nel bicchier
e poi le stelle
e poi il sonno delle montagne
e poi dappertutto mescolato a tutto l’ uomo
ossia il sudore della fronte
ossia la luce nei libri
ossia la verità e la menzogna
ossia l’ amico
e il nemico ossia la nostalgia la gioia il dolore
sono passato attraverso la folla
insieme alla folla che passa.
(Nazim Hikmet)