Sabato 6 maggio, alle ore 10, presso l’aula magna dell’ex Seminario minore di Ivrea, all’interno di un ciclo di conferenze promosse dalla Scuola Diocesana di Teologia di Ivrea, padre Federico Lombardi è stato invitato a parlare della comunicazione nella Chiesa
Padre Lombardi, per 26 anni direttore della Radio Vaticana e per dieci direttore della sala stampa della Santa Sede, è una vera autorità in materia di comunicazione, una di quelle “eminenze grigie” che suscitano tanta curiosità, ecco perché la sala era gremita non solo di appartenenti al clero, ma anche di molti laici.
A moderare l’incontro Don Piero Agrano, ex parroco del Sacro Cuore, che pone le due domande da cui partire: che cosa si può imparare dai diversi modi di comunicare dei tre Papi con cui ha lavorato e come le nuove tecnologie hanno cambiato la comunicazione della Chiesa, quali sono i limiti e le potenzialità.
Padre Lombardi sceglie di alzarsi in piedi, prende dunque la parola e fila dritto per un’ora abbondante, senza mai far calare l’attenzione: nonostante dica di non aver fatto studi specifici in merito, e di essere stato chiamato a occuparsi di comunicazione dai suoi superiori, si capisce immediatamente che ha imparato benissimo. La sua prima riflessione riguarda infatti proprio la perplessità nell’essersi trovato a ricoprire ruoli legati alla comunicazione, senza averlo chiesto, e racconta che, dopo averci meditato è arrivato alla conclusione che tutto il rapporto tra Dio e noi è in fondo una grande comunicazione, Dio fa uscire da sé delle creature come se fossero parole, entra in dialogo con noi attraverso la creazione, comunica se stesso all’umanità. Tutto è comunicazione, anche tra Dio e gli esseri umani.
Detto ciò, inizia ad entrare nel vivo delle due domande iniziali e racconta quali insegnamenti ha tratto dai differenti modi di comunicare dei tre Papi per cui ha lavorato. Da Giovanni Paolo II ha appreso la coerenza e il coraggio di essere se stesso senza volersi nascondere, anche durante la malattia. Non si lasciava condizionare, dice, tanto da farsi riprendere mentre dialoga col suo attentatore, creando un’immagine icona del perdono. Racconta che Papa Wojtyla durante una meditazione nella Cappella Sistina pensò che Dio fosse stato il primo vedente e nella famosa lettera agli ebrei scrisse che “tutte le cose sono nude e aperte davanti ai suoi occhi”, ecco perché, afferma Padre Lombardi, lui non aveva paura di essere visto dagli uomini. Si faceva volentieri riprendere, gli piaceva la televisione che mette in contatto persone lontane, era entusiasta dei nuovi media, sapeva degli aspetti negativi, ma voleva vedere prima quelli positivi, e diceva che è compito dei comunicatori rafforzare le positività, rispetto alle negatività. Era un uomo che sapeva guardare lontano con ottimismo e coraggio.
Da Papa Benedetto XVI, che si capisce subito essere il suo prediletto, ha appreso la cura per dire le cose chiaramente con ordine e precisione del linguaggio. E poi l’umiltà, la trasparenza e l’amore per la verità, altro insegnamento vissuto durante le vicende sugli scandali per gli abusi sessuali. Sottolinea come per lui la verità venisse prima dell’immagine, perché una buona immagine deve corrispondere ad una buona realtà, altrimenti non ha valore. Nel mondo di oggi è tutt’altro che così, ma Padre Lombardi racconta gli insegnamenti che ha tratto dal modo di comunicare dei Papi che ha servito, non si riferisce alla comunicazione nel mondo in generale. Qualche parola sulla rinuncia di Papa Ratzinger è quasi d’obbligo: si limita a dire che non c’erano trame nascoste, solo ciò che l’ex pontefice comunicò, cioè il suo non sentirsi più le forze per proseguire nel cammino.
Non mancano gli aneddoti, perché in fondo il discorso ruota intorno all’esperienza personale di Padre Lombardi e qualche ciliegina sulla torta non guasta, ma sono veramente misurati e servono giusto per tenere alto il tono della platea. L’equilibrio tra denso e leggero è perfetto.
Infine si arriva a Papa Francesco e subito si percepisce il disagio nell’affrontare chi, di fatto, lo ha lasciato da parte (nonostante appartengano allo stesso ordine). Però è solo un attimo, Padre Lombardi dice che il dono di Francesco è quello di saper eliminare le distanze tra lui e chi riceve, la sua comunicazione spontanea, fatta anche di corporeità (gli abbracci e i gesti come manifestazione dell’attenzione e dell’amore), la capacità di ascoltare le persone e di trovare un modo per usare un linguaggio comune. E soprattutto evitare di dare spazio ai divieti, a- una Chiesa che dice sempre no, ma far capire che Dio vuole la nostra salvezza. Il suo modo di esprimersi è molto evangelico, simile a quello di Gesù. Ultimamente Papa Francesco ha deciso di partecipare addirittura a- una TED conference, oltre che twittare, telefonare, scrivere e ricevere, e non si capisce se per Padre Lombardi tutto ciò sia davvero un merito, lo dice con una punta di rassegnazione, una malcelata superiorità, almeno per chi è in sala con occhi laici. Questo Papa sfugge di mano, è diretto, ha capito che bisogna riconquistare dal basso e lo fa con una immediatezza sconcertante, ma questo Padre Lombardi non lo dice. Si limita a sottolineare la semplice spontaneità e il paragone con le parabole di Gesù.
Ed ecco che si arriva ai punti cardine della comunicazione della Chiesa oggi, che sarebbero quattro per Padre Lombardi: l’unità, comunicare per unire e non per dividere, per la comprensione e non per l’odio; la verità, cercare di non dare false informazioni (troppe ne circolano in rete, dice); il bene, comunicare le cose positive e non dare troppo risalto al male, perché l’amore è più forte del male; il bello, l’arte e la bellezza che elevano lo spirito.
E via alle domande del pubblico, che sono molte e non per tutte c’è tempo. Chi chiede maggior attenzione alla tecnica di comunicazione, soprattutto per ciò che concerne i video inseriti nei palinsesti televisivi, per evitare distorsioni e manipolazioni, chi specifica che le bufale non sono prerogativa della rete, ma ci sono sempre state, il potere di controllo delle informazioni non è cosa recente E c’è chi chiede quale sia il rapporto con la dittatura, nel caso dei due Papi che hanno vissuto in una dittatura (Papa Ratzinger e Francesco), ma la risposta è alquanto evasiva e fa riferimento solo all’ultimo viaggio di Francesco in Egitto. Sui temi caldi, come accade sovente, si passa oltre, utilizzando il criterio numero tre, cioè soffermarsi sul bene.
Alle 12 passate da poco, come da tabella di marcia, ci si congeda.
Un incontro interessante che ha messo in evidenza solo il lato ideale della comunicazione, quella scritta sui libri e che, però, raramente si può applicare veramente, nella realtà, almeno non in quella laica, fatta perlopiù di marketing e di immagini che poco hanno a che fare con gli oggetti e le persone del mondo. Un mondo in cui il virtuale sta vincendo sul reale, a volte perché il reale che abbiamo di fronte è troppo duro da affrontare, altre volte perché fa molto comodo manipolarlo.
La Chiesa, anche nella comunicazione, mostra la via della salvezza, ci fa vedere qualcosa che può essere. In questo Padre Lombardi è davvero bravo, non lascia uno spiraglio al dubbio, all’incertezza e ci racconta la bella favola a cui tanto ci piace credere. Ci crede lui, almeno si spera. Certo che la lezione è magistrale.
Lisa Gino