Venerdì 28 aprile si è tenuto il secondo dei tre incontri organizzati dagli orlandiani del Partito Democratico eporediese, questa volta avente come tema: “Nuovo welfare e lotta alla povertà”
Mimmo Lucà (presidente della Commissione Affari sociali nella XV legislatura) e Augusto Vino (assessore politiche sociali del Comune di Ivrea) hanno provato, venerdì sera, a imbastire alcune riflessioni sui temi welfare, povertà e occupazione, interloquendo anche con una sala Santa Marta non particolarmente piena (meno di 30 persone), ma caratterizzata dalla presenza di diversi esponenti di realtà socio-assistenziali, di associazioni e di militanti del partito.
L’assessore Vino ha introdotto la serata con queste parole: «Occorre immaginare forme di welfare anche al di fuori del sostegno dello Stato. Inoltre, non si può immaginare un welfare senza politiche di sviluppo».
Fa strano sentir parlare di “immaginazione” da un partito che attualmente governa e che continua a farlo dal 2011 (dal governo Monti). Lo stesso Mimmo Lucà ha ammesso questa contraddizione: «Le povertà sono cresciute anche nel momento in cui siamo stati noi al governo. Sin dal 2011 il PD c’era e va riconosciuto per ammettere le colpe e non sbagliare più».
Un’autocritica sensata, forse mossa dalla necessità di provare a dare un’identità a quella parte di PD che non si riconosce nei metodi e nelle idee di Renzi e che non vuole, al momento, uscire dal partito.
Ma lasciando da parte l’autocritica il punto è stato centrato: come poter parlare di welfare e sviluppo e risultare ancora credibili dopo esser stati responsabili della fine dell’articolo 18 dei lavoratori, dell’estensione dei voucher, della politica fatta “a suon di bonus”?
Anche l’osservatore più neutrale avrebbe ragione di sollevare alcuni dubbi sulle parole di Lucà: «Le nuove generazioni non sono in grado di incentivare i consumi. Il tema principale è lo sviluppo perché per quanti redditi (di cittadinanza, di inclusione) si possano introdurre, senza crescita non ce la si fa ad uscire da questa situazione. Occupazione, reddito e consumi: è ciò che bisogna rimettere in moto».
Sembrano, ancora una volta, le parole di un direttore d’azienda, di una persona che vede il problema delle diseguaglianze e del disagio sociale da una prospettiva puramente “meccanica”, come se si trattasse di una “macchina” da far ripartire. Ma cosa intendono gli orlandiani quando parlano di “crescita” e di “sviluppo”? Rendere il mercato del lavoro più “elastico” era l’idea di crescita dei renziani quando hanno introdotto il Jobs Act; delocalizzare un’azienda è “crescita”, anche se solo per alcuni. Se per “crescita” intendono questo, allora viene da domandarsi dove stiano le novità.
Tra i presenti in sala, tuttavia, c’è chi ha provato a delineare idee controtendenti: «occorre redistribuire la ricchezza presente in Italia: bisogna prenderla da chi ne ha troppa». Parole simili erano state pronunciate anche da Maurizio Pallante durante il secondo incontro della Palestra Politica dello Zac! giovedì 20 aprile: «trasformare la società vuol dire strappare interessi consolidati e redistribuirli. Ciò provoca tensioni, talvolta un “tintinnare di sciabole”, ma è necessario».
Anche Ellade Peller e Savino Beiletti (presidenti dei consorzi socio-assistenziali In.Re.Te e Ciss-Ac) presenti durante la serata hanno sollevato alcune perplessità. «Mancano le soluzioni alle tematiche che sono state poste sul tavolo questa sera». I presidenti hanno provato a parlare di welfare nel territorio: «il SIA è la nuova misura di contrasto alla povertà che abbiamo attivato in Canavese, ma è una misura sperimentale. Se la sperimentazione non ha una prospettiva rischia di diventare inutile. La sperimentazione è l’assenza dello Stato». E che si avverta la mancanza di partecipazione dello Stato è confermato dal fatto che i tre consorzi socio-assistenziali canavesani stanno cercando di costituire un gruppo sovra-consorzile in grado di trovare fondi europei.
Solo le parole conclusive dell’assessore Vino hanno restituito un minimo di credibilità ad una serata fatta di buone intenzioni, ma che non possono competere con le scelte infelici operate dal Partito Democratico in questi anni di governo (nazionale, ma anche locale). Vino ha terminato l’incontro dicendo: «Faccio fatica a capire la dimensione reale della povertà. La forza del SIA è l’aver immaginato per la prima volta una misura inclusiva, che restituisce un posto alle persone. Penso anche che come partito abbiamo la sfida di garantire una vita dignitosa alle persone che sono già al di fuori del lavoro, perché un cinquantacinquenne è impensabile che possa ritrovare una nuova dignità sul lavoro, proprio perché è improbabile che trovi un nuovo lavoro. Per quel pezzo di società non si può pensare di ripartire dal lavoro».
Ecco: ripartire dall’idea che occorra garantire una vita dignitosa alle persone e non “occupazione-crescita-consumi”. E cominciare a rendersi conto che il divario tra ricchi e poveri sta raggiungendo anche il territorio eporediese, come cominciano a dimostrare i dati sulla povertà della Caritas eporediese.
Andrea Bertolino