Nell’anno di grazia 2023 torna finalmente il Carnevale di Ivrea, ma sarà orfano dei “Citoyens”, il gruppo che riunisce chi valorizza in particolare la componente storica del carnevale eporediese. Le ragioni dell’uscita dei Citoyens spiegate da Francesco Gioana.
In una lettera indirizzata in questi giorni al presidente dell’Associazione delle Componenti dello Storico Carnevale di Ivrea Paolo Diane, Francesco Gioana ha annunciato che da quella Associazione una delle Componenti, i Citoyens de le Ville d’Ivrée 1798 se ne va.
“Le solite beghe interne al Carnevale”, “io non vedo l’ora di sentire di nuovo il profumo delle arance”, “Gioana è quello delle foto a chi non mette il cappello frigio?”. A scelta, uno di questi o tutti e tre o altre decine di commenti simili. Ma per una volta proviamo ad andare a fondo.
Intanto, facciamo un salto sul sito dello Storico Carnevale, dove apprendiamo che l’Associazione delle Componenti nasce nel 2021 e riunisce tutte le realtà che, con ruoli diversi, danno vita alla manifestazione, mentre quello dei Citoyens, nato nel 1999 è un gruppo che riunisce tutti gli amanti dello Storico Carnevale di Ivrea che desiderano valorizzarne la componente storica, indossando un abito dell’epoca rivoluzionaria e il rosso berretto frigio. Storico il Carnevale di Ivrea, storica la componente che questo gruppo vorrebbe valorizzare.
E di storia ce n’è davvero tanta, in questa manifestazione o, meglio, sostiene Gioana nella sua lettera di adieu, in questo bene della cultura immateriale del territorio e patrimonio della città, con una caratteristica unica, imprescindibile e irripetibile: la sua storia. Ancora la storia. Chiara Frugoni, docente di storia medievale nelle Università di Pisa e Roma, definisce nel suo libro “Medioevo sul naso”, edito da Laterza nel 2001 il Carnevale d’Ivrea l’unico che abbia mantenuto un legame con il Medioevo, epoca in cui questa festa nasce: né quello di Venezia, risvegliatosi circa trent’anni fa, né quello di Viareggio, con i carri allegorici e i fantocci di cartapesta, istituito nel 1873, possono vantare una tradizione ininterrotta. Il Carnevale di Ivrea, lo sappiamo, ha una storia lunga durante la quale si modifica e si trasforma. ndossare un abito dell’epoca rivoluzionaria e il rosso berretto frigio dunque, per i Citoyens – ci racconta Francesco Gioana – è qualcosa che va ben oltre il gesto. E’ valorizzare la sua componente storica. Negli ultimi anni del Settecento, il periodo storico degli abiti che indossano i Citoyens, arrivano in Piemonte i venti della rivoluzione francese, il momento che rappresenta più di altri il desiderio di libertà e di rivolta contro la tirannia che attraversa tutta la festa. E l’importanza, per gli eporediesi, di ‘indossare il berretto frigio è testimonianza dell’importanza di quegli anni e quelle idee e rende evidente e sottolinea anche l’onda rossa dei ‘cittadini’ che partecipano, da spettatori, testimoniano, da protagonisti, l’appartenenza alla stessa comunità e alle stesse radici.
Dunque è questo il rimprovero gentile che, con le sue foto che riempiono di macchie rosse le pagine de La Diana, Gioana ci rivolge, quando ci sorprende senza cappello. Quello di dimenticarci della nostra storia.
E senza cappello rosso appare, in alcuni stralci della lettera di Gioana, anche la Fondazione. (…) Questa visione era stata condivisa da tutte le componenti e formalizzata in un articolato documento inviato alla neonata Fondazione il 15 dicembre 2009: mi era sembrato un ottimo punto di partenza per finalmente impostare il “progetto Carnevale” e un bel segnale di coesione “popolare” da parte di chi il Carnevale lo realizza e lo paga in prima persona. La scelta della Fondazione è stata quella di non rispondere e di lasciarsela scivolare addosso (…) Se lo Storico Carnevale di Ivrea è un “bene della cultura immateriale” come tale si sarebbe dovuto trattare e questo avrebbe dovuto essere il compito prioritario della Fondazione (…) che si sarebbe dovuto concretizzare in una migliore conoscenza (e anche revisione) del nostro vissuto carnevalesco (…) Lo studio e la conoscenza della “storia” forniscono i capisaldi di una comunicazione efficace e corretta (…) indispensabile per costruire un’immagine (…) attrattiva e di qualità del Carnevale che è il primo passo per renderlo allettante anche per le sponsorizzazioni. Conoscere meglio le origini e la storia del Carnevale, quindi, non soltanto perché ricordare e approfondire le proprie radici è fondamentale, ma anche per immaginarsi appetibile, come città, in un’ottica di turismo “anche” culturale.
La lettera di Gioana entra nel merito delle scelte economiche della Fondazione e, in particolare, dei 22.000 euro investiti nel 2021, anno senza Carnevale, per la comunicazione e per la realizzazione del nuovo sito web che, a suo parere, non rende onore alla storia del Carnevale, ma contiene pesanti imprecisioni e inesattezze e dunque non fa che rimarcare una distanza dal significato di questa manifestazione che, da sempre, concorre con la storia di un’azienda e una famiglia nel riconoscere ovunque, Ivrea.
Secondo Unesco il patrimonio culturale non è solo monumenti e collezioni di oggetti ma anche tutte le tradizioni vive trasmesse dai nostri antenati: espressioni orali, incluso il linguaggio, arti dello spettacolo, pratiche sociali, riti e feste, conoscenza e pratiche concernenti la natura e l’universo, artigianato tradizionale. Questo patrimonio culturale immateriale è fondamentale nel mantenimento della diversità culturale di fronte alla globalizzazione e la sua comprensione aiuta il dialogo interculturale e incoraggia il rispetto reciproco dei diversi modi di vivere. La sua importanza non risiede nella manifestazione culturale in sé, bensì nella ricchezza di conoscenza e competenze che vengono trasmesse da una generazione all’altra.
Dunque, si chiede e ci chiede Gioana, se non è questo, che cosa è il Carnevale? E perché nessun gestore ne ha mai concretamente preso atto?
Simonetta Valenti