Lettera aperta dell’Osservatorio Migranti ai Sindaci, alle Istituzioni sociali e sanitarie, ai Responsabili delle cooperative di accoglienza, alla Cittadinanza tutta: alcune cose che occorre sapere
In questi giorni, nelle strade e nelle piazze di Ivrea e Canavese si incontrano molti giovani uomini richiedenti asilo, piuttosto visibili per il colore della pelle. Sono fuggiti da guerre, persecuzioni e torture, e condizioni di vita durissime, sono in attesa del riconoscimento dello status di rifugiato o di protezione umanitaria.
Dovrebbero frequentare a Ivrea i corsi di alfabetizzazione e apprendimento della lingua italiana, appositamente istituiti dai CPIA (Centri provinciali per l’istruzione adulti).
Il fatto è che nonostante l’anno scolastico sia iniziato da oltre un mese, la data della loro attivazione è del tutto incerta.
Eppure la buona conoscenza dell’italiano è un presupposto vincolante per la richiesta di riconoscimento nella comunità e i ragazzi ne sono perfettamente al corrente.
Non a caso la frequenza dei corsi, come l’impegno nelle attività di volontariato loro proposte, li trova sempre disponibili.
Ma ……. quel “ma” che di continuo intralcia e frena soluzioni legittime e auspicabili.
Nel nostro caso, la lentezza burocratica nel trovare i docenti da parte del CPIA, così come le difficoltà che incontrano le associazioni di volontariato ad organizzare interventi di piccola manutenzione possibili e perfino previsti dalle leggi.
Spesso infatti le pubbliche amministrazioni sostengono essere attività appaltate o appaltabili o non coordinabili e monitorabili a causa di mancanza di proprio personale.
Così, infastiditi, vediamo questi giovani bighellonare, oppure offrire servizi inesistenti nei parcheggi, quando non mendicare.
L’arricchimento del “capitale umano” spetta oltre che alle cooperative, anche a tutte le istituzioni ed espressioni della comunità.
Tranne qualche positivo caso però, nel rimpallo delle attribuzioni e nella sordità quasi generale si perdono risorse, si sprecano attese, capacità e volontà.
Arrivano da noi persone cariche di speranze, e sembriamo solo capaci di farne degli accattoni. Una riflessione forse brutale, ma la responsabilità ultima è della comunità nelle sue diverse espressioni, non certo di questi giovani determinati nel cercare un futuro migliore fino a rischiare la vita e spesso votati ad aiutare chi è rimasto nella terra di origine.
Siamo sufficientemente bravi a soddisfare i bisogni primari, vitto e alloggio.
Invece il futuro?
Questo è l’interrogativo presente e pressante per non aggiungere a guerre e carestie, una più dura calamità: l’indifferenza.
Osservatorio Migranti persone e associazioni per la difesa dei diritti e delle potenzialità dei richiedenti asilo e protezione
Ivrea 1° novembre 2017