«Ogni individuo ha il diritto di cercare e godere in altri paesi asilo dalle persecuzioni». Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, Articolo 14 (1)
Nell’isola greca di Lesbo, nella notte tra l’8 e il 9 settembre, l’hot spot di Moria (il più grande campo profughi d’Europa) è stato distrutto da un gravissimo incendio.
13mila migranti – uomini, donne, bambini, anziani, malati e almeno 35 persone risultate positive al Covid-19 – sono rimaste senza nulla, costrette a dormire in strada, nei parcheggi del supermercato o addirittura nel cimitero, senza acqua e cibo a sufficienza e senza la necessaria assistenza medica.
Il Centro temporaneo di Moria, originariamente costruito per poco più di 3mila persone, è arrivato nel 2020 ad ospitarne anche 20mila, in condizioni igienico-sanitarie drammatiche e indegne di un paese civile.
Ogni giorno, a Moria, si sono verificate violazioni dei diritti umani e persone già vulnerabili sono state esposte quotidianamente al rischio di violenze e maltrattamenti.
Durante la pandemia di Covid-19 migliaia di persone sono state costrette a dormire in tenda, in ripari di fortuna se non addirittura all’aperto, con presidi sanitari del tutto insufficienti, costrette a fare ore di coda per un piatto di cibo, senza la possibilità di mantenere le distanze e proteggersi dal virus.
I governi nazionali e dell’Unione Europea hanno e devono assumersi la responsabilità di questo trattamento inumano.
Tuttavia, nessuno si è mosso con la dovuta e necessaria tempestività, nonostante vi siano stati ripetuti richiami e allarmi lanciati da Associazioni umanitarie, quali ad esempio Medici Senza Frontiere.
La situazione ad oggi è drasticamente peggiorata.
La zona intorno all’ex campo di Moria è stata militarizzata e gli operatori umanitari non riescono ad avere accesso agli accampamenti di fortuna dei migranti per portare loro soccorso e generi di prima necessità; lo stesso accade per i giornalisti ai quali è di fatto impedito di documentare la situazione.
Un nuovo campo è in via di costruzione (completamente recintato, dunque chiuso), in cui i migranti saranno di fatto imprigionati, contro ogni principio di accoglienza e solidarietà internazionale.
Di fronte a questa inaccettabile situazione, chiediamo:
– che i rifugiati siano messi in salvo e accolti nei paesi dell’Unione europea;
– che in queste ore decisive sia dato libero accesso all’isola, e a quello che rimane dei campi, alle associazioni umanitarie;
– che si fermino le violenze contro i migranti da parte delle bande neofasciste, invitando la Polizia greca ad impegnarsi nella tutela delle persone più esposte, quotidianamente vittime di gruppi paramilitari
Le prime adesioni all’Appello lanciato dal Comitato Torino per Moria sono: ACMOS, Arte Migrante, Carovane Migranti, Centro Studi Sereno Regis, Circolo Articolo 21 Piemonte, CGIL Torino, Comitato Arci Torino, Comitato Pace e Cooperazione Internazionale di Chieri, Comunet – Officine Corsare, Fondazione Benvenuti in Italia, Legal Clinic Italia, Oltre la barriera, Pulmino Verde, Rete Welcomig – Asti, Rete 21 marzo – Mano nella mano contro il razzismo, Partito della Rifondazione Comunista – Torino, San Mauro Restando Umani, SeNonOraQuando?, Ufficio Pastorale Migrantes della Diocesi di Torino