Mentre c’è chi manifesta davanti al carcere, in Consiglio comunale il PD respinge una mozione che chiede di “affrontare le emergenze” del carcere eporediese e “riattivare la comunicazione con l’Amministrazione Penitenziaria”
Giornata di attenzione al carcere di Ivrea quella di venerdì 31 marzo scorso.
Davanti alla Casa Circondariale eporediese il presidio organizzato da “Castellazzo assediato” e “Alpi libere” per richiamare sulle condizioni dei detenuti nell’istituto di Ivrea e insieme per ricordare, come accade da 19 anni alla fine di marzo, l’anniversario della morte di “Baleno”, cioè di Edoardo Massari, il giovane anarchico che nel 1993 nel carcere eporediese fu rinchiuso.
“Baleno” fu poi nuovamente arrestato nel 1998, insieme alla sua compagna “Sole” (Soledad Rosas) e Silvano Pellissero con l’accusa di sabotaggi contro il progetto della TAV. Massari si suicidò in carcere poche settimane dopo l’arresto e lo stesso fece, qualche mese dopo, “Sole” trovata anch’essa impiccata nella casa-comunità dove si trovava agli arresti domiciliari. Una vicenda che sconvolse il Canavese e l’Italia (e non solo), che viene ricordata ogni anno con iniziative organizzate molto spesso da giovani che in quegli anni erano nati da poco.
Quest’anno la prima parte del ricordo di Sole e Baleno (continuato con iniziative in Valchiusella il giorno dopo) ha messo al centro il carcere di Ivrea, proseguendo così l’attività di attenzione e di comunicazione tra carcere e territorio che i giovani dei centri sociali stanno svolgendo dalla fine di ottobre dello scorso anno, quando la Casa Circondariale eporediese fu teatro di un pestaggio seguito ad alcune proteste dei detenuti per le condizioni di vita.
Da allora in molti sono intervenuti (consiglieri regionali, parlamentari, garanti dei detenuti locale, piemontese e nazionale, ministero e Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria), è cresciuta l’attenzione mediatica e qualche cambiamento nel carcere eporediese c’è stato, ma la Casa Circondariale di Ivrea resta tra le peggiori d’Italia (e di certo, come confermano i dati del DAP, quasi la peggiore in Piemonte).
Durante il presidio al carcere eporediese del 31 marzo (al quale ha partecipato un gruppo di antispecisti locali insieme ai giovani di “Castellazzo assediato” e “Alpi libere”) sono stati distribuiti volantini e, grazie alla consueta consistente amplificazione, scanditi slogan contro il carcere e rivolto saluti e discorsi ai detenuti che sono riusciti a farsi sentire con fischi e urla dall’interno.
Mentre davanti al carcere continuava la manifestazione, in Consiglio Comunale a Ivrea si discuteva della situazione nella Casa Circondariale per effetto di una mozione presentata due mesi fa, il 6 febbraio scorso (riportata all’epoca su questo giornale), da Comotto (di Viviamo Ivrea) e Tognoli (della Lista dei Cittadini). Mozione che, dopo aver sommariamente esposto tutte le vicende e le notizie che hanno avuto al centro l’istituto eporediese in questi ultimi cinque mesi e ritenendo «indispensabile l’assunzione di una posizione propositiva e inequivocabile dell’Amministrazione Comunale di Ivrea circa i fatti denunziati e le condizioni generali di una struttura pubblica che ricade sul territorio cittadino», proponeva di impegnare l’amministrazione comunale «ad attivarsi per affrontare e risolvere nei tempi più solleciti le emergenze che coinvolgono tutti coloro che vivono nella Casa Circondariale» e «a riattivare un canale di comunicazione con l’Amministrazione Penitenziaria programmando nel tempo visite periodiche da parte dei Consiglieri Comunali e degli Assessori».
Conoscendo la tradizione di impegno dell’amministrazione comunale eporediese nei confronti del carcere (tradizione riconosciuta dagli stessi presentatori della mozione) ci si sarebbe immaginata un’approvazione della mozione all’unanimità o almeno a larga maggioranza. Invece, nonostante la condivisione dei contenuti della mozione da parte del consigliere Blasotta (del M5S) e quella (peraltro non scontata) dell’unico consigliere delle destre presente, Gilardini, la proposta non è passata per l’astensione del gruppo consiliare del PD, mentre nella maggioranza si è differenziato il consigliere De Stefano (dei Moderati) che ha votato a favore.
Per motivare il voto di astensione (che nel caso delle mozioni diventa nei fatti un voto contrario) dei consiglieri PD, il capogruppo Dulla ha sostenuto che è una follia sostenere che il carcere sia una specie, seppur particolare, di “quartiere” della città e che non spetta al Comune occuparsi di ciò che vi accade perché sono altre le autorità alle quali spetta questo compito. E che mozioni come quella in discussione sembrano motivate soltanto dal clima di campagna elettorale che si è già evidentemente aperta. Facile per Gilardini ricordare a Dulla quanto sia poco elettoralmente vantaggioso affrontare le condizione di vita nel carcere. In chiusura del dibattito, prima del voto, la richiesta del sindaco Della Pepa a Comotto e Tognoli di ritirare la mozione per presentarne una nuova in un successivo consiglio elaborata nella riunione dei capigruppo. Richiesta non accolta.
E così, mentre c’era chi manifestava sotto il carcere di Ivrea per far sentire ai detenuti la vicinanza e l’attenzione sociale alla loro condizione, nella stessa sera il Consiglio Comunale della città (e più precisamente il gruppo consiliare PD che ne costituisce la maggioranza assoluta) dichiarava che non intende occuparsi di quanti vivono in corso Vercelli 165.
Una posizione che smentisce anni di impegno della comunità locale, di tante associazioni, scuole, volontariato e dello stesso Comune di Ivrea (con l’istituzione del Garante comunale dei detenuti, con i diversi progetti di inserimento sociale, con le iniziative culturali,…) perché il carcere sia integrato e non separato dalla vita della città, perché sempre più ci si relazioni tra dentro e fuori, perché si incrementino le occasioni per iniziative che portino persone dall’esterno all’interno e dall’interno all’esterno del carcere. Non solo per questioni di civiltà e di convivenza, ma perché questa è l’unica via praticabile affinché il carcere non produca solo carcere, come i dati sulla “recidiva” superiore al 67% tristemente testimoniano.
Certo, non basta l’impegno della comunità locale, ma questa è la prima a poter rompere l’isolamento al quale ogni istituzione totale è naturalmente predisposta.
Se poi, come accade ora, il carcere di Ivrea attraversa una fase particolarmente difficile (come testimoniano tutti i dati emersi in seguito ai fatti dell’ottobre scorso), diventa ancora più forte e stringente la necessità di un impegno della comunità locale. Impegno che non può essere limitato alla denuncia e alla vicinanza, per quanto generose e appassionate, espresse dai giovani dei centri sociali, con i loro presidi e la costanza nella comunicazione avviata con i detenuti del carcere eporediese. Occorrerebbe che anche altri (associazioni, volontariato, scuole coinvolte inattività col carcere in questi anni, rappresentanti istituzionali in qualche modo coinvolti,…) si esprimessero più apertamente.
Cominciando, magari, anche a pronunciarsi su questa scelta del PD, e conseguentemente del Consiglio Comunale della città, di non impegnare l’amministrazione a occuparsi delle attuali “emergenze che coinvolgono tutti coloro che vivono nella Casa Circondariale” e “a riattivare un canale di comunicazione con l’Amministrazione Penitenziaria”, per usare le parole della mozione respinta. E sulle motivazioni di tale scelta espresse dal capogruppo PD: perché non spetta al Comune o, per usare le sue parole da avvocaticchio di provincia, perché trattasi di caso di non petitum.
Ragionando, a mente fredda, viene da pensare che si sia trattato per il PD locale di un semplice infortunio dettato da ottuse ragioni di tattica da aula consiliare: “la maggioranza non deve far passare mai una mozione presentata dall’opposizione, quand’anche questa sia palesemente condivisibile”. E, a sostegno di questa ipotesi, c’è il tentativo in extremis del sindaco di rinviare il voto ad altra mozione da scrivere insieme con tutti i capigruppo.
C’è anche un’altra ipotesi (peraltro sollevata dallo stesso Dulla contro i proponenti la mozione): che si sia trattato di una svolta dettata da calcoli elettorali (anche interni) del PD locale. Un ammiccamento a quelli che “io chiuderei la porta e butterei la chiave”, che sono sempre una bella fetta di elettorato da conquistare, mentre il voto dei detenuti conta veramente poco.
È un’ipotesi eccessivamente maliziosa? Forse sì. Ma, come diceva un vecchio marpione della politica italiana: “a pensar male si fa peccato, ma ci si azzecca”. Spesso ha avuto ragione.
fz