L’intervento di Pierangelo Monti alla manifestazione per la Palestina di sabato 24 a Ivrea ci parla di banche armate e istituti finanziari che sostengono Israele e anche degli obiettori di coscienza israeliani (refusnik)
I maestri della nonviolenza insegnano che la nonviolenza comincia con la non collaborazione al male. Indico due cose concrete da fare.
Primo, fare pressione sulle cosiddette banche armate; secondo, sostenere i giovani israeliani che obiettano al servizio militare.
1° – Faccio innanzitutto riferimento alla Legge 185 del 1990, per la quale ogni anno la Presidenza del Consiglio deve inviare alle Camere la Relazione, con i dati sulle singole autorizzazioni alle esportazioni di armi. L’attuale governo, per favorire l’industria bellica, sta conducendo l’iter parlamentare di riforma della legge, che è passata in Senato e ora è ferma alla Camera. La riforma indebolisce il controllo sulle vendite di armi e l’informazione su questo argomento. Contro questa riforma, la Rete Italiana Pace e Disarmo ha da tempo in corso la Campagna “Basta favori ai mercanti di armi!”, per difendere la legge e anzi per chiedere un maggiore controllo sull’export di armi, poiché nonostante questa legge, le armi ancora arrivano agli stati in guerra o responsabili di gravi violazioni di diritti umani.
Chiediamo allora innanzitutto a tutti i cittadini di sostenere la Campagna “Basta favori ai mercanti di armi!”.
Un’altra cosa da fare è boicottare, interrompere i rapporti, con le cosiddette “banche armate”, cioè quelle banche che continuano a finanziare l’industria bellica. Al tavolo tematico che abbiamo allestito, trovate le indicazioni se avete il conto in una delle banche armate che trovate elencate. Potete inviare una lettera alla banca, con richiesta che non sostenga la produzione e il commercio di armamenti. E poi cambiare banca se è coinvolta nel finanziamento del settore armiero, passando a un istituto bancario che promuove davvero la finanza etica.
Le banche hanno anche gravissime responsabilità nel sostegno al commercio di armi con Israele, avendo accordi con banche israeliane e finanziando le colonie illegali israeliane. Israele tra il 7 ottobre 2023 e gennaio 2025 ha emesso obbligazioni per un valore totale di 19,4 miliardi di dollari per coprire i costi della guerra contro la Palestina. Sottoscrivendo le obbligazioni che lo Stato israeliano ha emesso, le banche si rendono complici di atrocità. Sono sette le banche principali mondiali che sono complici: quattro americane (la prima è la Goldman Sachs), una tedesca (Deutsche Bank), una francese e una britannica. Poi ci sono le società di gestione patrimoniale che hanno aiutato la guerra di Israele acquistando oltre 2,7 miliardi di dollari in obbligazioni. Tra queste spiccano la tedesca Allianz, la Vanguard, la Wellington e l’italiana Bper.
Inoltre, come scrive BDS, ci sono le banche italiane che finanziano le attività nelle colonie illegali: figurano ai primi posti Unicredit, Intesa Sanpaolo, Mediobanca e Banca d’Italia, e poi le holding finanziarie Anima e Azimut e Assicurazioni Generali. Esse hanno rapporti finanziari con ditte di macchinari per la demolizione di case palestinesi, ditte di costruzione, cave e cementifici, servizi turistici e infrastrutture per trasporti, comunicazioni e servizi idrici nelle colonie illegali.
2° – L’IDF (Israel Defense Forces) è composto da circa 180.000 militari, poi in caso di necessità, vengono richiamati i “riservisti”, di età tra i 20 e i 40 anni. L’IDF ha dichiarato di aver reclutato quasi 300 mila riservisti subito dopo il 7 ottobre 2023, ma negli ultimi mesi sono molti i riservisti che non si presentano alla chiamata, sia per motivi ideologici che economici-lavorativi.
Il gruppo Yesh Gvul (C’è un limite) che sostiene i renitenti alla leva, stima che ci siano almeno 1.500 obiettori che si rifiutano di prestare servizio militare per motivi ideologici, cioè contrari alla guerra che il governo Israeliano conduce contro i Palestinesi.
Il 10 aprile, quasi mille riservisti dell’aeronautica hanno pubblicato una lettera aperta in cui chiedono un accordo per porre fine alla guerra e liberare gli ostaggi. Poi c’è qualche giovane, uomo o donna, che rifiuta il servizio militare per autentici motivi di coscienza.
E’ il caso di Mitnick Tal che ha scritto: «Credo che il massacro non possa risolvere un massacro. L’attacco criminale contro Gaza non riparerà il terribile massacro compiuto da Hamas. La violenza non risolverà la violenza. Ed è per questo che rifiuto il servizio militare». Un altro refusnik (così chiamano gli obiettori) diciottenne, Iddo Elam ha scritto: “Voglio che nessun bambino, indipendentemente dal lato del muro in cui è nato, abbia paura dei razzi o di essere rapito dal proprio letto. Un bambino è un bambino. Un bambino non nasce con un’arma in mano o con il sentimento della vendetta. Voglio che la prossima generazione conosca la nostra orribile realtà, compresi gli spaventosi crimini di guerra che stiamo commettendo a Gaza, solo come una lezione della storia da non ripetere. Il cambiamento deve venire da noi. Finché continueremo ad arruolarci, a seguire gli ordini e a mettere in atto gli spregevoli obiettivi del nostro governo, vivremo in una realtà di guerra e odio”.
Essi sono stati in carcere per alcuni mesi, ma porteranno per sempre la «macchia di refusnik» nel curriculum vitae e non avranno accesso a una serie di privilegi previsti per chi ha fatto il soldato.
Tre movimenti (CPT Community Peacemaker Teams – Palestine, Mesarvot – Israel e Movimento Nonviolento) hanno scritto una Dichiarazione congiunta in cui si afferma: “La violenza genera violenza e noi siamo determinati a spezzare questo ciclo che altrimenti conduce alla morte e alla distruzione reciproca di tutti. Siamo obiettori di coscienza e resistenti nonviolenti che hanno scelto la nonviolenza, convinti che sia per noi la forma migliore di resistenza al male. Le armi e le voci dell’odio devono tacere per lasciare spazio alla verità e alla riconciliazione. Chiediamo un immediato cessate il fuoco, che noi stessi abbiamo già attuato, lavorando insieme come gruppi misti per dimostrare che la collaborazione, anche in mezzo a una radicata oppressione, può piantare i semi di un futuro più giusto e pacifico. L’occupazione militare israeliana della terra destinata al popolo palestinese è da lungo tempo fonte di oppressione, una violazione del diritto internazionale e dei diritti fondamentali dei palestinesi. Questa occupazione, che ha causato profonde ingiustizie e sofferenze insostenibili, è aggravata da altre forme di violenza contro civili inermi, a cui si risponde con la brutalità delle stragi di civili innocenti a Gaza, alimentando la spirale di odio e vendetta: finché esiste l’oppressione, la resistenza persisterà. Per interrompere questo ciclo vizioso, è necessario abolire il sistema di occupazione e apartheid che lo genera. La coscienza individuale è una difesa contro la propaganda di guerra e può proteggere i civili dal coinvolgimento in guerre di conquista e oppressione. Ci sentiamo uniti e siamo solidali con chi soffre per qualsiasi guerra nel mondo oggi”.
OBIEZIONE DI COSCIENZA AL SERVIZIO MLITARE. APPUNTAMENTO ALLO ZAC!
Anche qui in Italia è venuto il momento di ripresentare ai giovani l’obiezione di coscienza al servizio militare. Ne riparleremo in un incontro che faremo la sera del 3 giugno allo ZAC!