Anche a Ivrea, il 10 febbraio, si è tenuto un presidio in concomitanza con la manifestazione di Macerata. Erano presenti rappresentanti delle tre sigle sindacali, di associazioni e di partiti (che si sono raccolti sotto le bandiere Anpi). Tutti hanno firmato l’appello nazionale all’Antifascismo. Il presidio ha poi raggiunto Biella per l’analoga manifestazione. Di seguito il discorso della giornata
Grazie a tutti i presenti, ai Cittadini, ai Sindacati, alle Associazioni, agli Amministratori. Tutti voi siete il caposaldo della democrazia. Parlerò ora come Anpi, ma tutti voi siete Anpi perché antifascisti.
Noi siamo una forza responsabile che ha imparato, negli anni più bui della guerra e dell’occupazione nazifascista, a dosare la lotta di Liberazione con la salvaguardia delle popolazioni soggette a ritorsioni e rastrellamenti. Siamo una Associazione che si riconosce pienamente nelle Istituzioni repubblicane. Sempre abbiamo operato con grande senso di responsabilità, e tuttavia oggi, nell’attuale situazione di risorgente fascismo, riteniamo sia il momento di dire con forza BASTA.
L’occasione della manifestazione nazionale a Macerata doveva servire come momento simbolico di presa di posizione, senza la quale gli appelli all’Antifascismo, la raccolta di firme, le Giornate Antifasciste ne resterebbero indeboliti.
Purtroppo, saremo buoni profeti nel prevedere che, di fronte ai tentennamenti di questi giorni, vedremo sempre più spesso snodarsi i cortei dei nuovi e vecchi fascisti, malgrado i divieti.
Noi non possiamo essere e presentarci come gli eredi dei Partigiani, senza dare una risposta. Pertanto tutti noi qui presenti aderiamo al primo comunicato dell’Anpi nazionale datato 5 febbraio con la seguente motivazione:
“È ora di dire basta… Quello che è accaduto a Macerata è un fatto di una gravità inaudita. Le Istituzioni assumano immediatamente provvedimenti e la condanna sia unanime da parte di tutti. È intollerabile il giustificazionismo di queste ore che addirittura imputa alle vittime la colpa dell’accaduto. L’Italia antifascista e democratica scende in piazza per costruire tutti insieme una rinnovata stagione di impegno per la libertà, la solidarietà e la convivenza civile: la Costituzione non si calpesta, si attua”.
Per questo siamo qui oggi, a dire NO al fascismo vecchio e nuovo.
Una cosa ci appare chiara: se questo nuovo/vecchio fascismo conquisterà Comuni, Regioni, posti in Parlamento, TUTTI ne saranno colpiti: democrazia, libertà, lavoro, scuola, ambiente, legalità, pacifismo e disarmo, convivenza civile e solidarietà, giustizia sociale, istituzioni e così via.
Si tolga la democrazia ed il castello crollerà! Non è tempo di sottili distinzioni e grossolane “fake”, tanto più ora, alla vigilia di un voto che deve essere libero e ragionato.
Ricordiamo le parole che Sandro Pertini ebbe a pronunciare il 28 giugno 1960 a Genova, quando la città insorse contro il fascismo.
«Ecco perché i partigiani, i patrioti genovesi, sospinti dalla memoria dei morti sono scesi in Piazza: sono scesi a rivendicare i valori della Resistenza, a difendere la Resistenza contro ogni oltraggio, sono scesi perché non vogliono che la loro città, medaglia d’oro della Resistenza, subisca l’oltraggio del neofascismo. Ai giovani, studenti e operai, va il nostro plauso per l’entusiasmo, la fierezza, il coraggio che hanno dimostrato. Finché esisterà una gioventù come questa nulla sarà perduto in Italia.»
Noi il fascismo lo conosciamo. Il fascismo è volontà di violenza e sopraffazione. Il fascismo nasce dal razzismo, si sposa al colonialismo, utilizza il militarismo, produce guerre e miseria. Il fascismo è la radice del male. Dal fascismo nasce il nazismo. 50 milioni di morti ne sono il risultato.
Noi conosciamo anche la Resistenza: quella dei giovani che salirono in montagna col mitra, quella degli operai che difesero le fabbriche, dei Militari che dai campi di internamento pronunciarono 600 mila NO, dei Deportati costretti a morire in condizioni sub-umane, delle Donne e della popolazione che seppe resistere.
Resistenza per la Libertà, la Giustizia sociale, la Democrazia, la Solidarietà, la Democrazia. Resistenza che divenne Costituzione. Su quella carta venne giurato il patto fra uomini liberi.
Ed ora ritornano, appoggiati da un’economia liberista sfrenata, che non sopporta i nostri diritti, che ci vorrebbe nuovamente schiavi, con un braccialetto elettronico al polso. E sarebbe questo il nuovo? Ma noi abbiamo la risposta. La conosciamo da tempo:
Lo avrai
camerata Kesselring
il monumento che pretendi da noi italiani
ma con che pietra si costruirà
a deciderlo tocca a noi.
Non coi sassi affumicati
dei borghi inermi straziati dal tuo sterminio
non colla terra dei cimiteri
dove i nostri compagni giovinetti
riposano in serenità
non colla neve inviolata delle montagne
che per due inverni ti sfidarono
non colla primavera di queste valli
che ti videro fuggire.
Ma soltanto col silenzio dei torturati
più duro d’ogni macigno
soltanto con la roccia di questo patto
giurato fra uomini liberi
che volontari si adunarono
per dignità e non per odio
decisi a riscattare
la vergogna e il terrore del mondo.
Su queste strade se vorrai tornare
ai nostri posti ci ritroverai
morti e vivi collo stesso impegno
popolo serrato intorno al monumento
che si chiama
ora e sempre
RESISTENZA
Allo stesso modo rispondiamo noi oggi. I fascisti si affacciano anche ad Ivrea e nel Canavese, ed hanno la sfrontatezza di chiamare i Partigiani “codardi”. E allora dipingiamoli questi eredi dei coraggiosi guerrieri di Salò.
Si erano eretti a paladini di una patria che aveva tradito i suoi cittadini gettandoli nelle fauci di una guerra, servi e complici del nazismo, delle leggi razziali, dei campi di sterminio. Ora, approfittando della crisi economica e del disagio sociale se ne tornano a galla e “scoprono” i problemi del lavoro e della casa, dando ovviamente la colpa ai migranti.
C’è sempre bisogno di un colpevole. Lo sapevano bene i fascisti. Si gridava “all’Ebreo, al Comunista” per fuorviare il popolo dalle reali cause di crisi, sorvolando benignamente sul capitalismo complice, sul liberalismo sfrenato, sul mercato senza regole.
Si dicevano, e si dicono tutt’ora, rivoluzionari. Produssero soltanto dittature, morti, distruzioni immense. Inneggiando alla “buona morte” ne produssero in abbondanza. Se ne sono stati poi nascosti per anni, ruminando la rabbia per la sconfitta, fuori dal tempo e dalla storia, fuori dalle leggi e dalla Costituzione.
Oggi, figli e nipoti dei torturatori di ieri, ignari della storia passata (che non conoscono e a cui non sono interessati) rialzano la testa. Pensano di riprendere forza sposando slogan populisti, analisi inconsistenti, spazzando qualche via (più a loro agio però coi manganelli che con le scope), mettendo striscioni sulle fabbriche occupate, giocando alla guerra.
La tentazione di rivolgersi a loro come a figli un po’ sventati è forte, ma sarebbe un errore: essi non cercano altro che visibilità e riconoscimento. Nel deserto del voto astensionista anche una minoranza può apparire forte, ma non è così.
Non è forte chi fa le ronde per picchiare qualche migrante isolato. Non è forte chi si addestra al combattimento per colpire il debole. Non si accorgono nemmeno di venir utilizzati dai partiti di destra come forza lavoro, pedine e manovali di un gioco assai più grande.
Parlano di onore, ma quale onore può esservi nel martoriare un giovane strappandogli occhi e lingua, per poi appenderlo ad una forca? Parlano di ardimento, ma non era forse più coraggioso il Partigiano che scelse di combattere contro un intero esercito invasore? Oppure il Militare internato che rifiutò di tornare a casa per non vestire la divisa nera?
Sono loro i codardi. Su di loro pesa il giudizio della Storia. Se ne devono fare una ragione.
E noi che siamo qui oggi abbiamo una sola ricetta. Studiare bene la storia, evitare le scorciatoie (violenza, uomini “forti” al potere, dittature), avere ben presenti i cinque valori fondamentali da raggiungere in ogni comunità: giustizia, libertà, solidarietà, pace, democrazia reale. Ecco dove sta il coraggio autentico: crederci e cercare di realizzarli con la massima onestà, perseveranza e coerenza.
E ancora una cosa, che è fondamentale. Noi siamo qui in sostituzione di uno stato che troppo spesso dimentica i suoi doveri. Perché, in realtà, dovrebbe essere lo stato ad applicare le leggi che vietano il ritorno del fascismo. Lo dice la Costituzione. Ecco, noi dobbiamo premere sempre più forte affinché le leggi e la Costituzione vengano applicati. Lo stato deve essere il primo baluardo contro il fascismo. Lo dobbiamo pretendere.
Tutti noi abbiamo firmato l’appello all’antifascismo. Ora chi vorrà potrà proseguire con noi per Biella per porgere il nostro saluto all’analoga manifestazione.
Grazie ancora a tutti. Viva la Resistenza, viva la Costituzione, No al fascismo.