Minore? Straniero? Abbandonato? Basta un genitore

Una sentenza della Corte costituzionale ha dichiarato incostituzionale il divieto per le persone single di adottare bambini all’estero.

Sentenza storica, venerdì 21 marzo: la Corte costituzionale ha stabilito che le persone non coniugate possono adottare minori stranieri in stato di abbandono.
Decisione che non ha bisogno dell’intervento del legislatore e apre alle adozioni internazionali anche da parte delle persone della comunità Lgbtq+, purché single.
Il caso su cui si è espressa la Corte non riguarda le adozioni in Italia, che restano vietate alle persone singole tranne casi eccezionali. Le adozioni, nazionali e internazionali, restano comunque vietate per le coppie dello stesso sesso: al momento l’unico tipo di coppia ammesso per un percorso di adozione è quella eterosessuale, e le due persone devono essere sposate.
Come nel caso delle adozioni nazionali, anche per quelle internazionali l’adozione era permessa alle persone singole solo in casi eccezionali: quando il minore straniero, che doveva comunque essere già orfano di entrambi i genitori, aveva per qualche ragione già instaurato un rapporto stabile e duraturo con la persona che intendeva adottarlo, la cui interruzione gli avrebbe provocato danni psicologici. Oppure se era portatore o portatrice di disabilità e per qualche ragione, magari di salute fisica o mentale, non era stato ritenuto idoneo a un percorso di affidamento preadottivo. In tutti questi casi, comunque, si trattava di cosiddette adozioni nominative, in cui cioè il minore da adottare era già stato individuato dall’aspirante genitore adottivo, e in cui si chiedeva di formalizzare un rapporto già esistente.
Con la sentenza di venerdì, invece, le persone singole potranno iniziare un ordinario percorso di adozione internazionale per un bambino o una bambina che ancora non conoscono, esattamente come avviene per le coppie eterosessuali e sposate.

Intervistiamo Silvana Bistondi, madre adottiva di due bambini che oggi hanno 36 e 32 anni. Attiva dell’associazione Nova (Nuovi Orizzonti per Vivere l’Adozione), ente autorizzato dalla commissione per le adozioni internazionali di Roma, Silvana si è occupata di formazione pre adozione per preparare le coppie all’incontro con il proprio figlio che si trova dall’altra parte del mondo e che ha subito un abbandono, alla gestione dell’attesa e delle aspettative, al viaggio. Ha fatto parte del direttivo dell’associazione dal 2000 al 2007 e ha gestito la formazione a livello nazionale per tutte le sette sedi del Nova. Dal 2007 al 2023 ha accompagnato centinaia di coppie in questo straordinario percorso, assistendo a incontri meravigliosi, veri e propri “incastri” perfetti e altri meno sui quali si è dovuto lavorare molto per costruire la famiglia. Si è occupata nei vari anni di progetti sperimentali per dar vita a corsi e sostegni nel post adozione. Ha sostenuto con le psicologhe Nova le famiglie nell’inserimento scolastico, nelle crisi adottive, nel periodo adolescenziale e nella preparazione dei giovani ragazzi adottati al viaggio di ritorno “che non è semplicemente un viaggio ma è affrontare nuovamente le ferite provocate dell’abbandono, e soprattutto mettersi in gioco, affrontare nuovi incontri che possono scombinare i ragazzi perché nel paese in cui sono nati si possono sentire estranei e pesci fuor d’acqua. È fondamentale quindi preparare accuratamente questo viaggio che è il viaggio della vita e che potrà destabilizzare o chiudere un cerchio e permettere ai ragazzi di vivere la loro vita in pienezza.”

Silvana, un commento “a caldo” su questo provvedimento
Partiamo dal presupposto che nell’adozione il soggetto da tutelare è sicuramente il minore. Viviamo in una società adultocentrica in cui si tende a considerare maggiormente i desideri degli adulti mentre nell’adozione è sempre bene porsi la domanda: “cos’è meglio per quel bimbo?”  Sicuramente il  mondo dell’adozione sta cambiando ed è necessario rivisitare e porre dei cambiamenti alla legge sulle adozioni; credo però che l’azione più urgente è quella mirata a prendersi a cuore le situazioni dei bimbi negli Istituti  nei vari Paesi in cui si adotta, al fine di avere per quei minori documenti di identità e stato di abbandono là dove i bimbi sono realmente abbandonati dalla famiglia biologica di origine. Questo al fine di permettere loro di avere una famiglia adottiva, del proprio Paese oppure straniera. Questo è il vero problema: i bimbi negli Istituti o nelle case famiglia molte volte diventano grandi negli Istituti e una volta che raggiungono la pre-adolescenza o adolescenza l’adozione diventa sempre più difficile, se non impossibile. Per quanto riguarda l’apertura della possibilità di adottare ai single sono d’accordo con l’Associazione italiana di  Psicologia che afferma che il benessere delle bambine e dei bambini non dipende in modo significativo dal fatto che i genitori siano sposati, separati o singles o dello stesso sesso ma dalla qualità delle relazioni famigliari. E’ fondamentale avere un ambiente stabile e armonioso. Un aspetto fondamentale è che nell’adozione internazionale bisogna sempre tener conto della legislazione del Paese straniero in cui si andrà ad adottare, molti di questi Paesi non permettono l’adozione a famiglie monoparentali.  Mi spiego meglio: il single potrà rivolgersi al Tribunale dei Minori in Italia e otterrà dopo un percorso l’idoneità all’adozione internazionale. Quindi si rivolge ad un Ente autorizzato che lo accompagnerà nell’adozione di un bimbo in un Paese in cui la legislazione abbia l’apertura ai single. Alcuni esempi di Paesi in cui un single potrà adottare: Colombia, Brasile, Perù, Kenya, Albania, Bielorussia, Nepal, Vietnam. Molti i Paesi in cui non è prevista l’adozione di famiglie monoparentali o dello stesso sesso. Una domanda a questo punto è d’obbligo: perché l’apertura ai single e non alle coppie dello stesso sesso?  Perché solo l’internazionale e non la nazionale? Forse il punto di partenza è che la società attuale ha superato culturalmente la visione “dogmatica di famiglia”. L’urgenza in realtà dovrebbe essere mettere mano in modo più profondo, andando al problema cruciale del mondo delle adozioni, cioè al post adozione cioè il fatto che una volta che la famiglia rientra in Italia con il proprio figlio adottivo viene lasciata sola e non viene accompagnata proprio nei momenti cruciali come l’inserimento a scuola, il periodo adolescenziale, il tempo in cui si dovrà affrontare il viaggio di ritorno alle origini.

Prendiamo in considerazione i numeri. Secondo gli ultimi dati forniti dalla Commissione Adozioni Internazionali (CAI) nel primo semestre 2024 sono state concluse 234 adozioni, contro le 478 del 2023 e le 565 del 2022. Sembra che nel secondo trimestre 2024 arriverà un balzo in avanti significativo e il numero totale dei bambini adottati nel nostro Paese finirà per essere superiore a quello dei cinque anni precedenti. Le coppie che hanno dato la loro disponibilità all’adozione, considerando quelle che hanno ottenuto l’idoneità dai Tribunali per i minorenni, sono però tre volte tante. Puoi commentare queste cifre con l’esperienza del tuo lavoro?
Le adozioni internazionali hanno un calo numerico a livello globale anche se il 2024 in verità si chiude in controtendenza e i bambini arrivati in Italia nel 2024 sono 540 e segna un più 13% rispetto al 2023 .  Dobbiamo però considerare che nel 2010 furono 4.130 le adozioni. Oltre alla diminuzione i bambini sono anche più grandi e portano con sé storie e situazioni più complesse, nel 2023 il 70% è stato portatore di di specials needs cioè bimbi grandi di età: (età media 6,8 anni ) e/o perché portatori di situazioni sanitarie o storie particolarmente complesse.
I coniugi che scelgono il percorso dell’adozione sono sempre meno per la complessità del percorso ma anche per i costi importanti che una coppia deve affrontare  e arrivano a questa decisione sempre più avanti negli anni tanto che nel 2023 l’età media dei padri adottivi é stata di 47 anni e delle madri quasi 46. Anche le attese si sono allungate rispetto al passato per molteplici cause tra cui la pandemie, i conflitti, Paesi che chiudono all’adozione, non perché non ci siano bimbi abbandonati negli Istituti ma perché vogliono dimostrare di bastare a loro stessi e di non aver bisogno di coppie provenienti dall’estero. Dalla presentazione della disponibilità all’adozione alla realizzazione della stessa passano mediamente 4 anni e mezzo: un anno circa per avere il decreto di idoneità dal Tribunale dei Minori, 6 mesi poi il conferimento di incarico all’Ente autorizzato, altri 3 anni circa dal conferimento alla realizzazione dell’adozione.
Le coppie in attesa a inizio 2025 sono 1880 molte di più rispetto alle adozioni portate a termine in un anno. Per quanto riguarda la provenienza dei bimbi il continente dove sono state portate a termine adozioni é l’Asia con 175 coppie, poi l’Europa 146, America 145, chiude l’Africa con 74. Un dato quello dell’Africa in particolare che lascia intuire gli enormi margini di crescita che ci  sono in un Continente nel quale l’Emergenza abbandono è una piaga sociale.
Nell’adozione internazionale il decreto di idoneità non ha scadenza per cui le coppie o i single in attesa magari aspetteranno più tempo ma se si è determinati e molto motivati si arriverà a realizzare questo straordinario e meraviglioso progetto di famiglia.

Se ci fossero due o trecento single in più tra le coppie in attesa, cosa cambierebbe? Possiamo ipotizzare che un  giudice, a parità di condizioni, metterebbe da parte una famiglia con una mamma e un papà, e magari figli naturali, per preferire una persona single?
In parte ho già risposto precedentemente, le disponibilità ad adottare calano e bisogna sicuramente, per il bene dei bimbi,  riuscire a focalizzarsi nei Paesi di provenienza sulle procedure che portano a dichiara lo stato di abbandono e quindi l’adottabilità dei minori in Istituto abbandonati aumentando così il numero dei bimbi adottabili. Esistono anche liste di bimbi così detti Neglect List cioè bimbi adottabili per cui non si riesce ad individuare famiglia. Un dato significativo riportato dall’Unicef: 150 milioni di minori tra 0 e 17 anni rimasti orfani di uno o entrambi i genitori in tutto il mondo, solo in Africa 56 milioni. Una piaga che si può sperare di lenire solo restituendo a questa moltitudine di bambini l’amore di una famiglia!

Frida Tonizzo, presidente Anfaa (Associazioni nazionale famiglie adottive e affidatarie) ha commentato la sentenza con queste parole: “Una buona sentenza? Risponderei con quanto affermato da diversi figli adottivi adulti: ‘Potendo scegliere, preferirei avere due genitori invece di uno solo, insieme magari anche a eventuali fratelli e sorelle'”. Silvana, ti ritrovi in queste parole?
Sono d’accordo con Frida un bambino abbandonato ha subito il trauma dell’abbandono e sicuramente avere i due genitori e magari fratelli è una grandissima risorsa. Dopo 30 anni passati ad accompagnare famiglie nel loro percorso adottivo sono convinta però che un bambino in Istituto preferisca avere l’opportunità di incontrare la  mamma adottiva, oppure il  papà adottivo che gli dia una nuova speranza di vita, e non rimanere fino a 18 anni in orfanotrofio e poi passare il resto della vita probabilmente in strada.

Si crea ora una situazione per cui una coppia eterosessuale sposata può fare domanda di adozione nazionale o internazionale; una coppia di persone dello stesso sesso, unite civilmente NON può fare né l’una né l’altra. Una persona single, eterosessuale o omosessuale che sia può chiedere solo l’adozione internazionale. Quindi, alla fine, un buon risultato, ma da perfezionare? A partire dalla tua esperienza di tanti anni, e anche dalla tua personale, quali sono i problemi più grandi e più drammatici del “mondo delle adozioni”?
Come già detto il problema maggiore è dare a ciascun bimbo in stato di abbandono l’opportunità di vivere con dignità avendo i propri documenti personali e non vivendo come ombre, avere se realmente abbandonato,  il certificato che gli permetta l’opportunità di avere una famiglia adottiva.
Fondamentale sostenere con la cooperazione gli Istituti all’estero con progetti importanti nei Paesi dove si va ad adottare migliorando così la situazione sanitaria dei minori , la possibilità di studiare, di imparare un mestiere e di diventare un adulto emancipato ed indipendente, migliorando così più in generale le condizioni di vita di quel Paese.
In Italia la Commissione per le Adozioni internazionali CAI di Roma, l’organo preposto a supervisionare sugli Enti autorizzati, dovrebbe aiutare le coppie affinché i costi di un’adozione internazionale non siano così elevati, dando degli aiuti che attualmente ci sono, ma non  sono sufficienti.
Importantissima è la formazione che gli Enti autorizzati propongono alle famiglie e alle persone che si avvicinano all’adozione per permettere di affrontare le varie problematiche adottive con consapevolezza: il tema dell’abbandono, l’incontro, il viaggio all’estero per incontrare il proprio figlio. L’aspetto cruciale che deve migliorare e da strutturare è il supporto nel post adozione: deve essere creata rete tra Enti Autorizzati e Servizi sociali  per supporto per sostenere le  famiglie una volta rientrati in Italia. Le famiglie devono essere aiutate nel cammino meraviglioso con il proprio figlio. Alle volte questo percorso può presentare difficoltà, che se vissute in solitudine possono diventare molto pesanti mentre se condivise con professionisti e/o altre famiglie possono essere gestite meglio.

a cura di Simonetta Valenti