Quello che ci apprestiamo a vivere è un periodo estremamente delicato e pericoloso per il sistema di accoglienza nel nostro territorio (e in tutta Italia). La Prefettura di Torino ha messo a bando 2000 posti per l’accoglienza nel territorio della Provincia di Torino, ma cresce il rischio che al bando si presentino operatori improvvisati e dediti ad un’accoglienza puramente “alberghiera” e ghettizzante
Negli anni scorsi, con molta fatica, molte amministrazioni locali avevano deciso di essere parte attiva nell’accoglienza inclusiva delle persone che chiedono protezione.
Fu un passo non banale, anzi di grande rilievo culturale e politico: amministratori che rifiutavano di farsi portavoce delle chiusure becere e miopi che fomentavano paure di inesistenti invasioni e pericoli per la sicurezza e decidevano invece di associarsi per meglio dialogare con il livello superiore, rappresentato dalla Prefettura, per gestire, controllare, stimolare l’accoglienza nelle proprie comunità.
Il sistema, governato dai Consorzi InReTe e CISS AC (eporediese e calusiese) e di tanti altri in provincia di Torino, Piemonte e Italia prevedeva:
– accoglienza diffusa sul territorio e in piccoli gruppi (appartamenti e non alberghi o grossi centri spersonalizzanti e invalidanti)
– apprendimento della lingua, conoscenza territorio, formazione, tirocinii, assistenza legale, accompagnamento all’inserimento nella comunità locale anche con attività di volontariato
Non era perfetto, ma andava nella giusta direzione e stava migliorando.
Risultati in tendenza positiva: tirocini, formazione, assunzioni, a tempo determinato e indeterminato.
Ma c’era anche l’occupazione e la crescita professionale di decine, centinaia di operatori e operatrici dell’accoglienza: mediatori culturali, educatori, psicologi, tutor per l’inserimento sociale e formativo-lavorativo.
Alla base, o dietro a quelle progettazioni c’erano (ci sono) alcune considerazioni semplici, ma non sempre ispiratrici delle politiche per l’immigrazione:
– la persona umana non sopporta la sospensione; se la costringi a una lunga attesa nel vuoto o appassirà o cercherà di fuggire;
– le persone che arrivano portano con sé (e quasi sempre anche di altri rimasti ad attendere) aspettative e disponibilità perfino a rischi sovrumani (come quelli che dopo aver attraversato deserto e mare pensano di sfidare le Alpi d’inverno pur di trovare un futuro), non indirizzare questo potenziale in investimenti di crescita equivale a buttare risorse; risorse umane si chiamano;
l- e nostre comunità sono sempre più spopolate e soprattutto vecchie. Spaventosamente vecchie. E non c’è politica di sostegno alla natalità che consenta di produrre ventenni in meno di venti anni. Non è un vincolo della UE, è la natura, bellezza! E non ci puoi fare niente.
Su un sistema di accoglienza ancora ben lontano dalla perfezione, ma avviato verso crescenti risultati positivi, si è abbattuta la furia distruttiva dei decreti dell’allora ministro Salvini, approvati dalla maggioranza di allora che ne fece leggi e da interventi “amministrativi” (circolari e bandi) che pur non avendo la forza di legge sono in grado di produrre disastri pesanti.
E’ nota la gravità dell’abolizione, praticamente totale, della protezione umanitaria che ha prodotto un aumento delle persone senza permesso di soggiorno, spinte nella irregolarità, nella necessità di nascondersi, di mantenersi con lavori e attività non in regola. Situazione che consente a chi sfrutta i lavori neri di brindare alla “pacchia che continua” essendo aumentato l’esercito dei senza diritti.
Abolire la protezione umanitaria è, secondo molti, anche una lesione dell’art.10 della Costituzione che prevede un diritto di protezione più ampio rispetto alla Convenzione di Ginevra.
Il secondo colpo al sistema è stato il cambiamento di nome degli SPRAR che, ovviamente, non è stato solo una modifica nominale. Il fatto è che negli SPRAR potevano essere accolti anche i “richiedenti asilo” (Sistema Protezione Richiedenti Asilo e Rifugiati) ovvero coloro che, presentata la domanda attendevano la decisione e intanto imparavano la lingua, conoscevano la comunità, potevano anche formarsi e perfino lavorare, dopo un certo periodo.
I contenuti, la tipologia delle attività dello SPRAR erano, sempre più considerati il traguardo a cui tendere e “allineare” anche le attività dei CAS (Centri di Accoglienza Straordinaria).
Per capirci: nel territorio dei 40 Comuni del Consorzio InReTe i 520 posti come massimo dell’accoglienza prevista erano ripartiti fra circa 70 posti in SPRAR e 450 in CAS, ma nei fatti si tendeva a offrire la stesso tipologia di accoglienza (con immancabili carenze anche gravi in alcuni casi).
Bene, anzi male, Salvini preclude l’ingresso dei richiedenti asilo nei SIPROIMI (ex SPRAR) e, soprattutto impoverisce drasticamente le attività di inclusione e di accrescimento della persona ospitata: niente più corsi di lingua e nessuna attività tesa alla conoscenza e al rapporto con la comunità. E conseguente riduzione delle rette riconosciute ai gestori dei centri (in genere cooperative e associazioni).
La logica è: ti teniamo in attesa della decisione sul tuo diritto al soggiorno (18-24 mesi) garantendoti vitto e alloggio ed eventuali cure sanitarie, ma nessuna attività.
Contro queste logiche si sono espressi associazioni e loro coordinamenti.
Sul nostro territorio, come in molti altri, i Comuni associati (InReTe e CISS AC) hanno rifiutato di partecipare a un’attività di bassa accoglienza alberghiera. Nei mesi passati in molte parti d’Italia sono andati deserti, o scarsamente partecipati, bandi delle Prefetture che intendevano assegnare posti in accoglienza con le nuove caratteristiche, contenuti e rette.
Ciò ha indotto la nuova ministra Lamorgese a correggere, ma in modo del tutto insufficiente, alcune disposizioni. La Prefettura di Torino che aveva prorogato al 31 marzo, le convenzioni scadute a fine anno, a inizio febbraio ha messo a bando 2000 posti per l’accoglienza nel territorio della Provincia di Torino
Venerdì scorso, il 6 marzo, è scaduto il termine per presentare le offerte. Alcune cooperative, fra cui l’eporediese Mary Poppins, hanno presentato ricorso al TAR tentando di invalidare il bando; la decisione è fissata per il 25 marzo e anche in altre province vi sono state iniziative simili. Altre cooperative e associazioni hanno partecipato, ma non è dato, per ora, di sapere chi e per quanti posti.
Cosa succederà ora sul nostro territorio?
Certamente ci sarà:
– uno scadimento della qualità dell’accoglienza
– una perdita di posti lavoro degli operatori dell’accoglienza
– una perdita di controllo degli Enti Locali (la convenzione è tra Prefettura e Cooperativa senza la funzione intermedia di controllo, monitoraggio, coordinamento e stimolo che garantivano i Consorzi dei Comuni)
– minore apporto di contributi (soldi) dal governo verso questo territorio
Altri possibili rischi:
– l’arrivo di operatori improvvisati che allestendo grossi centri (alberghi e simili) puntano ad economie di scala per lucrare in una accoglienza puramente “alberghiera” e ghettizzante;
– trasferimento di persone verso (o da) altri Centri di Accoglienza Straordinari;
– un pressoché certo aumento di persone in condizione di precarietà e di emarginazione.
Che fare? Cosa possiamo fare?
Ad oggi tutti i colpi inferti dal precedente ministro dell’interno non sono stati corretti!
L’abolizione delle leggi che sono state contrabbandate come leggi per la sicurezza viene richiesta da molti, segnaliamo due coordinamenti nazionale che si apprestano (virus permettendo) a lanciare nuove campagne per l’abolizione:
– #IO ACCOLGO
– Forum per Cambiare l’ordine delle cose
Ma anche localmente possiamo, e dobbiamo agire per difendere esperienze, culture, aspirazioni e interessi delle nostre comunità e della nostra umanità.
Particolarmente in questi giorni in cui l’intera Europa rischia di smarrirsi e lasciarsi andare in una spirale di disumanità che credevamo appartenesse al passato.
Possiamo fare:
– Allargare l’esperienza dei Corridoi Umanitari che già la Parrocchia del Borghetto e di Chiaverano e Cascinette hanno realizzato con la partecipazione di credenti nell’umanità a vario titolo. Si può fare, si può fare molto di più e con un impegno possibile per tutti noi. Speriamo presto di proporre una opportunità, ma sono benvenute fin d’ora idee e disponibilità ( [email protected] )
– Conquistare più Comuni al ruolo di gestori di SIPROIMI (Sistema di protezione per titolari di protezione internazionale e per minori stranieri non accompagnati)
Con un coordinamento (per esempio dei Consorzi InReTe e CISS AC) che aiuti, anche i nostri piccoli Comuni possono candidarsi ad essere sedi di piccole accoglienze decentrate, diffuse e qualificate, avendo il controllo per evitare speculazioni, emarginazioni, avvilimenti delle speranze dei migranti
Per restare informati potete mandare una mail a [email protected]
Armando Michelizza