Il dibattito sulla Garante dei detenuti, com’è e come potrebbe essere
Fatti e antefatti
Con una riunione a porte chiuse tenutasi lunedì, conclusasi con tredici voti a favore e una scheda bianca è stata ufficialmente rimossa dal Consiglio Comunale di Ivrea la Garante dei detenuti Paola Perinetto. Ora si apre la discussione su chi andrà a ricoprire il posto di quest’ultima: per evitare di dover passare nuovamente da un bando, eventualità che allungherebbe i tempi lasciando di fatto i detenuti privi di questa figura, maggioranza e opposizioni hanno concordato di andare a ripescare direttamente dai candidati dell’anno precedente. Il candidato che sembra avere le maggiori possibilità di ricoprire il ruolo di Garante pare essere Raffaele Orso Giacone, vicino a ViviamoIvrea e da sempre nel mondo dei volontari del carcere, ma la decisione ufficiale sarà presa probabilmente il 2 novembre, quando sarà convocato il consiglio straordinario.
Il motivo della rimozione risale a circa una settimana prima, quando la condivisione di un post su Facebook da parte dell’ormai ex-Garante ha scatenato un’imponente bolla mediatica.
“Nella foto possiamo osservare un caso di estrema somiglianza. Uno è un criminale senza scrupoli, l’altro è Cesare Battisti”. Sotto alla scritta, le foto del presidente Mario Draghi e dell’ex-proletario armato per il comunismo Cesare Battisti.
Come era facile immaginare il post ha suscitato da subito aspre critiche, tra le quali quella del Garante nazionale Mauro Palma, il primo a chiedere a sindaco e giunta comunale di valutare la rimozione della Garante. A questa sono seguite altre e ben più caustiche critiche sostanzialmente bipartisan, in una escalation che ha visto il suo eccesso forse non tanto nella rimozione della Garante, ma più probabilmente nella scelta della Procura di Ivrea di aprire un fascicolo sulla questione, per ora ancora senza ipotesi di reato.
Fisiologicamente, subito dopo l’esplosione mediatica financo eccessiva sulla vicenda, hanno iniziato a venire fuori alcune timide difese di Perinetto, ritorno di fiamma inevitabile quanto prevedibile del circo mediatico. Per primo il Garante regionale che, in contrapposizione con quello Nazionale e senza tentare di difendere il post incriminato, ha comunque invitato a non cancellare per questo il lavoro effettuato in questi anni, definendo Perinetto come una Garante molto presente, efficace e disponibile. La seconda voce in difesa della Garante si è alzata dal giornale locale La Voce del Canavese, che in un articolo paragona questo evento, ma in particolare la gogna mediatica da lì iniziata, alla polemica sulla frase male interpretata dello storico Alessandro Barbero che ha tenuto banco per qualche giorno nelle pagine social di mezzo stato.
Cosa pensare?
Nel tentativo di sottrarci al normale tritacarne mediatico e manicheo (proposito non facile) e invece di dare un’opinione non richiesta, proveremo qui a usare la vicenda come spunto per una riflessione più ampia.
Iniziamo dall’innesco: il post incriminato è oggettivamente di cattivo gusto e poco difendibile. Al di là delle diverse e sfumate opinioni politiche non ci si poteva aspettare che le reazioni fossero differenti, soprattutto visto il delicato ruolo istituzionale ricoperto dalla ex-Garante. Non si tratta certo del primo post discutibile condiviso da Perinetto, che non fa mistero della sua appartenenza alla galassia no-vax no-pass. Ma l’aver paragonato l’attuale premier a un fautore della lotta armata è stato percepito come un attacco alle istituzioni intollerabile in un periodo così teso. Che insomma ci fossero conseguenze per questa azione pareva inevitabile. Ciò che ha fatto storcere il naso a molti è stata però l’eccessiva ferocia con la quale ci si è scagliati contro la Garante: possibile che si possa essere rimossi dal proprio ruolo per un post? Anche quando negli ultimi cinque anni abbiamo visto figure di ben più alto livello istituzionale utilizzare i social in maniera spregiudicata e ben più pericolosa di così? Se a questo si aggiunge l’apertura di un fascicolo da parte della procura la situazione rasenta il ridicolo: pensiamo davvero che Paola Perinetto inciti all’eversione contro Mario Draghi? Oppure che intenda riformare i PAC? E dire che in questa città di problemi sui quali aprire un fascicolo ce ne sarebbero…
L’esagerazione intrinseca a questa situazione ha giustamente generato delle critiche a un primo sguardo anche condivisibili, ma che non reggono a un’analisi approfondita: l’accostamento proposto da LaVoce, seppur benintenzionato nel suo proposito di andare oltre la gogna mediatica, non centra il punto. Non parliamo qui di una frase estrapolata dal contesto e riportata appositamente per scatenare polemiche pretestuose nei confronti di un intellettuale stimato e schierato. Qui si parla di un post, l’ultimo di una lunga serie, che denota una mancanza di consapevolezza per la delicatezza del proprio ruolo. A uscirne danneggiata da questa storia non sono solo Paola Perinetto e la sua immagine pubblica, ma anche e soprattutto le persone per le quali doveva fungere da garante e alle quali doveva un comportamento irreprensibile: gli stessi detenuti che a causa di questa storia si ritrovano ancora una volta privi di qualsiasi forma di rappresentanza.
L’obiezione mossa dal Garante regionale parrebbe invece più gravida di spunti: è sempre un peccato quando un buon lavoro, soprattutto quando portato avanti per molto tempo, quotidianamente e mantenendo un basso profilo, viene distrutto da un singolo scivolone, uno sbaglio magari conclamato, ma che certo non vale una carriera. Affermazione valida, ma dalla quale sorge spontanea una domanda: l’operato di Perinetto è davvero quello descritto dal Garante regionale?
Premettendo che il passaggio delle informazioni tra l’interno e l’esterno del carcere, non-luogo per eccellenza, segue ritmi e filtri ben diversi da quelli ai quali siamo abituati noi che viviamo all’esterno delle mura, consapevoli quindi che non abbiamo i mezzi per affermare nulla con certezza, la domanda permane: cosa ha fatto Perinetto per i detenuti?
Tra le battaglie di quest’ultima non si può non citare quella portata avanti appena subentrata nel ruolo, avviata prima di lei dal precedente Garante dei detenuti Armando Michelizza e con l’aiuto dell’associazione Antigone, per l’avocazione delle inchieste sui maltrattamenti in carcere datate 2015-2016. Dopo questa prima battaglia e la successiva richiesta di un aumento del rimborso spese alla giunta comunale, sul quale ironicamente il consiglio avrebbe dovuto esprimersi proprio in questi giorni, calma piatta. Nessuna comunicazione, nessuna dichiarazione, a parte la richiesta Relazione annuale al Consiglio comunale sull’attività svolta, niente che faccia percepire all’esterno la presenza di una Garante. Nonostante l’evidente facilità con la quale condivide post anche potenzialmente controversi, non ne è presente nessuno a tema carcere: nessuna condivisione di notizie su ciò che accade all’interno della casa circondariale eporediese, nessuna condivisione dei post de La Fenice, il giornale online redatto completamente dai detenuti di Ivrea (esperienza più unica che rara sul territorio italiano), né tantomeno alcuna menzione all’Alba, il giornale cartaceo, o a qualsiasi altra attività o problematica interna. Un mese fa un detenuto si è tolto la vita nel carcere di Ivrea. La procura ha aperto un fascicolo a riguardo. Due parole si potevano sprecare o no?
Anche la decisione di non vaccinarsi, che al di là delle opinioni personali rimane tutt’ora una scelta assolutamente a norma di legge, si porta dietro in questo caso specifico problematiche che vanno oltre il dibattito sui vaccini. Ovviamente Perinetto poteva continuare a entrare nel carcere facendo dei tamponi; dalle parole del Garante regionale apprendiamo che “giovedì 14 ottobre, in previsione dell’entrata in vigore delle norme sul Green pass, la Garante di Ivrea aveva salutato i detenuti con l’impegno di seguire da remoto le segnalazioni e i casi già presi in carico“. Sembra una scelta responsabile, ma non lo è. In un non-luogo come il carcere, dove la comunicazione è poca e razionata, i mezzi obsoleti e i bisogni innumerevoli, scegliere di seguire le segnalazioni da remoto significa far pagare ai detenuti le proprie prese di posizione, anteponendo le scelte ai bisogni delle persone private della libertà personale. Non quello che ci si aspetta da una Garante.
Ma quindi il Garante ci serve?
Tutto questo porta a una domanda: qual è in definitiva il ruolo di un Garante? Intanto è sempre bene ricordare che il nome completo è Garante dei diritti delle persone private della libertà personale: la sua funzione di vigilanza non si limita quindi al carcere, ma si estende ai luoghi di polizia, ai CPR, ai REMS, ai TSO, persino alle RSA. Una bella mole di lavoro se si considerano tutti i problemi relativi a questi luoghi. Perché allora non sentiamo più spesso parlare di queste figure? In parte sicuramente portano avanti un lavoro quotidiano e necessario, che sicuramente non fa notizia. In parte però viene da chiedersi perché spesso sembrino comparire solo quando c’è clamore mediatico: nel 2015 è stata la lettera di un detenuto ad attirare l’attenzione dei media, ed è grazie a quella lettera che oggi la cella liscia nota come acquario è stata rimossa. Com’è possibile che nessuno ne fosse a conoscenza prima di allora? Se quella lettera non fosse fuoriuscita, quella cella sarebbe ancora lì? A maggio di quest’anno, nel CPR di Torino, Moussa Balde, ventitreenne della Guinea, si è impiccato con le lenzuola. Dopo esser stato vittima di un feroce pestaggio a Ventimiglia, era stato trovato senza documenti dalla polizia e trasferito nel CPR, precisamente nella zona Ospedaletto, una stanza isolata priva di servizi o spazi comuni, senza la possibilità di sapere nulla del proprio destino. Dopo il suo suicidio Monica Gallo, garante per i detenuti del Comune di Torino, si era detta molto addolorata, sottolineando come si fosse già soffermata sulla zona ospedaletto nel precedente rapporto annuale sui CPR. Com’è possibile allora che quella stanza fosse ancora lì? Perché è stata rimossa solo a inizio settembre? Sono i Garanti che non fanno abbastanza o è l’efficacia del loro ruolo è ostacolata? Abbiamo davvero bisogno che ci scappi il morto perché si muova qualcosa?
Ecco questo è il dibattito che sarebbe bello scatenare sul tema, al di là dei meme su Mario Draghi che, oltre a non far ridere, sono anche stantii.
Lorenzo Zaccagnini