Dal 19 al 21 dicembre il voto dei lavoratori sull’ipotesi siglata dalle organizzazioni sindacali
E alla fine il contratto dei metalmeccanici è stato firmato, o meglio siglato come ipotesi, perché anche Federmeccanica – e questa è una novità storica – lo considererà valido solo dopo che sarà stato approvato dai lavoratori con un voto certificato: insomma, la democrazia non è una “fisima” di qualcuno, ma una regola generale che vincola anche le controparti, cioè le imprese. Anche per questa ragione la trattativa si è sbloccata e si è raggiunta una conclusione unitaria, con la Fiom che torna a firmare un contratto nazionale dopo 8 anni: l”ultimo, infatti, fu nel 2008, all’inizio della crisi che tra i metalmeccanici ha cancellato 300 mila posti di lavoro, e non è ancora finita.
Come in tutti i contratti nazionali i punti sono tanti, ma i più importanti sono sicuramente quelli relativi al salario e alla possibilità di “derogare” a livello aziendale rispetto alle norme del contratto nazionale stesso.
Quanto al salario si era partiti – da parte di Federmeccanica – con la proposta di aumenti, per il recupero dell’inflazione, da destinare solo ad una piccola parte di lavoratori. Poi dopo mesi di stallo Federmeccanica aveva iniziato ad aggiustare il tiro, accettando il principio di aumenti per tutti, ma con recupero decrescente dell’inflazione stessa: 100% il primo anno, 75 % il secondo, per finire – nel 2019 – con il 50%.
Nel rush finale della trattativa è poi passato il recupero pieno dell’inflazione, per tutti gli anni di vigenza del contratto.
Tutto bene dunque?
In verità le imprese hanno cercato di compensare il pieno recupero dell’inflazione per tutti i lavoratori, con un parziale meccanismo di assorbibilità.
Che vuol dire? Fin dall’inizio lo schema padronale era quello di rendere alternativi gli aumenti derivanti dal contratto nazionale con quelli ottenuti nei contratti aziendali. In che modo? Assorbendo questi ultimi, cioè – per esempio – a fronte di 10 euro in più dal contratto nazionale, ne avrebbero dovuti essere tolti altrettanti dalla quota di salario aziendale (premi, indennità varie, “superminimi” individuali, etc).
Alla fine da questo scambio è sparito tutto ciò che riguarda accordi aziendali già in vigore, più gli scatti d’anzianità e le indennità legate alla prestazione di lavoro (a fronte per esempio di turni più gravosi). Per tutte le altre spettanze derivanti dalla contrattazione saranno le imprese e le rappresentanze sindacali a stabilire se si tratta di erogazioni “assorbibili” o no.
In secondo luogo, rispetto alla possibilità di derogare a livello aziendale rispetto a quanto stabilito dal contratto nazionale, occorre tener conto che tale eventualità non solo era prevista dall’ultimo contratto non firmato dalla Fiom, ma anche da una legge introdotta dall’allora ministro del lavoro Sacconi.
In questo caso il nuovo contratto nazionale ridimensiona la “derogabilità”, escludendo da questa possibilità gli aumenti salariali, e stabilendo una procedura che prevede il consenso non solo dei delegati aziendali ma anche delle organizzazioni sindacali, oltre al voto – se richiesto – dei lavoratori.
Mi sono soffermato sui punti più controversi, lasciando sullo sfondo risultati significativi su altre questioni: la formazione come diritto, l’assistenza sanitaria integrativa a totale carico delle aziende e allargata ai familiari dei lavoratori, il fondo di previdenza Cometa dove diminuisce il contributo a carico del lavoratore e aumenta quello a carico dell’azienda, più altri punti non meno importanti.
Aver fatto il contratto è già di per se un risultato, difficilmente prevedibile all’inizio della trattativa, cioè un anno fa, che chiude un ciclo, quello degli accordi separati, con la Fiom che recupera un’autorità contrattuale e i lavoratori a cui spetta l’ultima parola. Non poco. se si pensa a FCA, il cui contratto non è stato votato dai lavoratori e non prevede aumenti sui minimi contrattuali, ma solo premi legati ai risultati dei singoli stabilimenti: insomma solidarietà contro divisione dei lavoratori.
Certo, si tratta di un risultato raggiunto attraverso mobilitazioni e scioperi non scontati, una mediazione non facile, e in un contesto complicato, ma che salva e rilancia l’idea stessa di contratto nazionale, e tiene aperta una prospettiva di azione sindacale dentro i luoghi di lavoro, senza scambi impropri, soprattutto sui temi più sensibili, come gli orari di lavoro.
E ora la parola è alle assemblee e al voto (segreto, su scheda) dei lavoratori che si terrà nelle aziende metalmeccaniche dal 19 al 21 dicembre.
Federico Bellono