Venerdì 31 marzo si presenta a Ivrea il nuovo movimento nato dalla scissione del PD del mese scorso: le ragioni e le prospettive in un’intervista a Franco Giorgio
Si presenterà a Ivrea il prossimo 31 marzo, alle ore 21 in sala Santa Marta, “Articolo 1 – Movimento Democratici e Progressisti” (MDP) nato un mese fa dalla scissione avvenuta nel Partito Democratico in seguito all’Assemblea nazionale dello scorso 19 febbraio, nella quale Matteo Renzi si è dimesso da segretario per ricandidarsi nelle primarie convocate per il 30 aprile.
L’incontro pubblico a Ivrea di sabato 31 marzo, con l’intervento del senatore Federico Fornaro e la partecipazione dell’ex ministro Nerio Nesi, sarà un’occasione per ascoltare le ragioni dell’uscita dal PD e per misurare la consistenza sul territorio e i progetti di questo nuovo movimento politico.
Pochi gli esponenti del PD locale che hanno condiviso la scelta di Speranza, Bersani, Rossi, D’Alema, Errani e altri di uscire dal PD e di dar vita al MDP. Al momento, oltre a Franco Giorgio (che è stato segretario cittadino del PCI poi PDS e infine segretario della Federazione dei DS del Canavese) anche Dario Omenetto (segretario del circolo eporediese del PD fino al 2013 ed ex consigliere provinciale).
Delle ragioni di questa scelta e delle prospettive del MDP, parliamo con Franco Giorgio.
Perché hai preferito questa nuova strada?
Premetto che dieci anni fa, quando si passò dai DS al PD, mi dimisi e non mi iscrissi al PD, perché ritenevo quell’operazione una “fusione a freddo” di due culture e tradizioni politiche che non avrebbe portato a niente di buono. Mi sono poi iscritto al PD qualche tempo fa, ma ho assistito alla progressiva involuzione di un partito che si allontanava dai ceti sociali più deboli, minando pesantemente la sua stessa identità. Negli ultimi anni, poi, Renzi ha per lo più fatto leggi che potevano avere un qualche ritorno elettorale, mentre alimentava oltre misura la logica del partito del leader e la sua trasformazione da grande forza politica a strumento di mero marketing elettorale. Il risultato è stato la perdita di contatto con la società reale, in particolare con i giovani (come peraltro confermato dall’analisi del voto delle elezioni amministrative e, ancor più chiaramente, del referendum costituzionale) lasciati nella precarietà e povertà. In questi ultimi anni è stato raccontato un film diverso dalla realtà, parlando di crescita e futuro quando i nostri ragazzi non vedono proprio un futuro, imprigionati da difficoltà continue, di lavoro, di reddito, di prospettiva. E chiedo ai compagni del PD che alle primarie appoggeranno Orlando, perché le periferie sociali non votano più PD? Forse perché non siamo stati vicini al disagio delle persone e delle famiglie, si è preferito stringere rapporti con altre sfere, dimenticandoci che un partito di centrosinistra al primo posto della propria agenda deve avere chi è in difficoltà.
Perché ambienti di scuola e sindacati non votano più PD? Forse perché si è preferito cercare consenso a destra, realizzando riforme che hanno colpito anche la nostra storia.
Perché iscritti, donne e uomini del Pd se ne sono andati in silenzio? Scissioni silenziose da anni e scissione ultima? Forse perché non si è dato spazio e dignità alle varie sensibilità che ci sono nel partito.
Questo accade e le sconfitte si susseguono, ma la maggioranza del Pd in questi mesi non ha aperto una discussione vera, un’analisi profonda di questi dati. Non ci si è voluti interrogare sulla direzione, su dove il Pd è andato e sta andando. Non ci si vuole chiedere se alle radici di quei dati non ci sia in realtà un problema di profilo culturale e politico del partito. Questa necessità di approfondimento, vitale per il Pd e per il centrosinistra, in uno scenario di crisi complessiva della socialdemocrazia anche a livello europeo, non viene ascoltata e viene evitata.
Con MDP cosa contate di fare?
Con la scelta di chiamarci “Articolo 1- Movimento Democratici e Progressisti”, ci assumiamo una grande responsabilità perché è evidentemente impegnativo porsi come programma quanto recita il primo articolo della Costituzione Italiana: “L’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”. Un “programma” che non esaurisci e risolvi semplicemente con misure quali il “reddito di cittadinanza” o “lavoro di cittadinanza” o comunque lo si chiami. E il dramma è che in questi ultimi anni, da parte del PD e del governo, c’è stata palesemente più attenzione al mondo dell’imprenditoria che a quello dei lavoratori, dei giovani, dei precari.
Da anni appare evidente la crisi del capitalismo, accelerata dalla finanziarizzazione dell’economia. E’ una crisi che richiederebbe risposte e un progetto di cambiamento radicale di sistema e vede invece i partiti cosiddetti socialdemocratici in Europa balbettanti oppure in prima fila nel praticare politiche liberiste. Con il comune risultato di perdita di consensi elettorali (ancora in Olanda in questi giorni) mentre si rafforzano le forze nazionaliste che, con linguaggi virulenti e verbalmente radicali, propongono semplicemente il ritorno al passato e la chiusura (negli stati, nelle città, nei condomini,…). Alla luce di tutto questo non appare inadeguata una forza che si richiama ad una più chiara e netta connotazione socialdemocratica?
L’Italia è sempre stato un paese prevalentemente moderato e non hanno successo proposte radicali estreme, mentre è possibile sviluppare politiche che non siano contro i lavoratori e sviluppare, nel contempo, pratiche e progetti per una nuova società. Che poi è, in qualche misura, quello che hanno cercato di fare i DS e lo stesso Ulivo. In presenza di “radicalità” quali quelle dei 5 Stelle e della Lega, ciò che manca è una sinistra razionale che sappia trovare e praticare risposte in avanti ai disastri sociali, ambientali e culturali provocati dalla globalizzazione finanziaria.
Ma non credi che il problema di fondo sia la quasi assenza di mobilitazione sociale?
Manca da tempo una dirigenza politica in grado di raccogliere il malumore sociale, di organizzarlo e dargli prospettive, ma qualcosa si muove e mi pare che cominci a crescere la partecipazione politica.
Chiudiamo con il livello locale: come vedi il PD eporediese? E come si arriverà alle comunali di Ivrea del 2018 ?
Si diceva che qui le cose andavano diversamente, partito più unito e clima migliore. Ma spesso si è trattato di un esercizio di retorica. Il PD eporediese è stato il PD di lotte intestine con in primo piano esclusivamente diatribe di palazzo (Comune di Ivrea) dando una immagine esterna poco edificante. In questi anni di governo cittadino sono state fatte molte cose, alcune sicuramente buone, altre meno. Ma il problema vero è stato il metodo più che i contenuti. Si vogliono cambiare le cose? Bene, ma puoi farlo solamente con l’ascolto, con le mediazioni, accompagnando il cambiamento sui territori. Invece ha prevalso la logica del non fare autocritica su nulla. Anche per questo credo che, per le elezioni comunali di Ivrea, bisognerebbe pensare a un percorso più civico, che aggreghi diverse forze e realtà, magari intorno a una figura esterna come candidato sindaco.
a cura di fz