Il consorzio Elettra che si è aggiudicato i rami Manital e Manital Consorzio a dicembre 2022, dopo il mancato accordo sindacale di metà gennaio, annuncia di voler mantenere la procedura di licenziamento collettivo aperta a dicembre 2022 che scade a fine febbraio.
La vicenda Manital giunge ad un epilogo scontato perché assomiglia a tutte le vicende di grandi aziende mal condotte e fatte fallire da imprenditori avidi quando non truffaldini. La chiusura definitiva è ormai realtà. Degli oltre 5000 dipendenti diretti e 10.000 con le consorziate, sono rimasti oggi 179 dipendenti, 22 a Ivrea.
Siamo quindi all’atto finale dell’ennesima distruzione di una grande azienda dell’eporediese.
Perché questo territorio attiri tanti personaggi, più prenditori che imprenditori, cinici, senza alcuna attenzione verso le persone, guidati solo da un forte e accecante interesse personale, dovrebbe essere argomento di studio antropologico-sociale. Certo non è un fenomeno che tocca solo il nostro territorio, purtroppo. In tutta Italia falsi imprenditori hanno creato deserti occupazionali e danni sociali e materiali a terre e persone. Ma questa parte di Canavese che ha visto un imprenditore differente, la cui gestione anche paternalistica poteva non piacere, ma che indubbiamente ha detto e agito con un’idea di emancipazione del lavoratore al di là della sua specifica mansione, qui è ancor più inaccettabile. E meno che mai lo è quando l’ultimo responsabile di un fallimento clamoroso, quello Manital, è un personaggio che tanti definivano manager illuminato degno erede di Adriano Olivetti (sic).
L’illuminato ha fatto nascere e sviluppare una fra le maggiori aziende di facility management italiane, ma la necessaria “diligenza del buon padre di famiglia” di chi gestisce una impresa di quelle dimensioni, l’ha messa presto nel cassetto. E così sono arrivati appalti grigi e investimenti che tali non erano, ma piuttosto veri e propri salassi per le casse aziendali, come l’acquisto per 40 milioni del castello di Parella. Quello è stato se non il primo, il più evidente segno che ormai il delirio di onnipotenza aveva preso il posto dell’imprenditore etico, innovativo ma prudente che mai avrebbe dovuto mettere a rischio il lavoro dei suoi dipendenti. Ormai si andava oltre. E quell’oltre era un oltre il baratro. E Manital è fallita.
Ultimo atto
Il 12 dicembre i commissari straordinari annunciano ai lavoratori di Ivrea in una conference call che i due rami principali “Manital” e “Manital Consorzio” verranno venduti al Consorzio Elettra composto da nove società: Canavesana Multiservice (Torino), Blue Lion facility (Nova Milanese), Brio Group (Bari), L’ambiente (Messina), Incoip (Torino), Cosm (Milano), Cvs Service (Aosta), Restauri edili monumentali Italia (Roma).
L’ennesima scatola vuota? Il sospetto fra i dipendenti è forte anche perché sembra che il consorzio non abbia dipendenti né commesse. E il sospetto diventa quasi certezza all’annuncio del consorzio di voler assumere solo 15 dipendenti dei pur pochi 179 rimasti. E per questi 15 facilmente peggioreranno le condizioni di lavoro, non ultimo il cambio di sede che potrebbe essere per tutti quella del consorzio a Roma. A Ivrea sono rimasti 22 dipendenti e se anche fra quei 15 ci fosse qualcuno di loro, non è escluso che debba lasciare la città e quindi Manital chiudere definitivamente la storica sede di via Di Vittorio (anche se nel bando è previsto l’uso gratuito di quella sede per due anni).
Sempre a dicembre, il 16, era anche stata aperta una procedura di licenziamento collettivo che scadrà il 28 febbraio. E non essendo stato trovato un accordo con i sindacati, il consorzio ha tranquillamente annunciato che procederà unilateralmente con il licenziamento collettivo. A fronte della indisponibilità dei nuovi acquirenti a trovare un accordo, i sindacati hanno chiesto un incontro al ministero delle imprese e del made in Italy (sic, ex ministero dello sviluppo economico) che si terrà il 20 febbraio. Francamente giunti a questo punto è difficile immaginare una svolta positiva, si tenterà di contenere i danni, ormai immani in termini di vite lavorative spezzate.
L’amarezza delle lavoratrici e dei lavoratori rimasti in Manital è immensa e non nasce oggi. Alle preoccupazioni per una gestione che loro dal di dentro vedevano rischiosa, alle prime crepe, ai primi stipendi saltati, al crollo definitivo, si aggiunge – a fallimento arrivato – una gestione commissariale che loro definiscono almeno “non attenta” ai dipendenti. «La gestione dei commissari in questi tre anni è stata per noi una pena. Nessun contatto con noi dipendenti, nessun rispetto, direi. E ora fatichiamo pure ad ottenere dai commissari il modulo SR52 per accedere al Fondo di Garanzia Inps per avere il pagamento delle ultime tre mensilità come ha stabilito il giudice – si sfoga un lavoratore – l’Inps non accetta che il modulo sia firmato digitalmente e i commissari si ostinano a non volerlo firmare, e noi aspettiamo in eterno ciò che è un nostro diritto.»
Abbiamo capito che la storia Manital è iniziata sotto tante ombre ma ora sta finendo nel buio marcio!
E’ questa l’amara sintesi di chi è rimasto (ancora per poco) in quella che in tanti, con leggerezza, definirono come un’azienda guidata da un imprenditore dallo stile olivettiano (aggettivo caro a Ivrea, ma molto spesso usato a vanvera).
Cadigia Perini