Successo per la manifestazione di sabato 11 novembre indetta da 36 associazioni del territorio
Sono ormai trascorsi quaranta giorni dall’inizio del conflitto con Israele lanciato da Hamas il 7 ottobre e ogni giorno che passa il bollettino di guerra restituisce l’immagine di uno sterminio di civili di cui non si intravede la fine. Al 13 novembre sarebbero 1.200 i morti per parte israeliana, 11.240 per parte palestinese (di cui 4630 bambini) a cui si aggiungono oltre 27.000 feriti e più di 2.700 dispersi.
Numeri da far accapponare la pelle, a cui si aggiungono foto e video di ospedali assediati (quello di Al Shifa, a Gaza, è sotto assedio da giorni) e sedi istituzionali occupate (sta facendo il giro del mondo la foto dei soldati israeliani dentro il Parlamento della Striscia).
Di fronte a tutto questo e come risposta al barbaro silenzio da parte dei governi sulla situazione palestinese, le piazze di tutto il mondo sono state protagoniste di manifestazioni per chiedere un immediato cessate il fuoco. Anche a Ivrea sabato 11 novembre 500 persone hanno risposto alla chiamata lanciata da 36 associazioni del territorio di scendere in piazza, manifestare solidarietà al popolo palestinese e chiedere al governo italiano di agire per impedire che a Gaza vada consumandosi un genocidio.
Una manifestazione pienamente riuscita e che ha mostrato come su alcuni temi fondamentali sia possibile tenere assieme realtà tra loro molto differenti: cattolici, valdesi, islamici, partiti e associazioni politiche (M5S, Viviamo Ivrea, Unione Popolare, Laboratorio Civico e PD tra i firmatari), associazioni ambientaliste (Legambiente), sindacati (CGIL) e tante altre realtà associative.
Il corteo, partito alle 16 da piazza di Città ha attraversato il lungodora, poi corso Botta, piazza Balla e infine via Palestro per terminare nuovamente davanti al municipio. A prendere la parola al microfono sono stati in tanti: Yassine Sakhoune del Centro Culturale Islamico, Silvio Conte di Emergency, Rossana Barzan del Centro culturale Pace, Jacopo Pitti di Nuovi Equilibri Sociali Simonetta Valenti per l’Associazione Rosse Torri, Francesca Riconda di Paese Reale, Livio Obert per Pax Christi, Pierangelo Monti del Mir, Enrico Parizzi della Chiesa Evangelica Valdese e Cadigia Perini di Rifondazione Comunista-UP.
«Da 91 settimane ogni sabato siamo qui a chiedere pace nel mondo. Questa sera siamo in tanti, ma dovremmo essere di più per far sentire la voce di Ivrea, che ha tanta esperienza di città per la pace» esordisce Pierangelo Monti al microfono. «L’orribile reazione vendicativa di Israele ha finora provocato la distruzione di metà Gaza, una strage ben superiore a quella della guerra in Ucraina, che, non dimentichiamolo, continua senza tregua» aggiunge Monti, concludendo con: «Innanzitutto oggi qui chiediamo che il governo italiano cessi di sostenere il governo Israeliano e che agisca per impedire il genocidio a Gaza. E chiediamo all’amministrazione di Ivrea, di unirsi a questa piazza e alle nostre organizzazioni, inoltrando al governo italiano la richiesta di operare per fermare il massacro in Palestina e per riconoscere lo stato di Palestina come lo stato di Israele».
«Siamo qui per manifestare per i nostri fratelli palestinesi che dal 1948 stanno subendo questo colonialismo che si sta tramutando in un genocidio. – ci dice con voce emozionata Yassine Sakhoune del Centro Culturale Islamico di Ivrea – I crimini contro l’umanità sono l’uccisione e lo sterminio di civili, la loro riduzione in schiavitù, l’odio razziale e religioso, l’apertheid, il colonialismo, la deportazione e qualsiasi atto disumano commesso contro le popolazioni civili e l’IDF ha compiuto tutti questi atti eppure i grandi leader delle potenze internazionali stanno chiudendo un occhio su tutto ciò, rimanendo in silenzio.»
«Il 27 ottobre l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha votato una risoluzione su una tregua umanitaria a Gaza. Questa risoluzione, non vincolante, è stata approvata. Ma non con l’unanimità. 14 paesi hanno votato contro mentre in 45 si sono astenuti, tra cui l’Italia» ha ricordato Francesca Riconda di Paese Reale.
«Nelle guerre di oggi c’è un doppio standard» a parlare è Enrico Parizzi della Chiesa Evangelica Valdese «per la gran parte dei nostri media, l’uccisione di una vittima ucraina è un crimine orrendo, sulla morte di 10.000 persone a Gaza si dice che “in guerra i civili soffrono”, che “le forze armate israeliane stanno agendo in maniera chirurgica per colpire Hamas”». «Noi chiediamo la fine del massacro a Gaza e delle violenze contro i civili in Cisgiordania, il rilascio immediato degli ostaggi e la fine dell’apartheid contro i palestinesi».
«Abbiamo una grande responsabilità – ci ricorda Jacopo Pitti di Nuovi Equilibri Sociali – quella di proteggere le minoranze, che siano arabi, ebrei, mussulmani o altre, noi siamo a difesa dei popoli, teniamoci uniti in uno spirito di fratellanza e dirigiamo il nostro grido di protesta contro i governi complici di queste nefandezze».
Risoluto e appassionato, infine, l’intervento di Cadigia Perini di Unione Popolare che ha fatto sue le parole di Francesca Albanese, relatrice speciale per l’Onu sulla situazione dei diritti umani nei territori palestinesi occupati dal 1967: «Schierarsi semplicemente “a favore della pace”, in questo momento, rischia di essere superficiale e inconsapevole del contesto storico della questione palestinese. Si tratta di anni di apartheid, colonialismo, espropriazioni, punizioni collettive, detenzioni amministrative, deumanizzazione, pulizia etnica, subiti dal popolo palestinese. Anche per questo è vergognosa la posizione del governo italiano che non solo non appoggia le risoluzioni che chiedono il cessate il fuoco, ma collabora militarmente con Israele, contribuendo a peggiorare la situazione della regione, giorno dopo giorno».
a cura di Andrea Bertolino