I Destini Generali, saggio scritto da Guido Mazzoni, storico e teorico della letteratura, per la collana Solaris di Laterza
Appartengo a una generazione disgraziata a cavallo fra i vecchi tempi ed i nuovi, e che si trova a disagio in tutti e due. Per di più, come lei non avrà potuto fare a meno di accorgersi, sono privo d’illusioni.
(Tomasi di Lampedusa, Il Gattopardo)
I Destini Generali, saggio scritto da Guido Mazzoni, storico e teorico della letteratura, per la collana Solaris di Laterza, descrive la vita dei nostri giorni, il tempo cambiato che Pasolini aveva profetizzato e definito “mutazione antropologica.” Mazzoni nasce negli anni ‘60 e, come il principe di Salina del Gattopardo, si trova a vivere a cavallo tra due mondi inconciliabili. La metamorfosi che “negli ultimi decenni ha cambiato la famiglia, l’amore, la politica, i rapporti di classe, i modi di lavorare, pensare, comunicare, desiderare, consumare.”
Questa “mutazione antropologica” viene descritta attraverso uno sguardo disincantato che tanto ricorda il flaneur di Walter Benjamin che, in Parigi capitale del XIX secolo, aveva raccontato la solitudine e la progressiva alienazione dell’individuo-massa nella metropoli. Mazzoni sceglie Berlino come palcoscenico della metamorfosi. E’ nel primo viaggio a Berlino, all’inizio degli anni ’90, che compaiono le immagini di “storie“ contrapposte: l’Ovest e l’Est. Il capitalismo e il comunismo e i resti del Muro, diventato da poco -1989- ricordo che un altro pensiero era possibile.
Il secondo viaggio a Berlino, nel 2013, descrive l’avvenuta mutazione, la fine della dialettica e la nascita del pensiero unico, il crollo dell’URSS, la crisi della sinistra, il trionfo dell’Impero Americano e dell’ideologia neoliberista. La merce è ormai padrona assoluta dei nostri destini.
“In Potsdamer Platz sono stati reinstallati, a beneficio dei turisti, alcuni pezzi del Muro. Sono circondati da pannelli che spiegano il significato di quei blocchi di cemento. Quando però li si mette nel contesto, l’immagine che si ottiene è sovrastata da un’enorme pubblicità dell’iPad.”
La nuova epoca è arrivata. Ecco gli individui atomizzati, inconsapevoli, liberi dai vecchi sistemi valoriali -religione, famiglia, partito- costantemente volti a un godimento compulsivo. Vittime compiacenti di un consumismo vissuto come assoluta immanenza. I segni tristi di questa inconsapevolezza sono la maschera della libertà di espressione dei Social Network, il razionalismo cartesiano mutato in “selfie ergo sum”, la rappresentazione dell’esperienza come un semplice elenco di etichette: “La ragazza che si fotografa a Treblinka con gli hashtag #juden#arbeit machtfrei#zyklonB e #feel-good.”
Da ricordare a questo proposito anche il film Austerlitz di Sergei Lonitsa, odierna rappresentazione della “banalità del male”. Film in bianco e nero, girato a telecamera fissa, registra il comportamento delle nuove masse in visita nei campi di concentramento di Dachau e Sachsenhausen. I selfie stick catturano immagini di esseri vuoti, sorridenti davanti ai luoghi dell’orrore, come se fossero in un parco giochi o in un centro commerciale.
Ogni evento della vita psichica e della vita sociale viene trasformato in etichetta, in merce, in foto, dove tutto si equivale, pronto a scomparire nell’oblio.
Sembra che gli essere umani, dopo i progressi culturali e sociali ottenuti dall’Illuminismo in poi, non tendano ad un ideale di giustizia, sembra invece preferiscano credere di divertirsi e sognare. Non importa se i sogni e i divertimenti offerti siano futili e banali.
Così conclude Mazzoni: “… alla fine del secolo più tragico della storia umana, alla fine di un conflitto ciclopico fra idee di società e di persona, il modo di vita che esce vincitore è il meno eroico, il meno grandioso, ma anche il meno elitario, il più immanente, il più autenticamente popolare. Non ho nulla di politico o di reale da opporre a tutto questo. Ho solo una forma di disagio.”
Olivia Realis Luc