La solidarietà che cresce tra i professori risolve molti problemi, ma non quelli infrastrutturali
La Didattica a Distanza – feticcio modaiolo dell’era nuovo Covid – è elementare, roba che anche una scimmietta masochista, con quattro indicazioni un microfono e, proprio volendo, una telecamera, sarebbe perfetta.
Sono altri, i problemi.
All’inizio è l’organizzazione.
Quella però si risolve, soprattutto se, come succede al Liceo Gramsci – un centinaio di insegnanti per 52 classi, circa 1300 studenti – dopo i primi tempi di confusione nei quali ciascuno si muove in autonomia, un preside che di informatica ne capisce riunisce il Collegio semplicemente chiedendo a tutti di cliccare un link.
Prodigio della scienza e della tecnica, tutti insieme da casa propria a discutere o scrivere messaggini, comunque a comunicare e in ogni caso a uscire parzialmente dall’isolamento coatto.
Da lì si ricomincia: ciascuno a suo modo ma tutti coordinati, tranquillizzando studenti e famiglie già disorientati da un profluvio di interventi individuali.
Anche chi non utilizzava prima le comunicazioni in streaming scopre che impadronirsi della tecnica è una boiata pazzesca, stranamente soffusa di ingiustificato fascino.
Può accadere, come inaspettatamente accade, che nasca tra colleghi una collaborazione nuova, e che i veri tutorial diventino loro stessi: chi sa spiega a chi non sa, chi ha un’intuizione la comunica agli altri, il materiale via via prodotto si mette a disposizione e insieme si va avanti, una delle cose buone al tempo del Corona.
Nascono perfino luminose amicizie.
Così è stato, così continua a essere in una emergenza che non pare finire, e che però di giorno in giorno sfinisce.
Sfinisce, perché le videolezioni somigliano solo timidamente alla scuola, e succede che dopo alcune ore trascorse a parlare davanti a un monitor sorgano dubbi.
SCENETTA 1
– Marco, puoi elencarci tre caratteristiche della sintassi del Decameron?
– …
– Marco? Ci sei? Sì, vedo dall’elenco che ci sei, magari il microfono non funziona?
– Prof, ha scritto che lui parla ma non lo sentiamo.
– Peccato. Vuoi rispondere tu, Giorgio?
– …
– Giorgio, ci sei?
– …
– Allora?
– Scusi prof, può ripetere la domanda? La voce va a scatti.
– Chiedevo di… va be’, ve ne parlo io.
SCENETTA 2
– Dunque ragazzi, qui potete vedere una fotografia di Italiani, alcuni tra quei 14 milioni di connazionali che emigrarono in America tra il 1876 e il 1915…
– Prof, io non vedo niente.
– Come sarebbe, sto proiettando la slide! Gli altri la vedono?
– Sì, noi vediamo, strano però, prova a uscire e rientrare, a volte funziona.
– …
– Ah ecco prof, ora vedo, sono uscito e rientrato. E comunque guardi che io sono in Valchiusella, perciò potrebbe sempre cadere la linea.
– Uh prof, sono Mattia, finalmente riesco a collegarmi. Chi sono quelli lì nella fotografia?
SCENETTA 3
– A ben vedere questo racconto di fantascienza mette in scena una possibile distopia…
– Prof, dice Giorgia di avvertirla che le si è chiuso il collegamento, adesso tenta di rientrare.
– Oh, speriamo che ci riesca, altrimenti riferitele quello che abbiamo fatto. Dunque dicevo che nel racconto di Bradbury…
– Prof, Giorgia è riuscita a rientrare, però non le funziona il microfono…
Alcuni ragazzi non hanno il computer, o ce l’hanno ma devono contenderlo a fratelli e genitori che sono tutti a casa. Allora la connessione avviene con il cellulare: 4-6 ore di didattica al telefonino, questo sì è un problema irrisolto, e ignorato.
Si ricorre allora materiali diversi: oltre a testi e brevi documentari forniti dalle case editrici, alcuni cominciano a produrre brevi registrazioni, pillole di ripasso (partono nuovamente informazioni, suggerimenti e scambi tra colleghi).
Ma gli studenti reclamano le videolezioni, alla ricerca di una relazione perduta, senza la quale i contenuti passano a fatica.
Purtroppo, proprio mentre dai mass media tutti a gran voce reclamano professori che – diamine! – imparino a usare gli strumenti tecnologici (come se ci volesse una scienza e come se molti tra loro non fossero già oltre), le linee telefoniche del nostro Paese non funzionano o funzionicchiano, vanno a scatti, ululano, cadono, tentennano, pencolano, sfrigolano.
Altro che insegnanti: sono le infrastrutture a essere impreparate, a rendere faticose e logoranti le videolezioni acuendo il disagio già notevole di non guardare in faccia le persone; di terminare un collegamento pentendosi di non aver chiesto a quello e a quell’altro studente come sta, cosa fa, cosa sente; di non percepire se dall’altra parte c’è qualcuno che ascolta davvero; di non riuscire a comunicare agli studenti la loro individuale, singolare, speciale importanza.
is