Pestaggi al Carcere di Ivrea tra il 2015 e il 2016: niente archiviazione, si passa all'”avocazione”
“Le indagini espletate dalla Procura della Repubblica di Ivrea appaiono sotto vari profili carenti“. Con questa affermazione il Procuratore Generale Francesco Saluzzo ha firmato il provvedimento di avocazione (sottoscritto anche dal sostituto Otello Lupacchini) di tre delle quattro inchieste sui presunti maltrattamenti di alcuni detenuti ad opera di agenti della polizia penitenziaria, tra il 2015 e il 2016, nel carcere di Ivrea. L’avocazione è l’atto giuridico con il quale un organo assume su di sé il potere di compiere determinati atti che rientrerebbero nella competenza di un altro organo, di regola subordinato. La decisione di Saluzzo ribalta di fatto la posizione sostenuta dal Procuratore Capo di Ivrea Giuseppe Ferrando, che ha sempre chiesto l’archiviazione, mentre accoglie in pieno la richiesta di Paola Perinetto (e prima di lei da Armando Michelizza), in qualità di Garante delle persone private della libertà, e dell’Associazione per i diritti e le garanzie nel sistema penale Antigone.
Già nel giugno scorso la GIP Stefania Cugge aveva respinto due richieste di archiviazione. I maltrattamenti si sarebbero verificati nel locale chiamato “cella liscia” o “acquario“, una stanza al piano terra designata a essere sala di attesa dell’infermeria e dove invece i detenuti sarebbero stati rinchiusi per ore e sottoposti a trattamenti di “contenimento”.
E’ ancora in valutazione invece la quarta richiesta di avocazione, inerente la repressione violenta delle proteste, ancora in carcere, avvenuta tra il 25 e il 26 ottobre 2016, denunciata in una lettera dei detenuti pubblicata sul sito InfoAut. Un racconto confermato dalla Garante Nazionale Emilia Rossi che, dopo una visita al carcere eporediese, confermò in una dichiarazione ufficiale il racconto delle vittime: “Gli agenti fecero ingresso nella stanza di uno di loro lanciando il getto dell’idrante sul pavimento interno e lo presero violentemente a schiaffi e pugni sul viso e sulla testa e, quando era scivolato a terra, a colpi di manganello sul costato“.
Su questo scenario cadono come una scure le parole del Procuratore Saluzzo e la sua decisione, rispetto alla quale Perinetto, rappresentata dall’avvocata Maria Luisa Rossetti, esprime grande soddisfazione. La richiesta di avocazione è l’ultimo passaggio di un percorso di anni animato dalla volontà di non spegnere la luce su procedimenti evidentemente rallentati e sulla totale mancanza di azioni da parte della Procura di Ivrea. Sarà quindi la Procura Generale di Torino a completare le indagini e mandare a processo gli agenti di polizia penitenziaria coinvolti. “Contrariamente a quanto si sostiene nella richiesta di archiviazione è presente documentazione medica in ordine alle lesioni riportate dal detenuto giunto in infermeria per essere medicato per escoriazioni e sanguinamento nasale“, affermano Saluzzo e Lupacchini, “presentava numerose escoriazioni su gambe, braccia e polsi (manette) e ha riferito di essere stato immobilizzato a trasporto di peso da alcuni agenti di polizia penitenziaria. Nessuna indagine è stata svolta per circostanziare i fatti e i maltrattamenti con riguardo“. Per quanto concerne quest’ultima vicenda la Procura di Ivrea ritenne non ci fossero elementi sufficienti per richiedere un processo, manifestando al contempo soddisfazione per la successiva cessazione di episodi di violenza.
Insomma, per parafrasare Gino Bartali, “l’è tutto sbagliato, l’è tutto da rifare“. Le carenze sono molte e pesanti: “Le uniche indagini svolte si sono concretizzate nell’acquisizione, presso la Casa circondariale di Ivrea, del registro delle sanzioni disciplinari, da cui risulta che dal 7 al 17 agosto 2015 il detenuto è stato sottoposto a isolamento, in esecuzione di quanto deliberato dalla direzione della casa circondariale di Vercelli, dunque, in mancanza di qualsiasi indagine volta a fissare il quando del pestaggio asseritamente patito dal detenuto” afferma ancora la Procura Generale. In ultimo, la scelta di Ferrando che “Per lo svolgimento delle indagini si è avvalso della Polizia penitenziaria del carcere di Ivrea, alla quale appartengono gli indagati e le persone che, in virtù degli esiti di tali indagini, avrebbero potuto essere indagate“.
In un rapporto del 10 marzo 2020 sulla situazione del carcere di Ivrea Antigone rilevava “problematiche sia strutturali che in termini di “clima generale”. Nessuna cella ha la doccia né l’acqua calda, i locali docce presentano muffe alle pareti, nonostante venga riferito che ogni anno sono soggetti a imbiancatura. La struttura ha un elevato indice di affollamento (140%), oltre a prevedere diversi circuiti detentivi, condizioni che facilitano il crearsi di tensioni e liti a causa della forzata convivenza. Il personale dell’area pedagogica trattamentale è numericamente insufficiente per garantire progettualità individuali; le assistenti sociali di Torino (UEPE di riferimento) non riescono a garantire la loro presenza nell’istituto per cui non conoscono le persone detenute. (…)”.