Nell’articolo di fine 2018 intitolato “Un anno di lavoro, un anno di fatica“, dicevamo che si poteva parlare del 2018 come di un annus horribilis, se non fosse che quello era solo l’ultimo di una serie negativa di anni per il lavoro nel nostro territorio. Scrivevamo quindi che si doveva parlare almeno di decennium horribilis. L’intervento di Federico Bellono sulla situazione lavoro nel 2019 conferma quella affermazione.
Della Manital, per scaramanzia, non bisognerebbe parlare, in vista delle decisioni della Corte d’Appello di Torino previste per il 9 di gennaio. Eppure non resisto a considerarla LA STORIA per antonomasia che rende l’idea di cosa sono il lavoro e l’impresa oggi, a Ivrea ma non solo.
Non si tratta di raccontarla, Varieventuali e in generale i media locali ne hanno parlato a iosa, ma di condividere alcune sensazioni da parte di chi – come me – vede in questa vertenza il concentrato del peggio che ha incrociato in questi anni. E tutto ciò fin dalle origini, quando un politico e un politico-dirigente d’azienda dell’amministrazione di (centro) sinistra di Ivrea fondarono Manital per gestire la centrale termica di via Di Vittorio, ceduta dall’Olivetti insieme ai suoi (abbastanza increduli) lavoratori, tappa di uno spezzatino che ha visto capitoli ben più famosi (Op Computer, Getronics, Diebold etc). Eppure questa vicenda è molto emblematica di un processo di esternalizzazione (neologismo ormai consolidato) di attività cosiddette non “core business”, scaricando rischi e costi verso società spesso costituite ad hoc, ma soprattutto cedendo (cioè scaricando) anche i lavoratori. Per questa ragione, in tempi non sospetti, ho detto che aziende come Manital più che generare lavoro e lavoro, lo distruggono, facendo il “lavoro sporco” per le grandi aziende. Private ma anche pubbliche: e qui è il salto di qualità, con la connivenza della politica.
Mi aveva molto colpito qualche mese fa (faccio notare: qualche mese fa e non qualche anno fa) una dichiarazione alla Stampa di un noto esponente locale ed ex amministratore del PD che, a proposito di Graziano Cimadom, diceva che fin dall’inizio si vedeva che aveva “una marcia in più…” Mai giudizio fu più impudente e imprudente!
E qui c’è uno dei nodi irrisolti di una sinistra che non ha fatto i conti con una visione subalterna rispetto ai cosiddetti “poteri più o meno forti”, che parla in astratto di innovazione, si è accodata a celebrare progetti fuori misura come il Castello di Parella, riscoprendo ad ogni angolo scampoli di spirito olivettiano, senza vedere che in questi anni le persone si sono sentite tradite da una realtà quasi sempre lontana anni luce dalle promesse e dalla “narrazione ufficiale”: lavoro scarso, mal pagato e precario, per giovani e meno giovani. Anche su questo Ivrea dovrebbe interrogarsi: la scena degli edili che aspettano fino a sera il sindaco Sertoli nell’androne del Municipio, che avrebbe dovuto essere il tramite e il garante del pagamento dei loro stipendi da parte di Manital, è da antologia. A cosa si è ridotta la politica? Ma anche l’incapacità di una comunità a riconoscere il proprio “lato oscuro”: era già successo per l’amianto in Olivetti, pericolo scampato, tutti assolti e tutti con la coscienza a posto (ma noi non molliamo, ne riparleremo presto). E ora con la Manital: eppure le avvisaglie c’erano tutte da anni. E di recente due manifestazioni: prima dell’estate le lavoratrici e i lavoratori degli appalti da Torino, in autunno gli edili impegnati al Castello di Parella (e prima alla villa del grande capo, così si dice). E la città dov’era? Se non per solidarietà almeno per interesse, visto che tra le centinaia di creditori molti sono professionisti e commercianti di Ivrea?! Purtroppo la sconfitta della sinistra è anche in queste vicende che sono locali, nazionali (oltre 10 mila lavoratori interessati dalla vicenda Manital) e pure globali (la nuova proprietà – Dio ce ne scampi e liberi – sostiene di avere prospettive di sviluppo pure in Azerbaijan, da non credere!).
È difficile essere ottimisti in questo fine 2019. Per Manital anche un’auspicabile amministrazione straordinaria sarà comunque foriera per i lavoratori, e anche gli altri creditori – benché nascosti e poco visibili – di sacrifici e prospettive incerte. Un’immagine più da Via Crucis che da Natale, in effetti.
E sarà così per molti altri: le previsioni per il 2020 sono negative, le crisi aumenteranno e quelle aperte faranno fatica a risolversi. Dalla piccola Comital alla grande Ilva, che anche in Piemonte ha 800 addetti.
E poi c’è la Fiat, termometro dell’industria italiana e degli umori dell’opinione pubblica, ma anche delle illusioni di una politica sempre pronta a plaudire a prescindere dal merito. Mi limito ad un accenno che andrà approfondito: la trattativa con Psa [Peugeot S.A., ndr] non sarà breve, si chiuderà formalmente tra un anno. Se ci si limitasse a confermare gli investimenti già annunciati da Fca nei mesi scorsi vorrebbe dire che non ci siamo, per una ragione molto semplice, e ben evidente se si guarda la situazione da Torino, dove nel corso del 2019 la produzione di auto si è dimezzata: in Italia c’e una capacità installata di 1 milione e 400 mila vetture, se ne fanno meno della metà e la differenza è coperta con la cassa integrazione. Eppure si continua, senza pudore, a parlare di piena occupazione. Un obbiettivo annunciato, creduto e ogni volta rinviato da quasi 10 anni…!
Di queste cose potremo continuare a parlare fintanto che i lavoratori avranno la capacità di reagire e non saranno completamente soli con i loro sindacati: per fortuna è stato così per Manital, come ad esempio è così in queste ore a pochi chilometri da Ivrea per i 117 lavoratori della Martor di Brandizzo – indotto auto – che da tre giorni stanno presidiando la loro azienda che li vorrebbe licenziare quasi tutti.
Ecco: questi processi dividono, e noi, anche se a volte con fatica, dobbiamo unire.
Federico Bellono