La città ha accolto la partenza della tappa Ivrea-Como tutta addobbata di rosa, dalle vetrine dei negozi, all’erba di Camillo, dagli ombrelli stesi per le vie, alle scritte dal sapore amaramente goliardico
Domenica 26 maggio Ivrea è al centro dell’attenzione generale come sede di tappa del giro d’Italia. Fin dalle prime ore della giornata sciami di appassionati si riversano nella cittadina eporediese bandita a festa come per il Carnevale. Molti cicloamatori, colorati come i professionisti, confluiscono nel luogo deputato alla partenza dei corridori sul piazzale dell’ex cinema Sirio. Velocemente il pubblico diventa folla. Per l’occasione la città adotta il rosa, colore simbolo del giro e maglia indossata dai campioni che hanno fatto grande questo sport. Tutte le vetrine sono imbellettate grazie al concorso ideato per intonare le loro esposizioni a questa corsa ciclistica. Al di là delle vetrate si ammirano addobbi creativi di ogni genere, biciclette da corsa riprodotte in polistirolo, due-ruote d’epoca superbamente in mostra, fiori e prodotti di vario genere anch’essi perlopiù declinati al rosa. Lo stesso colore diventa esplicito arredo urbano tingendo l’erba ornamentale della fontana dell’ingegner Camillo Olivetti. In alto, appese ad un filo come ghirlande, sequenze di ombrelli aperti, e immancabilmente rosa, attraversano le strade da un palazzo all’altro, omaggio al giro e sfida al grigiore meteorologico della giornata.
Turisti e cittadini, a naso all’insù, puntano i cellulari per cogliere fotograficamente l’effetto inconsueto di questa suggestiva atmosfera. Si radunano via via tutti gli attori di questa festa mobile, autovetture ammiraglie e di supporto alla corsa, agenti spartitraffico e custodi della sicurezza, cronisti e addetti alle riprese tv, corridori pronti a pigiare sui pedali fino a completare il carrozzone variopinto che da Ivrea si dirigerà a Como. Contemporaneamente, seppur più defilati, altri eporediesi si immettono nei seggi elettorali per le votazioni regionali ed europee.
Nel clima di euforia generale che, in piccolo, richiama quello del Carnevale, si distinguono scritte inneggianti e, in particolare, fino ad una certa ora del mattino, quelle a caratteri cubitali che fanno da corona alla rotonda di Porta Vercelli. Proprio ai piedi del muretto circolare campeggia, sulla carreggiata, la scritta: “ W il GIRO e la F..A!”. L’ultima parola è delicatamente incurvata, come l’altra, nel suo carattere cubitale magnificamente rifinito.
Nella sua nitida e rosea chiarezza quella scritta, dal sapore amaramente goliardico, sembra il residuo di un passato lontano, quando campeggiava sui muri di borgata come segno di sfida al bigottismo imperante. Una scritta emblematica del trascorso presessantottino, quello più sessuofobico, retrivo ed ipocrita della società di allora. Adesso la scritta, disarmante nella sua rozza banalità, ritorna come il reperto di un tabù sessuale mai superato.
Fatto sta che la scritta, caso mai ce ne fosse bisogno, rivela ulteriormente qualcosa di come siamo fatti. Con la differenza che, una volta, come già detto, vergava anonimamente i muri come segno di sberleffo e provocazione contro i benpensanti e oggi invece, con calma, si compone, quasi ufficialmente, in bella scrittura come opera meritevole di esposizione pubblica e pregio artigianale.
Di fatto la scritta è stata letta, riletta e fotografata dando l’idea di un’inclinazione alla mediocrità dell’intera cittadinanza, cosa per fortuna non vera dal momento che poi, pur con un certo ritardo, è stata rimossa.
Sicuramente il pessimo gusto, la volgarità esibizionistica, l’assenza di rispetto verso le donne, il divertimento cafonesco da quattro soldi, riescono a piazzare i loro infiltrati anche nella città della cultura olivettiana e patrimonio dell’Unesco.
Qualcuno ci ripete da tempo che siamo un grande paese, il vanto dei migliori artisti e delle migliori genialità in ambito professionale. Peccato che non sappiamo cogliere il valore dell’eredità in lascito dai nostri antenati. Oppure, forse, la scritta fuori controllo è solo l’involontario errore di chi, assolutamente in buona fede, intendendo scrivere “W LA FUGA” (in allusione a qualche corridore in procinto di staccarsi dal gruppo) ha commesso un semplice errore di scrittura. Un’incespicata alfabetica su cui non vale la pena di far altro che una salutare risata, rimedio alla portata di tutti come da inveterata ed italica abitudine.
Pierangelo Scala