Innovis è nata nel 2002 da una joint venture tra Olivetti Tecnost (80%) e Comdata (20%) per collocare circa 272 lavoratori, considerati esuberi di ristrutturazioni Olivetti. Il suo scopo aziendale era la gestione delle commesse Telecom, il back office e la tipizzazione (trattamento dei dati e delle comunicazioni dei clienti).
Il passaggio dei lavoratori da un contenitore all’altro avvenne allora con il mantenimento del contratto metalmeccanico, livelli, superminimi e tutte le condizioni in essere.
Nel 2002 Comdata era un’azienda di circa 250 addetti, gli operatori erano soprattutto inseriti in cooperative. Con Innovis Comdata ha avviato un rapporto commerciale privilegiato con Telecom e la sua posizione si rafforza nel 2005 quando Comdata diventa l’azionista di maggioranza e le attività di Telecom passano da Innovis a Comdata nelle sue diverse sedi italiane. E nella logica del massimo profitto, già nel 2006 prenderanno avvio le delocalizzazioni in Romania e l’utilizzo di lavoratori somministrati, raramente stabilizzati.
Come conseguenza, nel 2010 si ha anno di cassa integrazione straordinaria in Innovis a causa della chiusura improvvisa (per i lavoratori) di un’intera commessa che impiegava 42 persone sui circa 212 rimasti. Si tratta dell’attività di tipizzazione che viene delocalizzata a Craiova in Romania. E’ solo uno dei primi spostamenti di attività da Ivrea alla Romania.
Dopo mobilitazioni sindacali con scioperi, presidi e incontri con le istituzioni, denunce sulle conseguenze della delocalizzazione, i lavoratori Innovis ottengono un accordo di cassa integrazione straordinaria e l’azienda dichiara di impegnarsi a ricollocare i 42 esuberi entro un anno.
Ma dopo un anno di CIGS nel 2011, l’azienda non solo non mantiene l’impegno di ricollocare i 42, ma dichiara che gli esuberi sono diventati 60 di nuovo a causa dell’aumento di attività sposate all’estero. Con questa tendenza, togliendo lavoro a Innovis, gli esuberi non possono che crescere, così per scongiurare il loro licenziamento, i sindacati si vedono costretti ad accettare due anni di contratti di solidarietà per tutti i 186 lavoratori rimasti, dal luglio 2011 al luglio 2013.
Dal 2011 parte anche la campagna acquisti ricattatoria, l’azienda manda messaggi: ”Innovis quest’anno chiuderà … quindi è meglio che ti licenzi subito e se accetti di tagliarti il salario entri in Comdata con un livello inferiore e l’azzeramento dei superminimi e il contratto telecomunicazioni”.
E poi ci si mettono anche fattori esterni, a marzo 2013 a seguito dell’incendio che ha distrutto la il capannone di Scarmagno dove fra le altre aveva sede Innovis, parte una cassa integrazione ordinaria fino allo scadere dei contratti di solidarietà di luglio, per coprire le ore non saturate dalla solidarietà.
In quei mesi, una quarantina di persone lavoreranno presso la sede Comdata di Ivrea a Palazzo Uffici per qualche ora alla settimana, e si intensifica la pressione ricattatoria con colloqui individuali, “ora, dopo l’incendio, non avete neanche più la sede, si chiude di sicuro”, e alcuni lavoratori cederanno.
Le organizzazioni sindacali metalmeccaniche, ma soprattutto e in alcuni casi esclusivamente la Fiom, reagiscono a queste vessazioni, si organizza una serata di solidarietà per tutti i lavoratori delle aziende di Scarmagno con Maurizio Landini, si parla con il Comune di Ivrea, la Regione Piemonte, si fanno tante parole, ma i fatti rimangono pochi.
Così da luglio 2013 anziché la ripresa del lavoro parte un altro altro anno di solidarietà, il terzo, per 165 persone. Circa 50 persone lavorano in distacco presso Comdata in attività prevalentemente di frontend sulle varie commesse presenti in Ivrea: Telecom, Eni e Wind. Solo 70 lavoratori rimangono nel perimetro Innovis e 44 da sempre sono a zero ore.
Per il natale 2013 l’AD di Comdata invia una lettera a ogni lavoratore comunicando che l’azienda ha raggiunto brillantemente gli obiettivi, in termini di fatturato, di organico, di utili, 11000 dipendenti di cui 7000 in Italia, con progetti di ulteriore ampliamento. Tutto bene quindi!
Tranne per Innovis dove le condizioni del ricatto vengono ulteriormente peggiorate. In particolare tra 2013 e il 2014 tutti i lavoratori con contratto a tempo pieno che accettano di licenziarsi per essere assunti in Comdata, passeranno da 40 a 30 ore settimanali, con relativa riduzione della retribuzione e inquadramento di quarto livello per tutti. L’assunzione partime in Comdata con l’abbattimento dei salari, tra riduzione dell’orario e dell’inquadramento, fa perdere in media il 36% della retribuzione.
Nel maggio 2014 l’azienda avvia colloqui individuali in cui offre la mobilità (licenziamento) con un incentivo tra i 15.000 e i 21.000 euro. Aderiscono 23 persone, ma due mesi dopo la dirigenza Innovis-Comdata cambia idea: la mobilità incentivata vale solo per i 44 lavoratori da anni discriminati (ai quali non viene proposto il passaggio in Comdata, nemmeno se accettassero le condizioni peggiorative), ma questi, nonostante anni di vessazioni, resistono.
Da agosto 2015 all’agosto 2016 i lavoratori Innovis passano in cassa integrazione straordinaria per crisi, con i 44 ancora a zero ore, mentre Comdata continua a crescere in termini di fatturato e organico. Si parla di crescita dell’occupazione di oltre il 90% in 5 anni, da 4500 a 8700 dipendenti, a Ivrea lavorano circa 1300 operatori a tempo indeterminato, con una presenza dai 300 ai 500 interinali. Intanto nella primavera del 2016 Comdata annuncia che il 17 agosto, termine della cassa, avrebbe inviato le lettere di licenziamento.
La temperatura della mobilitazione si alza, si muove anche la categoria delle Telecomunicazioni della Cgil, con il coordinamento Rsu Slc-Cgil Comdata che volantina in tutte le sedi Comdata per illustrare il pesante ricatto al quale vengono sottoposti i colleghi di Innovis dichiarando con fermezza che “Comdata deve smetterla di far cassa sulla pelle dei propri dipendenti e indica come unica strada perseguibile l’assorbimento per incorporazione, articolo 47”, come Comdata ha già fatto per Comdata Eos (979 dipendenti) e con i call center Wind3 (700 persone), permettendo ai lavoratori coinvolti di mantenere i diritti acquisiti.
Non volendo alzare la pressione sociale, Comdata sospende la minaccia di chiusura e a luglio comunica richiede il rinnovo dei contratti di solidarietà fino ad agosto 2017, e apre contestualmente una mobilità volontaria incentivata (con incentivi ridotti da 8.000 a 10.000 euro).
Dal luglio 2016 finalmente rientrano TUTTI a lavorare, per 16 ore settimanali (sic), anche i 44 lavoratori discriminati. Nonostante il ridottissimo orario, è una soddisfazione per i lavoratori che hanno resistito alle pressioni dell’azienda che voleva si licenziassero, e per la Fiom, l’unico sindacato che ha creduto veramente che dovessero e potessero rientrare.
A luglio 2017 viene richiesto dall’azienda e concesso un ulteriore anno di contratti di solidarietà fino ad agosto 2018 e non ci saranno altri ammortizzatori sociali. Le sorti di Innovis si decideranno quindi entro la prima parte di questo 2018.
Milli Penna